per tentare di condurla qui?
--Bice non è abbastanza devota.--ribattè il dottore,--per subire il fascino
delle vostre spiegazioni. Le direste che il Signore, visitandola con
questa afflizione, si è ricordato di lei, e questa, pel momento, non può
essere una consolazione.
--Non le avrei detto così.
--Ma, un presso a poco.
--Avrei aspettato che ella parlasse: la carità deve saper ascoltare il
dolore, se vuole consolarlo.
--La bestia sono io, contessa; le bigotte, che ho conosciute,
m'imbrogliano sempre la bella conoscenza che ho di voi.
--Io non andrei,--disse Prinetti:--non so il perchè, ma fate a modo mio,
non andate. Se Bice, che ci ama, vuol restar sola, significa che nessuno
di noi può nulla per lei.
--Non ha nemmeno aperto la bella messa di Tchaikowski, che ho potuto
ottenere per lei dal Liceo,--disse Giorgi.--Gasperini, il bibliotecario, ha
fatto un mondo di difficoltà per prestarmela.
--Giocate dunque voi, dottore, con Prinetti, il vostro solito bezique.
--Sai, Prinetti, giuoca con Giorgi,--ribattè quegli di mal umore:--ho i
nervi anch'io.
Si conosceva la tenerezza burbera e brontolona del dottore per Bice.
--Noi due faremo la calza,--si volse la contessa Maria alla contessa
Ginevra,--aspettando che venga De Nittis.
--Allora forse tornerà Bice:--voi, dottore, dormite poichè siete stanco.
--È la vita che mi stanca.
--Eppure la sua prova non è lunga.
La contessa Maria aveva aperto un piccolo sacco da lavoro, traendone
quattro grossi gomitoli di lana ordinaria, e due paia di calzettine appena
incominciate.
--Via, anche tu, Ginevra, colle tue belle mani!--le disse, mostrandole le
proprie sformate dai geloni.
--Centoquindici, centovent'otto, centonovantacinque,--contava già la
voce sottile di Giorgi, mentre Prinetti, miope, si chinava sul tavolo per
scrivere colla matita, sopra un pezzo di carta, i propri punti.
Nel salotto non si udiva che il ronzio della fiamma chiusa entro la palla
di vetro sull'alto candelabro, e il battere sollecito dei ferri fra le mani
caritatevoli della contessa Maria. E, a poco a poco, il dottore si assopì
sulla poltrona, rimuginando nel pensiero tutta quella triste giornata di
lavoro. Era celebre e ricco, ma le miserie, in mezzo alle quali aveva
sempre dovuto vivere, gl'impedivano anche allora che la sua carriera
aveva trionfato di tutti gli ostacoli, la gioia della vittoria. Poi il dolore
di Bice lo spaventava. La ragazza, delicata come un fiore di serra,
avrebbe potuto ammalarne; ed ecco perchè egli dava rabbiosamente
ragione a Lamberto, quasi per punirsi di non essere riuscito con tutta la
propria scienza a metterle la vigoria della giovinezza nel corpo. Ma, se
Lamberto non aveva del tutto ragione, Bice aveva certamente torto di
annettere tanta importanza ad una scappata giovanile, che si sarebbe
sempre dovuto supporre, anche ignorandola. Tale estrema sensibilità
non era forse che un effetto dell'anemia, giacchè le nature robuste
sanno quasi sempre essere gelose ragionevolmente.
Tutte le sere il dottore veniva dalla contessa Ginevra per un paio d'ore,
in quel salotto, a purificarsi, dai contatti inevitabili alla sua giornata di
medico, entrando come in un'altra vita spirituale, egli medico
materialista, che la negava stizzosamente nella scienza, appunto perchè
se la sentiva più imperiosa e profonda di essa nel cuore.
Giorgi e Prinetti seguitavano a contare con voce sommessa: Giorgi
pareva un ragnatelo e Prinetti una foca, ma l'uno aveva scritto nella
musica sacra forse le ultime più belle pagine, traducendo la violenta
passione dell'anima moderna nella eterna passione umana verso Dio;
l'altro aveva viaggiato trent'anni, e per dieci era rimasto in Africa
lottando per l'abolizione della schiavitù, viaggiatore e soldato eroico,
senza riportarne nemmeno la tentazione di scrivere i propri viaggi in un
tempo, nel quale non si viaggia più che per scrivere. Però nessun
osservatore volgare avrebbe saputo, guardandoli giocare a quel modo,
indovinare dal loro aspetto due anime aristocraticamente superiori: solo
qualche volta, mentre abbassavano ancora più il tono della voce per
non disturbare il lavoro delle due signore, il loro volto s'illuminava di
un dolce sorriso.
--Dottore,--disse la contessa Maria,--la piccola Roberti verrà domattina
a trovarmi con sua madre.
--Voi credete a quella donna? Sapete perchè era tanto afflitta per la
malattia della figlia? Perchè spera di poter presto vivere sopra di lei.
La contessa Maria non si mosse.
--Forse il Signore non lo permetterà.
--Permette ben altro! Il popolo lo conosco più di voi, perchè ci sono
nato: nulla potrà mutarlo. Novanta volte su cento la vostra bella carità
diviene alimento a' suoi vizi; il popolo non crede, non spera, ma vuole
evitare di soffrire ad ogni costo.
--È tanto che soffre,--rispose la contessa Ginevra.
--Quando soffrirà meno, sarà anche peggiore. Solamente l'egoismo dei
poveri supera quello dei malati; almeno questi, atterriti dalla morte,
sentono talora la riconoscenza, se si arriva a salvarli; mentre i poveri
prendono sempre, invidiando secretamente, sino all'odio, quelli che
donano loro.
--Voi avete diritto di essere severo colla miseria, giacchè ne avete
trionfato,--replicò con dolcezza la contessa Maria;--ma noi,
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