La disfatta | Page 4

Alfredo Oriani
che non
abbiamo fatto nulla, saremo sempre debitori verso i poveri. Se Dio ci
ha preferito in questo mondo per la sua misericordia, vuole però che ne
cerchiamo il secreto nei dolori della povera gente: aiutandoli a soffrire,
possiamo forse persuaderli, che la poca parte di felicità concessa alla
vita non è una ingiustizia.
Giorgi e Prinetti smisero di giuocare.
--Soffrendo molto, l'uomo arriva a comprendere la necessità del

dolore,--intervenne questi.--Vedete la schiavitù, questa fase inevitabile
della educazione: bisognava che il padrone, a forza di frugare nello
schiavo, vi ritrovasse una coscienza invincibile, e che questi, resistendo,
gli desse la vera misura delle forze umane. L'uomo non si è educato
altrimenti. Ho visto sui mercati dell'Africa centrale tutti gli schiavi
rassegnati, quasi indifferenti alla loro sorte; è la prima tappa.
--Solo il cristianesimo potrà redimerli,--disse la contessa Ginevra.
Ma il dottore protestò:
--E coloro che saranno morti prima di questa redenzione?
--Saranno morti come tutti gli altri, secondo i disegni di Dio,--ribattè la
contessa Maria alzando la sua faccia quasi maschile, dalla quale
trapelava un raggio dell'anima.--Dinanzi a lui siamo tutti egualmente
colpevoli, ma quelli lo sono meno, senza dubbio, ai quali non ha voluto
rivelarsi.
--La fede, la fede....--mormorò il dottore non convinto.
--Quella che voi trovate in tutti i moribondi,--disse finalmente
Giorgi.--Haydn pregava prima di scrivere; ecco perchè il mondo
crederà sempre alla sua musica.
La contessa Ginevra, che faceva la calza lentamente, mentre la contessa
Maria andava in fretta come un piccolo telaio, osservò
improvvisamente:
--Anche De Nittis tarda stasera.
Aveva appena pronunciate queste parole, che De Nittis entrò: tutti gli si
volsero col viso come illuminato, ma egli non strinse la mano che alla
contessa Ginevra.
--Bice?--chiese premurosamente.
--È nella sua camera.

--Lamberto è venuto da me.
--Tornato da Roma!--gridò quasi il dottore, alzandosi.
Giorgi e Prinetti avevano circondato De Nittis, la contessa Maria smise
d'incrociare i ferri.
--Mi ha lasciato ora: domani verrà da Bice.
--Che cosa vi ha detto?--domandò la contessa Ginevra.
De Nittis sorrise:
--Voi lo sapete, senza dubbio, quanto me; il ragazzo ha trovato più di
un nobile accento.
Il dottore si volse trionfante.
--Suonate, Giorgi, che portino il thè.
--Tu,--disse De Nittis al dottore,--va a chiamare Bice.
Questi rimase impacciato, ma tutti approvarono la scelta; il dottore
colla sua affettuosa rudezza era forse il più amato da Bice.
--Le dico solo che sei arrivato.
De Nittis, sempre freddoloso, si era già appressato al camino,
volgendovi la schiena ed alzando un piede verso la fiamma. Era vestito
di nero, come al solito, con un soprabito quasi attillato, entro al quale il
suo corpo, ancora elegante di tutte le proporzioni della giovinezza, si
muoveva disinvoltamente. Ma la sua testa troppo grossa, sebbene i
capelli bianchi, corti e pettinati con cura, non ne aumentassero la
cornice, appariva non meno ammirabile nella altezza della fronte che
nella vivacità del colorito quasi roseo, col volto tutto rasato all'inglese,
due piccole fedine sotto le orecchie, e una bocca quasi fresca.
Anch'egli, come Prinetti, portava sempre la cravatta bianca, ma con un
corpetto meno aperto e il colletto dritto, forse per nascondere le prime

rughe del collo, per una di quelle civetterie quasi inconsapevoli nei
vecchi rimasti belli; e la sua fisonomia, di una signorilità regale, se i re
fossero davvero secondo l'antica cavalleresca definizione primi fra i
signori, prendeva facilmente, appena la fronte gli si spianasse, quella
espressione di calma monastica, di serena contemplazione, che solo la
lunga abitudine del pensiero arriva ad imprimere.
--Roberto,--gli disse Prinetti,--ecco le sigarette per te: sono arrivate
oggi da Costantinopoli.
--Davvero genuine!--esclamò l'altro, leggendone la scritta in caratteri
turchi sul pacchetto a colori, mentre colle mani, belle quasi quanto
quelle della contessa Ginevra, lo rigirava bambinescamente, prima
d'aprirlo.
--Bice fumerà la prima.
--Lo credete?--chiesero tutti.
--Bisognerà bene che acconsenta, se dovrò accettare da lei la mia tazza
di thè.
Il dottore tornò solo.
--Ora viene.
Un cameriere vestito di scuro, senza alcun distintivo di livrea, recò il
servizio da thè; lo depose sopra uno dei tavoli a muro, fra due vasi di
bronzo, e si ritirò mutamente. La fiammella dello spirito, cilestrina,
tremolava nella penombra, mentre i ferri della contessa Maria
martellavano sempre collo stesso ritmo affrettato nel silenzio del
salotto.
Bice entrò.
Era solamente un po' più pallida delle altre sere.
Il suo abito di casimiro grigio, stretto su tutta la persona, ma così
pesante che ella sembrava portarlo a stento, sebbene colla coda toccasse

appena il tappeto, non aveva alcun ornamento: solo un piccolo
fermaglio antico di acciaio, lavorato come una trina, vi brillava al
colletto dritto e molto basso, malgrado la eccessiva lunghezza del collo.
Anzi, per una di quelle profonde intuizioni artistiche che talvolta le
donne hanno di sè medesime, invece di nascondere la propria magrezza,
ella sembrava affettarla; l'abito le disegnava tutto il busto, colla schiena
già piegata sotto il
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