La Zaffetta | Page 4

Lorenzo Veniero
un'arlasso ascoltate Fatto à una gentil porca galante, C'ha privilegio fra le
nominate, Qual fra le vacche la Puttana Errante; Et finir senza dubbio vi prometto, Come

ch'i ho, quel ch'io vo dirvi, detto.
Signor, sono in Venetia, gratia Dei, Tre legioni o quattro di puttane, Ruine de patritii et
de plebei, Parte in gran case, parte in carampane; Ma fra tante migliaia un cinque o sei,
Per forza di belletti e d'ambracane, Copron si lor bruttezza stomacosa, Che le poltrone
paion qualche cosa.
Fra queste poche ce n'e una sola Che tiensi prima in la fottuta setta. Non è la Griffa, non è
la Bigola, Che le parole profuma e belletta. Aiutatemi à scioglier la parola; La sua altezza
ha nome la Zaffetta, Che si tien nata di sangue reale, Poi che patrigno l'è Borrin bestiale.
Conta talhor la sua genealogia, Et fassi figlia del Procuratore Da ca Grimani, ch'à sua
madre ria Già fece a ch'ell'è dentro, a ch'ell'è fuore. Ma viemmi grizzol ne la fantasia Di
cantar puntalmente in bel tenore Il suo grado in minoribus, et come C'ha guadagnato il
puttanesco nome.
No'l vo dir no, perche de le puttane Sempre giostran del par, principio e fine. Cominciano
a grandirsi con un pane, Et con un pan finiscon le meschine. Basta che la Zaffetta è
d'ambracane, Di seta e d'or, e in pompe alte e divine, Non sua virtu, non sua bellezza o
gratia, Ch'ella nascendo nacque la disgratia.
Il caso del suo grande et ladro stato, Che i nostri gentilhuomini ogn'hor soia, Da una sorte
di corrivi è nato, Che per morbezza, per garra et per foia, Cercando haver l'un l'altro
superato, À questa Arpia, ch'à chi piu l'ama annoia, Han dato senza merito à diletto
L'anima e i soldi, à lor marcio dispetto.
Perdonatemi, giovani; l'amore Ch'io vi porto fa dirmi cio ch'io dico. Sapete ben ch'io vi
son servitore, Non pur compagno, fratello et amico. Poi ne la lingua i ho quel c'ho nel
core; Io l'ho detto, et di novo lo ridico: Le vostre garre, et non gratia o bellezza, Hanvi
abbassati, et lei post'in altezza.
Hora ch'accade? la Zaffetta Diva, Diciam bella, gratiata et virtuosa, Poi ch'ella del
cervello e danar priva Ciascun con la sua faccia artificiosa, Fra l'incazzita sua gran
comitiva, Havea un'amante, ch'è si gentil cosa, Pieno di leggiadria e cortesia; Et se non
fosse 'l ver, non lo diria.
Il gentil gentilhuom prodigo amante Sendo fatto di lei, per sorte rea, Le stava sempre
servitore inante, Com'ella fosse non Zaffa, ma Dea. Si che pensi ciascun se la furfante
Honestamente rubbava e chiedea. Perdio, c'han piu discrete e honeste mani Cingani,
marioi, giudei, marrani.
Gran cosa è à dir che l'avaritia stringa Una puttana si ch'un soldo, un bezzo, Un guanto
vecchio, un puntal, una stringa, O s'altra cosa c'è di minor prezzo, Con parlar che tradisce
et che lusinga, Ti rubba sempre, et ha talmente avezzo L'appetito à far trar, che nel
bordello, Dove son'esse, mandan questo e quello.
Il giovane gentil, che forte amava, Pur che trovasse fede in la Zaffeta, Lo spender da par
suo manco curava, Ch'un cavallar di far una staffetta. Ma non ste molto questa Zaffa fava,

Ch'un'arlasso gli fe, come la setta De le porche poltrone ognhor far sole À chi piu dalle, a
chi piu ben le vole.
Ogni cosa si puo facil soffrire. Servitu e danari son niente. (sic) Ma questo puttanesco
ognhor tradire È quel ch'uccide l'amorosa gente. Credi sta notte con la Dea poltrire, Et
trovi un'altro tuo luoghotenente. Brava, frappa à tua posta, amazza e squarta, Ch'à coda
ritta è forza che ti parta.
Non fe 'l giovin gentil frappe o rumori, Al corpo, al sangue, vacca, slandra, ladra, Ne con
spada ò baston sfogò gli amori, Anzi dopo l'arlasso in mente squadra Di vendicarsi, onde
doppio i favori À la Signora, e dandole la quadra, Piu che mai la presenta e la corteggia,
Acio che 'l suo pensier dentro non veggia.
Passati alquanti di, comincia à dire Il gentil'huom: Quando vogliam, Signora, A
Malamocco per solazzo gire, Poi che del darci piacer ne vien l'hora? Con puttanesco et
temerario ardire Rispose la Madonna Angiola allhora: Al piacer vostro, tutta allegra e
altera, Ma che torniamo à Venetia la sera.
À l'ordin dar non fu zoppo ne tardo L'amante da le soie assassinato; Ma con un dolce
piacevol riguardo Duo giovin gentilhuomini ha chiamato: Un manda à Chioggia, che la
cena al tardo In punto metta; et l'altro, spensierato, Buon compagno al possibile e da bene,
Seco per gir con la Signora tiene.
Poi che 'l giorno e l'hora e 'l punto venne Che far le nozze dovea la novizza, Preparossi
una gondola solenne, Ch'in due vogate mezzo miglio sguizza; La qual à Malamocco il
camin tenne,
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