LAmuleto | Page 8

Neera
vivere a quel modo, ma poi non so come,
la calma era venuta.
La mia salute molto delicata (uno dei pretesti che egli accampava per
non condurmi in città) mi fece quasi trovare una felicità in quello stato
di rinuncia e mi ero fossilizzata così senza rimpianti e senza desiderî.
Mio figlio e i due vecchi domestici formavano tutta la mia famiglia.
Quante sere d'inverno ho passate con Alessio addormentato in grembo
e l'Orsola che mi raccontava per la centesima volta le nozze de' miei
genitori! Anche Pietro mi ridiceva gli aneddoti del tempo passato; uno
de' suoi favoriti era quello dei miei cinque anni, quando egli mi aveva
persuasa che si prendono i passeri ponendo loro un granello di sale
sulla coda ed io uscivo in giardino colle tasche piene di sale. E rideva,
rideva ancora il buon uomo!
Dicendo a mio cugino che vicino a noi non c'era nessuno avevo
dimenticato le due figlie del defunto dottore, zitelle di quarant'anni che
non essendosi mai allontanate l'una dall'altra venivano insieme qualche
volta a trovarmi. Mi tendevano la mano, senza staccare il gomito
dall'anca, così tutte chiuse e raccolte nella loro persona che mi davano
l'aspetto di cartocci vuotati per un misterioso processo senza essere stati
aperti. Parlavano pure sempre insieme, a mezza frase ciascuna, quasi
sorreggendosi scambievolmente. Erano brutte, povere, non avevano
mai avuto una gioia nella vita, ma essendo stata la loro madre bella ed
elegante vivevano all'ombra della sua memoria non senza un certo
orgoglio. Si parlava di cintura sottile: _come la mamma: diceva l'una; e
l'altra: ne abbiamo ancora la misura in un corpetto di raso. E la prima:
bianco._ A cui la seconda soggiungeva: fu quando la dichiararono
regina della festa. E sorridevano tutte e due beatamente, stringendo le
braccia esili contro la vita grossa.
Ma poi non c'era proprio altro per dieci miglia intorno.
Aspettavo dunque con impazienza la terza visita di mio cugino.
Egli non venne così subito e mi fece avere invece un pacco di libri con
un biglietto "Vi mando i pensieri che io amo." Non diceva altro quel

biglietto eppure mi pareva che contenesse tante cose.
Usciva da esso la sua voce sonora, imperiosa, il suo sguardo scrutatore,
la sua anima così fuori dal comune. Non c'era in quella breve riga una
sola parola gentile, non un accenno affettuoso, ma era tutta una
gentilezza di concetto o tale mi parve, pensando che le idee elevate
erano ciò che Egli amava più che tutto al mondo e facendone parte a
me così umile ed oscura, mi dava la maggior prova di simpatia ch'io
avessi mai ricevuta. Compresi allora più che mai la vacuità delle solite
frasi, dei complimenti superficiali e sentii l'umiliazione di essermene
qualche volta compiaciuta.
Una grande gioia calma e serena mi innondava il cuore. Quale oscuro
destino o quale Dio veggente mi inviava la consolazione? Perchè
veramente ciò che provavo era questo: una consolazione. Sorgeva in
me lentamente un'altra me stessa, una parte di me che avevo
dimenticata e che veniva a completarmi, quasi una persona creduta
morta che ci gridasse un giorno aalle spalle: sono qui.
Come avevo potuto fino allora vivere di nulla al pari di una farfalla? Mi
sembrava ora che il mondo fosse pieno di tante idee, di tante bellezze
ignorate, di tante gioie austere e forti ed anche di sorrisi più intensi, più
alati, più profondamente dolci di quelli a cui ero avvezza. Che cosa mi
avevano annunciato tutti gli aprili della mia vita se non il ritorno dei
fiori? Ed ecco che questo aprile novo mi recava un tributo di ricchezze
spirituali non mai sognate.
Mi posi subito a leggere i libri di mio cugino, dapprima con qualche
difficoltà, poi meravigliata di comprendere e di gustare anche problemi
che una volta mi sarebbero parsi ardui e privi di interesse. Erano pagine
di poeti, di pensatori, di anime calde ed elevate. Erano, strano a dirsi,
rivelazioni di idee che avevano tratto tratto gettato un baleno nel mio
spirito, come raggi che passano davanti e dileguano, come astri
intraveduti in un lontano cielo ai quali non si crederebbe possibile di
arrivare. Ed erano amici, amici nuovi e sicuri che mi si mettevano a lato,
ora facendomi sorridere, ora facendomi riflettere, pungendomi,
spronandomi, sempre con quella deliziosa sensazione di
completamento, di linfa saliente su per i rami, che colma e che matura.

Prima assai del tempo--come aveva detto Lui--i rosai del mio giardino
spuntarono tutti. La festa dei colori e dei profumi era intensa. Io e
Alessio non potevamo più stare rinchiusi. L'Orsola, sofferente di reumi,
mi ammoniva talvolta ma io non avevo più una fede cieca nella sua
sapienza e correvo alla voce della primavera che mi chiamava
all'aperto.
Alessio era felice al pari di me. Ruzzolandosi nella sabbia formava una
cosa sola col palpito della
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