La Marfisa bizzarra | Page 8

Carlo Gozzi
un capogiro?nel sesso femminil, che a dritta e a manca?s'udiva:--Ferma, o pel mantel ti tiro;?vedi s'io son senz'anima e son franca.--?La cieca ambizione aveva fatte?donne infinite ed animate e matte.
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Tutto era smania e senso animalesco?in tutte le stagion senza riparo;?erano sempre in moto al caldo e al fresco?i corpi e il vuoto di Lucrezio Caro.?Non v'era distinzion dal fico al pesco;?l'esser ognor giuvenca, ognor somaro;?e l'imitare i piú bestiali ed empi?era detto ?aver l'anima? in que' tempi.
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Si vedean per le vie donne appassite,?livide sotto agli occhi e diroccate,?con certi maschi a' fianchi, olmo alla vite,?che avean le guancie vizze ma lisciate.?E vecchi in gala e vecchie inviperite,?con nastri e piume e fiori e imbellettate,?l'essenze, i diavolon, l'odor di fogna?confondevano, e d'arca e di carogna.
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E perché ad Aldabella virtuosa?non si poteva apporre alcun peccato,?ed era rispettata e gloriosa,?per la via d'un contegno misurato,?la schiera delle matte invidiosa?aveva il gran delitto in lei trovato,?cioè che dicea mal delle sfrenate:?--_Ergo_ non è--dicea--tra le beate.--
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Il modo del pensar ridotto a tale?era, e guasta e corrotta sí la gente?che non si potea dir piú mal del male,?senz'esser giudicato maldicente?e seccator misantropo bestiale?da punir colla sferza onnipossente,
? per lo men da chiudere in prigione a far co' topi e i cimici il Catone.
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De' guidaleschi fracidi d'allora?io non vi do di cento una misura;?pur d'ogni bocca stretta uscivan fuora?queste parole:--Buon gusto e coltura,?delicatezza e buon senso c'infiora,?e veri lumi ed eleganza pura.--?S'un dicea ?sterco? per inavvertenza,?gridavano:--Che porco! che indecenza!--
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Io v'ho data un'idea cosí all'ingrosso?di Carlo, di Parigi e della corte.?Dopo queste premesse a la fin posso?condurvi di Marfisa in sulle porte.?Se alcun pedante mi venisse addosso?a dirmi:--Tu potevi ir per le corte,--?dico di no, perché le cose in pria?convien apparecchiar. Pedante, via!
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Anzi a te dico, pedante insolente:?della nostra Marfisa il naturale?io vo' tacer sino al canto seguente,?benché paia la cosa vada male,?ché non ho detto de' fatti niente?nel primo canto, ch'è sol liberale?d'umori e di caratteri cambiati,?e mi saranno i difetti addossati.
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Ma ragion fate, il primo canto sia?una commedia di caratter nuova,?che andate poi lodando per la via,?bench'altro in essa alfin non ci si trova?che di caratteracci una genia,?e vi tien per tre ore e nulla prova;?poscia a richiesta universal si chiama.?Diman gran cose dirò della dama.
FINE DEL CANTO PRIMO
CANTO SECONDO
ARGOMENTO.
La riformata bizzarria dirassi,?il costume e lo stato di Marfisa.?La circostanza e dissensione udrassi?della famiglia di Rugger di Risa;?di Filinor guascone i strani passi,?gli scrocchi e il vizio, il qual l'acconcia in guisa?che parte di Guascogna derelitto?verso Parigi a procurarsi il vitto.
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Io mi son dilettato alquanto in vero?il critico arruffato immaginando,?ch'avendo udito l'altro canto intero,?vada con questo e quello investigando?co' disprezzi al tal verso, al tal pensiero,?fanciulli e donne e librai guadagnando;?e sopra tutto parmi di sentire?le parole seguenti udirlo dire:
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--Chi è questo poeta sconosciuto?ch'esce alla stampa, e il vezzeggiar sublime?di noi famosi, a gran prezzo venduto,?morde sí franco e deride ed opprime??che stile è il suo da popolo minuto??Hassi a far conto alcun delle sue rime,?poste in confronto a' nostri gravi temi,?alle canzon pindariche, a' poemi?
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Che gran faccenda a noi grandi saria?lo scriver, com'ei fa, da scorreggiate,?se la nostra spettabil fantasia?volessimo abbassare a sue favate?--?Dal detto al fatto è troppo mala via,?pedante; non convien far le bravate.?Prendi la penna e scrivi al paragone,?e lascia poi decider le persone.
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So quanto costa a me lo scriver puro,?non so, pedante, delle tue fatiche;?ma convien certo, e non ti paia duro,?due parolette in astratto io ti diche.?--Marmo, calcina e tempo vale un muro,?sapone ed acqua voglion le vesciche.?Sin ch'io canto Marfisa, t'assottiglia:?scrivi qualch'opra che mi sia di briglia.--
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Marfisa era un cervello suscettibile;?però, i romanzi antichi avendo letti,?come sapete, era prima terribile,?e dormia co' stivali e i braccialetti;?e quanto piú la cosa era impossibile?nelle battaglie e piú forti gli obietti,?come il Boiardo e l'Ariosto narra,?era piú furiosa e piú bizzarra.
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Ma poiché furon cambiate le cose?e i nuovi romanzi usciti fuori,?attentamente a leggerli si pose?ed impresse il cervel d'altri colori;?e cercò solo avventure amorose,?sendo bizzarra ancor, ma negli amori,?e d'altre sorti bizzarrie facea,?come scrive Turpin che lo sapea.
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Come ognun sa, Ruggero suo fratello?sposata avea la bella Bradamante,?la qual rimodernato avea il cervello?e non è piú guerriera né giostrante;?ma pensa alla famiglia e fa duello?col fattor, col castaldo e colla fante,?e riflettendo all'avvenire e a' figli,?tutta all'economia par che s'appigli.
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Chi l'avesse veduta alla cucina?a gridar che s'abbrucian troppe legna,?e l'avesse veduta alla cantina?come alla botte scemata si sdegna,?e a levarsi per tempo la mattina,?l'avria creduta un'economa degna,?ché venti chiavi in saccoccia portava?e la minestra e l'olio misurava.
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Non dimandar se i drappi alla rugiada?di san Giovanni fa porre la notte,?perché qualche tignuola non gli rada,?e se fa dar lor spesso delle bòtte,?e se fa chiuder l'uscio della strada?per i ladroni, e se le calze rotte?sa rattoppare e racconciar le maglie,?e voler da' villan polli e rigaglie.
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Scrive Turpin di quella tuttavia?ch'ell'era attenta massaia e perfetta,?ma che
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