La gran rivale | Page 6

Luigi Gualdo
I rimorsi ch'ella poteva
avere erano scemati assai dal modo con cui suo marito la trattava; la
situazione era molto semplificata dalla mancanza di figli. Ogni cosa si
accordava nell'impedire che sentissero le pene dell'amore colpevole,
lasciando invece loro complete e dolcissime le gioie. Inoltre non erano
costretti a nessuna di quelle piccole menzogne, di quei perpetui
sotterfugi, di quelle diplomazie private che d'ordinario accompagnano e
amareggiano l'amore in simili casi. Essi si vedevano quotidianamente
senza noie, senza misteri, senza paure. Molto tempo passò così; ed i
giorni succedevano ai giorni chiari, pieni, felici. Sentivano ambedue
ch'essi attraversavano una di quelle rare stagioni luminose della vita,
che poi nei ricordi dell'età matura restano come un punto lucente fra le
tenebre, come un'oasi nel deserto, come un faro in mezzo ai flutti oscuri,
al quale però non n'è più concesso tornare. In quei momenti di
imperturbata beatitudine si giunge ad un punto culminante in cui
perfino la tema per l'avvenire scompare; allora si è arrivati al massimo
della felicità umana.
La luce in cui si è avvolti e che ha già potuto col suo raggio illuminare
il passato e farne scordare le noie trascorse, comincia a gettare pure un
raggio dorato sulla strada che ne si stende dinnanzi e crediamo allora
l'avvenire fulgente di chiarore proprio, mentre è solo rischiarato
dall'irradiazione dell'ora presente. Venne dunque anche per essi il
momento in cui credettero di poter vivere sempre come vivevano, di
poter continuare e vedersi ogni giorno come facevano, e più non
prevedevano alcuna scossa, alcuna tempesta. E pareva infatti che non vi

fosse nulla a temere, che nessun cambiamento fosse possibile.
Poco dopo avvenne che Alberto dovette assentarsi per qualche giorno,
essendo chiamato a Modena per raccogliere la piccola eredità di una
vecchia zia.--Gli addii furono lunghi e tristi; pareva partisse per il giro
del mondo. Nei momenti di felicità, si teme sempre che una
interruzione possa essere fatale; pare che si creda di essere stati obliati
in un angolo dalla sorte, che il male non sappia più la strada e che sia
d'uopo stare quatti quatti per non essere ancora notati. Dovette stare
assente un po' più di quel che credeva, e allora comprese quanto amasse
Emilia, sentendo come gli fosse dura la separazione. Finalmente giunse
il giorno del ritorno, gli parve che la locomotiva fosse più lenta di un
ronzino di vettura, e appena giunto, senza frapporre indugio, si buttò in
una carrozza, gridando al cocchiere l'indirizzo d'Emilia. Egli era
inquieto non avendo mai ricevuto lettera, ma non dubitava ch'ella lo
stesse aspettando; avendogli scritto che arrivava. Passò dal portinaio
come al solito senza chieder nulla, ma la consorte di quell'illustre
personaggio, ch'era sola nello stanzino, gli fu dietro sulla scala.
--«Ehi, ehi, signore, la signora è partita.»
Alberto si arrestò di colpo.
--«Partita?!»
--«Sì, signore, e senza dire per dove, ma credo che sia in campagna.»
Egli era annichilito e mistificato, ma non volle farsi scorgere dinnanzi
alla portinaia. Escì e corse a casa, ove trovò una lettera che certo gli era
stata indirizzata credendosi che la sua assenza dovesse essere più breve.
Prendendola, il cuore gli batteva violentemente; temeva di aprirla. La
guardò da tutte le parti; era proprio la scrittura di Emilia, fina, eguale,
scorrevole, nè vi era nei caratteri alcun segno di agitazione, ma non
potè leggere il nome del luogo d'onde veniva. Finalmente stracciò la
busta e appena lette le prime righe impallidì:
«Alberto, piango scrivendoti e non so come incominciare a dirti tutta la
disgrazia che ne colpisce. Mi pare quasi che sia impossibile e vi sono

dei momenti in cui mi abbandono alla speranza che tutto sia un sogno.
Ti scrivo da una casa di campagna della famiglia di mio marito. Come
sai, egli era da lunghissimo tempo in poco buona armonia con essi, al
punto che io quasi non li conosceva: vi era sempre stato disparere fra di
loro su tutte le quistioni possibili, inoltre la vita che mio marito
conduceva non garbava punto alla madre, nè ai fratelli, ed essi
temevano sempre ciò che infatti avvenne. Da un giorno all'altro tutto
cambiò. La riconciliazione fu fatta senza che io ne sapessi nulla,
essendo forse preparata già da qualche tempo senza che nulla trapelasse;
il fatto stà che O***, il quale da alcuni giorni mi teneva spesso
compagnia, pareva volesse mettersi meco in migliori termini e mi
parlava con un tono dolce che non gli conoscevo, d'improvviso mi
annunciò ch'egli era perfettamente riconciliato sotto tutti i rapporti con
casa sua, dicendomi che da molto tempo lo bramava ardentemente,
essendo insopportabile al suo cuore tale separazione (del che non mi
ero mai accorta). Soggiunse poi: «la bella stagione comincia e andremo
a star con loro in campagna; ho bisogno di riposarmi da tutte queste
noie.»--Io impallidii e non seppi dire una parola. Cercai prestamente
Continue reading on your phone by scaning this QR Code

 / 95
Tip: The current page has been bookmarked automatically. If you wish to continue reading later, just open the Dertz Homepage, and click on the 'continue reading' link at the bottom of the page.