la notte taluni rubavano
e alla bassetta e al
faraon baravano.
51
Si spacciavano ognor quelle genie
con grave ostentazion da genti
oneste,
ricomponendo le fisonomie,
portando fibbie antiche e antica
veste.
Oltre a ciò, le fetenti ipocrisie,
le iniquitá, che furon sempre
péste,
derise ed abborrite dall'uom saggio,
avevano in quel secolo
un vantaggio.
52
De' maganzesi ipocriti cristiani,
e de' giusti cristian buone persone
avevan fatto i scrittor furbi e cani
un certo guazzabuglio, un
fascellone
da non separar piú da ingegni umani;
in modo tal che il
titol di «briccone»
era cassato dal vocabolario:
l'usava alcun talor,
ma pel contrario.
53
Ugger danese, che della pagana
legge alla nostra era venuto un giorno,
fatto vecchio servente a Galerana,
con essa tutto il dí facea
soggiorno,
perch'ell'era decrepita e mal sana.
Ugger fedele l'era
sempre intorno,
allo sputo porgendole la tazza,
né piú si ricordava
la corazza.
54
Poiché tra lor ragionato s'avea
di quel che giova al viver nostro e
nuoce,
Galerana il rosario fuor mettea
ed ambidue si facevan la
croce:
l'uno intuonava e l'altro rispondea,
insin che lor poteva uscir
la voce.
Poi Galerana a letto si mettia;
Uggeri salmeggiando andava
via.
55
Marco e Matteo dal pian di San Michele,
che della guerra un tempo
eran vissuti,
avevan fatto parecchie querele
di quella pace, ch'eran
divenuti
poveri e al verde come le candele.
Ma finalmente anch'essi
stavan muti,
e s'eran dati alla poetic'arte
per guadagnarsi il vitto in
qualche parte.
56
Poiché a Parigi allora era l'andazzo
di commedie, di critiche e
romanzi,
e il popol n'era ghiotto anzi pur pazzo,
perché fosser
riforme a quelli dianzi.
Marco in su' fogli venia pavonazzo,
Matteo
del scrittoio fuor non creder stanzi;
sicché ogni mese uscían da' torchi
al varco
due tomi: un di Matteo, l'altro di Marco.
57
Ma potean ben su' fogli intisichire,
a' librai furbi alfin l'utile andava.
Pe' manoscritti avevan poche lire,
ed il libraio il resto s'ingoiava.
Avean provato a lor spesa far ire
talor la stampa, e il capital muffava,
perocché il libro senza de' librai,
non so per qual malia, non
vendean mai.
58
Donde lor convenia pregar que' tristi
e dir:--Quel libro fatemi dar
via.--
Color, ch'eran peggior degli ateisti,
diceano:--In ciò vi farem
cortesia.--
E avuti i libri:--Non c'è chi gli acquisti
--dicean:--quella
è cattiva mercanzia;--
tal che Marco e Matteo con grande affanno
vedean pochi ducati in capo all'anno.
59
Tanto che alfin lasciavano a' librai
a tre soldi la libra i tomi a peso.
Allora il libro divenia d'assai,
e molto ricercato s'era reso.
Cosí
viveano smunti in mille guai,
e un altro foco contr'essi era acceso,
il
qual scemava loro i partigiani,
che gli tenean per scrittor sovrumani.
60
Erano inver poetastri cattivi;
pur dicean che scrivevan all'usanza.
L'usanza era esser scorretti e lascivi,
d'uno stil goffo e gonfio
d'arroganza,
gergoni e ragguazzar morti co' vivi,
e il far di tomi nel
mondo abbondanza,
e il predicar che gli antichi scrittori
non si
dovean piú aver per buoni autori.
61
Ma Dodon dalla mazza, paladino,
che a difender gli antichi era un
Anteo,
sendo lor padri a lui sin da piccino,
non pativa l'apporsi a
quelli un neo;
sicché stampava qualche libriccino
che facea disperar
Marco e Matteo,
perch'ei rideva in esso a suo diletto,
dileggiando il
compor grosso e scorretto.
62
Infin chi nel Boiardo e l'Ariosto
letto ha de' paladini e del re Carlo
e
il costume d'allora, dirá tosto
che di lor per ischerzo oggi vi parlo.
Tuttavia starò saldo al mio proposto,
e so ch'io dico il ver, so
autenticarlo:
l'ozio, la pace e le scritture nuove
gli avean cambiati,
ed ho ben mille prove.
63
E vi dirò che Guottibuossi e seco
Gualtier da Mulion, famosi erranti,
perché sapeano un po' latino e greco,
andaron preti e a servir di
pedanti.
E quell'altra notizia anche vi reco,
che preti, e co' caratter
sacrosanti,
servian d'altri servigi lordi e goffi
prete Gualtieri e prete
Guottibuossi.
64
Orlando inver manteneva il suo grado
ed i nuovi costumi biasimava,
e per la corte e a tutto il parentado
di belle predichette sciorinava;
ma l'apprezzavan quanto un fraccurato.
Ognun dicea:--Ben dite,--e
lo ascoltava;
e poi ridea quand'egli era partito,
gridando:--Grazie al
ciel se n'è pur gito!--
65
Ei tuttavia si ficca per le case,
co' padri la volea delle famiglie.
--Questi romanzi nuovi son la base
--dicea--del far l'amor di vostre
figlie.
Gli antichi forse le avean persuase
d'un eroismo e a troppe
maraviglie,
ma i nuovi l'han ridotte tanto vili
che un dí le troverete
ne' porcili.
66
Cembali, danze, musiche, canzoni,
riverenze, scamoffie, bei passini
sono inver giudiziose educazioni
per far le figlie candidi ermellini,
ed acquistare e cagionar passioni
da mandare i cervei fuor de'
confini,
destando dicerie ne' popolazzi.
Voi siete padri saggi? Siete
pazzi.
67
Che cosa son questi discorsi eterni,
divenuti importanti ed essenziali,
di cuffie, stoffe e di color moderni,
d'armonie, di buon gusti tra i
mortali?
Le infinite botteghe, con quei perni
carchi di veli e nastri e
merci tali
rese di conseguenza, che mai sono?
Rispondete!--dicea--con chi ragiono?
68
Lunge le figlie da commedie nuove,
perché le dame vi si vedon
dentro
0. rinvilite o, se virtú le muove, la foia le fa andare in sfinimento. Ed
alla fine il vizio a tutte prove campeggia, ed è premiato ed ha il
suo intento; onde le figlie a casa rimenate piene di tristi esempi e
riscaldate.
69
Io non iscopro in questi nuovi fogli
e in queste farse dette oggi
«esemplari»
che
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