La gran rivale | Page 7

Luigi Gualdo

una scusa, un pretesto, un motivo, un rifiuto possibile, lo cercai come
un naufrago cerca un pezzo di legno per attaccarsi--non trovai nulla. E
risposi delle parole incoerenti in senso affermativo, non sapendo quello
che mi dicessi, e cercando di dissimulare la mia confusione. Capisci
tutto il male che questo cambiamento racchiude per noi? Capisci
quanto l'avvenire si fa buio, quanto la strada diventa ardua e difficile?
Io era come pazza; mi rinchiusi nella mia stanza e piansi, ma poi
dovetti fingere, perchè non gli venga il sospetto che non gli è mai
venuto finora. Qui fui accolta freddamente da mio suocero e dalle mie
cognate, tutta gente che detestai cordialmente al primo vederli: e
dovetti fingere e fingere sempre, ed esser gentile e sorridere e ascoltare
delle conversazioni stupide, noiose, interminabili, rispondere
affabilmente, e rendermi amabile e interessarmi a delle cose di cui non
m'importa uno zero--e non mi resta quasi che la notte in cui posso
pensare a te e scriverti e piangere. Chi sa quando questo esilio finirà,
ma e dopo? Ah! sento che i tempi felici sono passati! Mio marito è
sempre con me e parla di stare tutti insieme, ora che la pace è fatta,
dicendo: «staremo assai meglio e spenderemo meno». Ma e tu allora?
Non potrai più venire come prima. Chi lo avrebbe detto? Già, quando

sei partito, ho avuto una specie di presentimento. Mi sento mancare le
forze quando penso quanto tempo dovremo stare ancora senza
nemmeno vederci. Se sapesti come ti voglio bene! Tu mi hai salvato da
me stessa, mi hai tolto a tutte le mie tristezze, a tutte le mie noie, mi hai
consolata di tutto. Hai per un momento irradiato di felicità la mia vita,
ed ora tutto ritorna nelle tenebre. Mi amerai sempre, a qualunque costo,
di faccia a qualunque avvenimento? Non posso ancora dirti di scrivere,
non sapendo come tu lo possa fare senza svegliare i sospetti; ma ti
avviserò appena avrò saputo combinare qualcosa. Addio, scusa
l'incoerenza delle mie parole, sono abbattuta e istupidita. Eravamo
troppo felici. Chi sa che avverrà di noi! Ricordati però che non
m'importerebbe nulla se fossi sicura che tu non cambierai mai. Ti
mando tutto l'amore di cui ho il cuore pieno per te.»
La lettura di queste righe produsse in Alberto quell'effetto di
prostrazione che segue la notizia d'una sventura inattesa. Avere travisto
una felicità che gli sembrava completa, avere diffidato e temuto, poi
irresistibilmente attirato non aver potuto più lottare, e appena accortosi
che il disinganno aspettato e temuto non giungeva, rallegrandosi della
propria debolezza, veder d'improvviso cadere tutto l'edifizio di felicità
come un mazzo di carte al primo urto! Cosa era stato necessario per
interrompere la sua vita? semplicemente che al signor O*** venisse
l'idea suggerita dall'interesse di riconciliarsi con casa sua.
A che serve lusingarci sui particolari, a che serve raccontare giorno per
giorno come furono condotti a poco a poco all'alternativa o di dover
rinunziare al loro amore o di dover perder tutto il resto per conservarlo?
Per qualche tempo sperarono che la separazione finirebbe, che una
volta ritornata si potrebbe ripigliare la vita di prima. Ma il progetto
esposto nelle lettere di Emilia fu da suo marito posto in esecuzione, e
tornando in città continuarono a stare insieme. O*** subaffitò il
proprio appartamento e andò a stare in casa de' suoi. Vedersi come
prima era impossibile, ed ora dovettero conoscere tutte le amarezze,
tutte le noie, tutte le paure della passione contrastata. Qualche tempo
passò così e allora compresero quanto si amavano; poichè se il loro
amore fosse stato vincibile e passeggero, a poco a poco la loro nuova
vita sarebbe diventata abitudine, e gettando pure un occhio triste verso

il passato, avrebbero potuto continuare così. Ma non si abituarono mai
alle dure esigenze del cambiamento. Per di più, com'era inevitabile,
O*** cominciò a sospettare qualcosa e la situazione divenne davvero
intollerabile.
Allora--come d'un tratto uno spostamento di nubi cambia l'aspetto del
cielo--tutte le idee preconcette di Alberto svanirono, tutti i suoi
proponimenti caddero, tutte le sue teorie cambiarono. Capì che non si
può fare una casistica della passione, e che se l'amore ci ha afferrato,
egli è il padrone talvolta e ne può condurre dove meglio gli aggrada.
Ciò che prima gli pareva il più grande degli errori, gli sembrava invece
l'unica verità, il partito peggiore si era fatto subitamente il migliore ai
suoi occhi, considerava ora la sola via che gli rimanesse quella che
prima gli appariva coperta di triboli. Tutti i partiti estremi dinanzi ai
quali--trovandoli nei libri--soleva prima crollare il capo o sorridere di
un sorriso triste, ora capiva che talvolta è forza l'appigliarvisi.
Ed Emilia?--Ella pure non avrebbe mai creduto potere in una occasione
qualunque prendere una di quelle risoluzioni supreme che cambiano
l'aspetto della vita: per quanto amasse Alberto, non
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