La Marfisa bizzarra | Page 6

Carlo Gozzi
mai non stava fermo.

Or tien lo specchio, or fiorellin rassetta,
e le guatava che pareva
infermo.
E poi diceva piano:--Oh benedetta!
oh occhi! oh bocca!
omè, non ho piú schermo,
so dir ch'io ardo sin nella midolla.--
Poi
sospirava e fiutava un'ampolla.
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Ed aveva anche pronte, non so come,
le lagrimette quando credea
bene.
Certo in far all'amor valea due Rome
e por sapeva a tutte le
catene.
Addosso si può dir ch'avea le some
di zaccarelle, o almen le
tasche piene
di spille e nèi e pomate e confetti,
essenze e diavolon
ne' bossoletti.
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E sapea dibucciare e mele e pere
e melarancie dolci, e in spicchi farle,

poi rivestirle che pareano intere,
e gentile alle dame presentarle.

In mille forme lor dava piacere,
ché l'arte ha sin ne' cori a tasteggiarle,

e conforme a' cervei sa porre il zolfo,
tal che tutte voleano il duca
Astolfo.
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Avino, Avolio, Ottone e Berlinghieri
seguiano le sue fogge e i suoi
vestigi,
e politi serventi cavalieri
passavan fra le dame di Parigi.

Ma Namo, il padre, mettea lor pensieri
di ragion mille, oscuri e neri e
bigi,
perch'era avaro e dava poco il mese,
e le mode valevan di gran
spese.
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Anzi patian da quello gran rabbuffi:
spesso d'emanciparli gli minaccia.

--Che cosa son que' cappellin? que' ciuffi?
que'
pennacchin?--gridava rosso in faccia.
--A che vi servon le frangie, i
camuffi?
Di farmi impoverir qui si procaccia;
cervelli bugi, frasche,

fumo e vento,
vi diserederò nel testamento.--
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Essi, che questa cosa pur temeano,
ma il bel costume non volean
lasciarlo,
merci a credenza e danari toglieano,
dicendo:--Pagheremo
al sotterrarlo.--
E da' mercanti un avvantaggio aveano
ne' libri, e si
credea di poter farlo:
che ciò che valea trenta mettean cento;
e
nondimeno ognuno era contento.
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Re Salomon, quantunque d'anni grave,
voleva anch'esso corteggiar le
donne.
Nel luogo delle gote avea due cave
ed era di struttura un
ipsilonne.
Pur s'ingegnava a ragionar soave
ed alle dame
diceva:--Colonne,
e un giorno feci e dissi, e son terribile;--
e si
facea da qualcosa al possibile.
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E perch'egli era sordacchione affatto,
le dame, stanche di sue
scempierie,
gli diceano:--Siam secche, vecchio matto,
vecchio
bavoso--ed altre leggiadrie;
e poi ridean tutte quante del tratto.
Ei
credea delle sue galanterie
ridesser, donde anch'egli ismascellava,

sicché ognuno le risa raddoppiava.
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Il marchese Olivier faceva il saggio,
ed i serventi correggeva spesso.

--Io non intendo--dicea--qual vantaggio,
qual piacer sia stare alle
donne appresso.
M'infastidisce oltremodo il linguaggio,
la
stravaganza e il pensar di quel sesso;
io l'ho ben mille volte maledette,

perocch'elle son macchine imperfette.
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Anzi non so com'uom, ch'abbia la testa,
con quelle gazze un'ora possa
stare.
Vi giuro, piú la donna m'è molesta
quando la dotta e la saggia
vuol fare.
S'ella avrá ben danzato ad una festa,
e l'_andrienne_ si
sentí lodare,
questo le basta a uscir fuor di se stessa
e a giudicarsi
qualche monarchessa.
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Come mai non v'ammazzan le pretese
c'han sopra voi per quanto
lungo è l'anno?
a quelle ciarle, a quelle lor contese
come non
affogate dall'affanno?--
Cosí gridava Olivieri marchese;
ma vendea
nondimen rascia per panno,
e si sapea che in certe catapecchie
era
lo spasimato di parecchie.
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A' costumi cambiati, alla lettura
riformata ed all'ozio ed alla pace,

cambiata non avea la sua natura
Gan da Pontier, traditor pertinace.

Vero è che i tradimenti suoi misura
e rimoderna anch'esso, e si
compiace
di non trattar co' regi danno al regno,
ma in fraudi piú
all'usanza pon l'ingegno.
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E verbigrazia, essendo assai persona
di Carlo vecchio, il conducea pel
naso:
molte ingiustizie a sua santa corona
faceva fare in uno o in
altro caso.
L'incarco tôrre a qualche anima buona
e darlo a un birro
l'avea persuaso,
ché de' gran merti non ne dava un fico:
chi piú lo
regalava era suo amico.
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Per venti scudi avrebbe querelato
di lesa maestade un suo fratello,
e
s'infingeva ancor farsi avvocato
per le ragioni or di questo or di
quello.
Chi s'affidava era poi consolato,
e si può dir gli menasse al
macello,
perch'egli proteggeva tutti quanti,
ma la ragione avea quel

da' contanti.
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E nondimeno ogni giorno alla messa,
anzi alle messe andava: si può
dire
che n'ascoltava con faccia dimessa
tre o quattro, che pareva il
_Dies irae_.
Ed ogni settimana si confessa,
e a dir «_mea culpa_» si
facea sentire;
massime quando avea l'assoluzione,
mette sospir
ch'assordan le persone.
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Quando giurare a qualchedun volea,
acciò credesse le bugie la gente:

--Per quella santa confession--dicea--
che feci stamattina
indegnamente.--
E s'un giurava per Dio, si torcea
facendosi la croce
prestamente;
e poi, volgendo l'occhio, dicea piano:
--Non nominate
il Signor nostro invano.--
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Ma scandol sempre giva mulinando:
mai non tenea la sua mente in
quiete.
Talor soletto andava passeggiando
lá dove son le dinunzie
secrete,
e in quelle bullettin venía gettando
contro al tal uom, al tal
frate, al tal prete,
e cagionava ben mille sciagure;
poscia ingrassava
udendo le catture.
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Un altro spasso avea il fraudolente:
che tenea spia di tutti gli amoretti;

poi di soppiatto avvertiva il servente
e inventava raggiri, atti e
viglietti,
tal che faceva piú d'un uom dolente,
e nascer mille ciarle e
tristi effetti,
e dissension nelle case e vergogna,
e andar gli sposi in
mitera ed in gogna.
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Gan cosí rimoderna i tradimenti
con l'aiuto de' conti di Maganza,

Griffon, Viviano, Anselmo e piú di venti
di que' paesi o razza o
mescolanza,
i quali in viso parean buone genti,
divoti in chiesa e
pieni di creanza,
ma poi
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