La Campagna del 1796 nel Veneto | Page 7

Eugenio Barbarich
le loro mostre
e _mostrini_; e ciò sopra una spesa totale di 2,060,965 ducati e grossi 11 effettivamente
fatta in quell'anno dalla Signoria per le cose della milizia [24].
I migliori Savi avvicendatisi nell'amministrazione veneta della guerra, non mancarono di
levare la loro voce contro la soppressione della carica di comandante in capo; mancanza
che abbandonava quei magistrati a sè medesimi senza l'appoggio di spiccate capacità
militari che rappresentassero la continuità nello apparecchio degli uomini e delle armi; e
più che tutti, Francesco Vendramin, il miglior Savio alla scrittura della decadenza della
Repubblica. Questi nel 1785 dichiarava infatti al Doge che il malessere dell'esercito
dipendeva dalla rinunzia, fatta da tempo, «di eleggersi un commandante supremo, dalla
cui sapienza e virtù si possano ritrarre quei lumi e direzioni che valghino a sistemare in
buon modo le truppe» [25].
Ma, ad onta di queste franche parole--come sempre le usava il Savio Vendramin--il
generalissimo tanto invocato non venne a rialzare i depressi spiriti militari dei Veneti, e
rimase la burocrazia che non passa [26]. Questa intensificò anzi l'opera sua, così da
avvolgere il Savio alla scrittura in una rete inestricabile di intralci e di formalità
innumerevoli.
Esaminiamo in particolare codesto viluppo, congegnato a bella posta per troncare i nervi
ad ogni energia. Il Savio alla scrittura nell'esercizio delle sue funzioni aveva rapporti con
tutte le magistrature politiche, marinare e civili d'Italia e d'oltremare. Quanto al
reclutamento ed agli assegni in ordine alla forza bilanciata, egli aveva relazioni con
l'Inquisitore ai rolli, con il Savio Cassier e con i magistrati sopra camere, o tesorerie

provinciali: quanto al reclutamento ed all'ordinamento delle cerne, egli doveva accordarsi
con il collega deputato ad esse. Per le cose attinenti il servizio anfibio dell'esercito sulle
navi armate, egli doveva intendersi con i Savi agli ordini per le milizie, con i Provveditori
generali da Mar, con quelli in Dalmazia ed Albania, con i _Provveditori att'Arsenale_ ed,
infine, con il Capitanio del Golfo (contado delle Bocche di Cattaro).
Per il riparto ed il servizio territoriale delle truppe, il Savio alla scrittura doveva prendere
accordi con i _capitani e podestà_ delle province, con il magistrato e con il
_sopraintendente all'artiglieria_, con il provveditore alla cavalleria, con il
sopraintendente del genio e con i _provveditori alle fortezze._
Lo. sfruttamento dell'industria privata--usato sempre in buona misura dalla Serenissima
per le cose della guerra--obbligava inoltre il Savio competente ad una continua vigilanza
sui deputati alle miniere, per quanto si riferiva l'industria metallurgica della Bresciana e
del Bergamasco, e sui capi delle maestranze per le industrie estrattive dell'alto
Cadore.[27]
Oltre a ciò, per quanto riguardava il servizio sanitario, l'amministrazione della guerra era
in rapporti continui con i provveditori agli ospedali e con i capi religiosi di talune
confraternite incaricate dell'assistenza degli infermi[28]; per quanto concerneva il
servizio di commissariato, con i magistrati sopra biade e frumento, con i Savi alla
mercanzia e con i _provveditori all'agricoltura_; per quanto rifletteva infine
l'amministrazione della giustizia, con il missier grande, o capo della polizia esecutiva, e
con i governatori alle galere dei condannati.
Nè si arrestava a questo il frantumamento delle autorità militari venete, spesso discoste
l'un l'altra ed animate da interessi contradditori, e l'intralcio con le magistrature civili. Nei
rapporti aulici e cancellereschi, era deputato ogni settimana un Savio designato a turno
nel Collegio--epperciò detto _Savio di settimana_--per esporre al Senato le proposizioni
ed i decreti deliberati dal Consiglio. Tale costumanza, per certo assai comoda, non era
però in pratica molto giovevole per la trattazione degli affari--specie dei
militari--rimettendo il patrocinio di essi a mani del tutto inesperte o ignare.
* * *
Consideriamo ora un poco questa mastodontica macchina burocratica in azione. Nel 1784,
solo per riformare alcune parti del vestiario e dell'equipaggiamento della fanteria veneta,
riputate o troppo incomode o troppo costose, convennero assieme in più conferenze il
Savio alla scrittura attuale ed uscito [29], i Savi alla mercanzia in numero di cinque ed il
magistrato sopra camere. Ciò nondimeno, dodici anni dopo, la riforma non era ancora del
tutto attuata tra le file dell'esercito veneto.
Fino dal 1775 il Savio alla scrittura e l'Inquisitore ai rolli, concordi, deploravano in
Collegio e presso il Principe le tristissime condizioni in cui versavano le artiglierie e le
armi portatili, alle cui deficienze non era più in grado di porre rimedio il vetusto Arsenale
di Venezia. Soltanto sette anni dopo il grido d'allarme venne raccolto da Francesco
Vendramin, in una delle sue riconferme al Saviato alla scrittura, e la questione venne
finalmente da lui posta dinanzi al Doge con criteri da industria di Stato meglio che
moderni.
L'industria militare privata aveva tenaci e floridissime radici a Venezia, e le armi bianche
venete, assai pregiate nella tempra e nel lavoro del cesello, [30] avevano una fama
incomparabile. Cresciuto poi il favore delle armi da fuoco, degli archibugi e delle
artiglierie navali
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