La Principessa | Page 4

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lì a pochi minuti, Domenico fu alla casetta.
La strada, che corre in fondo al parco, era deserta.
In quell'ora tutte le persone dei dintorni si trovavavano a festeggiare il
duca: e, per ordine suo, in un attimo s'erano imbandite le mense per
rifocillare, dopo le danze, la gente accorsa; qualche centinaio di
persone.
Domenico avea attaccato una delle carrozze di cui si serviva Enrica: e
dentro vi avea accomodato un oggetto recato con pena e con ogni cura
fra le sue braccia: oggetto che dovea essere molto prezioso, poichè,
innanzi di deporlo nella carrozza, avea guardato più volte a destra e a
sinistra: e avea chiuso la carrozza ermeticamente da tutti i lati, dopo
aver tirato giù le tendine azzurre sui vetri.
Incominciava a cadere il crepuscolo, allorchè Domenico, salito a
cassetta, con piglio assai vivace, aveva sferzato i cavalli, che
s'impennavano.

Subito uscì, di dietro a un gruppo d'alberi, Cristina, sempre più pallida
e più contraffatta.
--Guarda,--gli disse,--beone, di non fermarti a nessuna osteria.... E
attento a non parlare a nessuno.... È il segreto di una povera donna.... Se
tu cianciassi... sarebbe licenziata....
Aprì una cassetta, ben salda, che era sul dinanzi della carrozza, e
mostrò a Domenico un sacchetto pieno di ducati.
--Questo per la donna....
--Ho capito!--ribattè Domenico con sufficienza. E i cavalli partirono.
--Il segreto di una persona di servizio!--pensava Domenico,--come se io
non sapessi i segreti de' gran signori....
E continuava, con le guide in mano, a stringer le labbra, ad alzar le
spalle, a far gesti, come per assicurarsi che il segreto sarebbe morto con
lui!
Il duca, intanto, parlava col conte di Squirace.
Il conte non cavava gli occhi di dosso ad Enrica. Essa gli piaceva:
aveva cercato più volte vederla durante l'assenza del padre, ma indarno.
Le aveva scritto: ne avea ricevuto ripulse: le si era mostrato, quando
frequentava la casa di lei, appassionatissimo: ella gli aveva risposto con
indifferenza e quasi con oltraggio.
Gli sembrava che ora, invece, l'incoraggiasse.
Le parole da lei indirizzategli non erano improntate della solita
asprezza.
Il conte si permise far rilevare al duca che la bellezza della sua figliuola
andava sempre crescendo: che, anche in quel punto, benchè malazzata,
non perdea della sua gran venustà.

--Essa ha un fascino strano,--diceva il conte al suo provetto
amico.--Non credo ci sia oggi in Napoli un'altra bellezza più singolare,
e che commuova, al primo riguardarla, più della bellezza di lei.... Qual
trionfo l'aspetta nel nostro gran mondo... alla Corte....
--Oh, io non mi curo,--rispose il duca,--di queste frivolezze.... E non
credo neppure che Enrica se ne curi.... Essa è un po' altera, ma non
ambiziosa: almeno se io ben la conosco.... Or è un anno, il giovane
principe m'ha parlato di lei.... La lodava quasi con entusiasmo dinanzi
alla regina madre: ma ciò era un semplice pretesto--per far arrabbiare la
nuova favorita di allora, che assisteva al colloquio, la principessa di
Sarno....
--La mia, tutt'altro che venerata cugina....
--Ma resterete qui con noi almeno fino a domani,--interruppe il duca,
distratto dalle persone, che ogni tanto gli s'avvicinavano, gli facevano
festa con gli sguardi, coi sorrisi, o aspettavano da lui una
parola.--Restate: stasera a cena dobbiamo essere una ventina.... Ho fatto
apprestare tutte le camere nelle due villette, che servono per gli ospiti,
affinchè essi possano avere la massima libertà. Vedete, in fondo al
giardino... là....
Vi si arrivava dalla via principale per una serra, piena di palme, di
orchidee, di nepenti....
Il conte accettò l'invito.
Sapeva benissimo che Enrica non avrebbe assistito alla cena: ma
pensava che la mattina appresso gli sarebbe venuto l'atto d'incontrarla
nel parco: avrebbe potuto parlare.
A ogni modo era lieto di esserle vicino.
Dopo la cena, che durò sino a ora inoltrata della notte, si coricò molto
allegro: il suo ultimo pensiero, prima di addormentarsi, fu per la
bizzarra donzella.

Il conte di Squirace aveva appena trent'anni: era stato sempre ordinato
nella sua vita, ma lo tacciavano di carattere doppio, di avarizia, di
meschini appetiti.
Il duca, lasciati, a tarda ora, dopo cena, i suoi convitati, era entrato nelle
sue stanze.
Provò il bisogno di riconcentrarsi, dopo tutte le commozioni, i rumori
della giornata.
Aveva, sin dalla sera innanzi, una spina fitta nel cuore.
Non gli era sembrato che sua figlia lo avesse accolto con sufficiente
espansione: sopra tutto era inquieto di averla ritrovata così cagionevole
di salute, così pensosa... così abbattuta.
Aprì la finestra del suo salotto e mise il piede in una ampia terrazza,
che dava sulle serre dello splendido giardino.
In un gruppo d'alberi vide il riflesso di un lume.
Alzò il capo: e s'accorse che il lume veniva dalle finestre della camera
d'Enrica.
Scorse un'ombra, poi un'altr'ombra di donna disegnarsi sugli arbusti
illuminati.
Enrica e Cristina vegliavano.
--Come mai,--pensò il duca,--a quest'ora ella, tanto sofferente, non si è
coricata?
Il duca ebbe
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