La gran rivale | Page 8

Luigi Gualdo
l'era mai venuta
l'idea che lo amasse abbastanza per sacrificargli tutto, perfino le
apparenze. E ora capiva invece che, sebbene non avrebbe certo avuto
mai il coraggio di pronunciare la prima parola, se egli le avesse detto:
«fuggiamo da tutto e tutti, lasciamo ogni cosa, cerchiamo di farci
dimenticare dal mondo e di dimenticarlo, e rinchiudiamoci nel nostro
amore senza il quale non possiamo vivere», ella non avrebbe saputo
resistere un solo istante e avrebbe perfino passato l'oceano senza
esitare.
E la tentazione di pronunziarle quelle parole era in lui fortissima e di
momento in momento si faceva più insistente. Pure le vecchie idee
combattevano sempre e una lotta gagliarda s'impegnò tra il cuore e la
ragione, quelli eterni antagonisti. Fosse ancora stato ai tempi quando
credeva alla sua vocazione, avrebbe saputo forse resistere; ma la fede
era sparita da un pezzo. Egli non aveva legami, amava Emilia come
non aveva mai amato fino allora, come non avrebbe creduto di potere
amare mai. Egli cercava invano di trovar buone le ragioni che sempre

gli erano sembrate eccellenti; egli tentava di persuadersi che l'amore
non è l'unico scopo della vita, che non si deve tutto giuocare su di una
carta, che le situazioni false, al di fuori di ciò che le leggi di ogni
maniera comandano, se talvolta tollerate, sono però condannate sempre
in massima. Il cuore gli rispondeva che non lo si poteva obbligare a
morire.
Inoltre la vita si era fatta per Emilia ben dura e triste. Condannata a
stare continuamente con gente antipatica e stupida, cui ella era
naturalmente uggiosa, legata ad un marito che oramai odiava, e che con
la maggior calma possibile l'aveva sempre resa infelice, tutte le
tristezze le calavano addosso ad un tempo; si sentiva più desolata, più
abbandonata che prima di conoscere Alberto.
Una goccia basta a far traboccare la tazza. Un giorno che a tavola suo
marito, avendole parlato brutalmente dinanzi al servitore, le aveva fatto
montare al viso il rossore della vergogna e dell'ira, gli altri in massa le
diedero torto, mormorando. Il suo orgoglio nativo si risvegliò in lei, si
alzò bruscamente da tavola, mise un velo sulla testa ed escì per non più
tornare. Fece quello che non avrebbe mai creduto di fare, andò da
Alberto. Quando entrò egli capì tutto. Le sue idee, le sue teorie
scomparvero affatto, la lotta che da tanto tempo lo agitava fu vinta dalla
lagrima che silenziosa rigava la guancia di Emilia, e quando ella stanca,
affranta, abbattuta dallo sforzo fatto fino allora si gettò singhiozzando
tra le sue braccia, egli se la strinse forte contro il petto e disse: «Ora sei
mia, e nulla ne potrà separare».
In casa O*** Emilia era detestata. Ella era di abitudini, di sentimenti,
d'idee, in tutto affatto opposta ad essi ed ogni più piccolo suo moto
riesciva loro insopportabile e antipatico. Cercarono di farle del male in
ogni modo, e tra le altre cose, insinuarono al marito il sospetto che non
aveva mai avuto. Parlavano continuamente dinanzi ad Emilia di tutto
ciò che O*** avrebbe potuto fare se non ci fosse stata lei, e pareva
davvero volessero farle capire ch'ella era un impedimento a tutti i
progetti di suo marito, una noia e nulla più. Avevano un'arte d'insinuare
chetamente le cose più abbominevoli. Parlavano talvolta dei «tempi
infelici» che erano trascorsi, ma le cui conseguenze duravano ancora,

come se Emilia fosse stata la causa principale della rovina della casa:
volevano dare ad intendere che ai loro occhi ell'era un mostro di
leggerezza, di vanità, d'insensibilità, «noncurante nè della sua famiglia,
nè di suo marito, e capacissima del resto di.... molte cose». Fu per
questo che si contentarono di lanciare l'ultima maledizione sul capo di
Emilia che fuggiva dicendo: «Quelle lì è meglio perderle che trovarle».
Se ne parlò «dappertutto» e continuamente per una ventina di giorni,
poi se ne parlò meno; poi non se ne parlò più.
Essi partirono; partirono lasciando tutto, dimenticando tutto, senza
paura, senza rimorsi. Tutte le nebbie, tutte le esitazioni erano
scomparse; la battaglia era stata vinta, il cuore aveva persuaso la
ragione; le teorie prestabilite, le idee che avevano prima comuni, in
ambedue erano svanite contemporaneamente; il soffio della passione
aveva bastato. Era oramai troppo tempo ch'erano separati, che vivevano
una vita di noia e di dolore, perchè in quel primo momento di riunione
potessero sentire altro che l'ebbrezza della felicità riconquistata.
L'amore vince. Se un anno prima qualcuno avesse profetizzato quello
che avveniva quella sera all'uno o all'altro, ciascuno l'avrebbe giudicato
impossibile. Essi avevano creduto di poter amare con restrizione, ma
l'amore non lo ammette sempre, non è sempre possibile farlo stare entro
certi confini. L'amore può far cambiare chiunque: siete un uomo pratico,
positivo, posato; credete di aver amato e di aver vinto e di non aver più
nulla a temere;
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