LAmuleto | Page 4

Neera
io mi lasci sfuggire nessuna occasione per
insegnare quel poco che so alle persone che mi interessano?
--Ma io--risposi prontamente--mi rifiuto a ispirarvi il benchè minimo
interesse.
--Ciò non sta in voi.
--E perchè?
--Perchè la simpatia è affatto libera. Vi è permesso di chiudermi la
vostra porta (mi darete anzi a questo proposito i vostri ordini formali)
ma non potete impedirmi di pensare a voi e di adoperarmi per il vostro
bene.
--Mi sembrate un originale.
--E sia. Vedete che non mi offendo. È già un buon principio per restare
amici.
--Io, se dovessi avere un amico vorrei che fosse principalmente buono e
poi affezionato, devoto e compiacente anche, disposto a sopportare i
miei difetti--perchè non è questo il maggior pregio dell'amicizia:
compatirci reciprocamente?
--Ho il dispiacere di dovervi contraddire ancora. Direte che la colpa è
mia, ma ciò non mi impedirà di pensare che è vostra. Cara cugina,
avete delle idee orribilmente tarlate. Pare impossibile che una così
graziosa testolina racchiuda un simile museo di ferravecchi.
--Come? La bontà, la devozione, la fedeltà, la tolleranza, la
compiacenza...
--...la gentilezza, la pazienza e aggiungiamone pure ancora una mezza
dozzina, delle vostre virtù, vedete che le conosco; ebbene non sono
queste le qualità della vostra cameriera (come si chiama? Brigida,
mettiamo) e di quell'ottimo Pietro che venne ad aprirmi l'uscio e che si

ricorda di avermi visto piccino?
--Orsola e Pietro--esclamai quasi ferita da quella punta di ironia che
sembrava colpire queste mie vecchie affezioni--sono certamente le
migliori persone che io conosca.
--Ve l'ho forse negato? Piacciavi rammentare che sono stato
precisamente io a caricarli di tutta quella corona di virtù, è vero o no?
--E allora?
--Allora torniamo all'argomento. Voi desiderate nell'amico le stesse
qualità dei vostri servitori?
--Le qualità appartengono indistintamente a tutti.
--Abbiate pazienza e rispondetemi categoricamente. Desiderate
nell'amico le qualità di Orsola e di Pietro?
--Perchè no?
--Dunque sì?
--Ebbene sì.
--Ebbene no, no, no! Comprendo, badate, comprendo benissimo che la
devozione, la bontà, la tolleranza possano essere il maggior risultato nei
rapporti tra servitori e padroni; che ad ogni modo questi ultimi debbano
apprezzarli assai, ma io chiedo ben altro al sentimento che riunisce due
esseri eguali, senza scopo di lucro nè di interesse. Dove sarebbe
l'idealità dell'amicizia se questa si limitasse a una dolce tolleranza e ad
una amabilità benevola? Questo è ciò che si fa nel mondo, lo so bene e
voi pure ve ne accontentereste. Quattro chiacchiere, una passeggiata,
una colazione fatta insieme, la scelta dello stesso sarto e il gusto per la
stessa musica, ecco secondo voi l'amicizia! Ci vuole altro vi dico, altro,
altro. Che me ne farei di un amico che non dovesse contribuire al mio
miglioramento, al mio innalzamento? All'amico, pensate, dobbiamo
dare qualche parte dell'anima nostra, aprirgli questo sacrario

immacolato e farlo riposare nel nostro cuore. L'amicizia è metà
dell'amore, è qualche volta tutto l'amore: una cosa grande!
Pronunciò queste ultime parole con un accento profondo che mi diede
un brivido. Seguì un lungo silenzio.
--Dunque devo tornare?--disse mio cugino alzandosi lentamente.
Mentre stavo per rispondergli, interruppe:
--Vi prevengo che sono poco tollerante, mediocremente buono, gentile
a scatti e che non mi impegno per la fedeltà.
--Allora farete quello che vi aggrada--gli risposi, sforzandomi di
sorridere.
--Grazie del permesso.
Si inchinò molto ossequiosamente ed era sul punto di allontanarsi
quando Alessio inciampando nel tappeto cadde a terra battendosi la
fronte. Gli strilli del mio bambino lo fecero tornare indietro e un poco
forse le mie esclamazioni di dolore e i forti baci e le tenerezze che gli
prodigavo per acchetarlo.
--Che cosa è successo?--chiese con voce calma, gettando una rapida
occhiata al piccino.--Perchè piangi? Un uomo non deve piangere.
Il mio bambino tacque subito e si pose a guardarlo cogli occhioni larghi
ancora bagnati. Egli sorrise e voltandosi verso di me, disse:
--Non commovetevi troppo cugina se volete restare forte.
Pochi momenti dopo io e Alessio, sollevando le cortine di seta rossa, lo
vedemmo allontanarsi lungo il viale e Pietro che entrava allora per
annunciarci che il desinare era pronto disse:
--Che uomo s'è fatto!
--Tu lo hai conosciuto, Pietro?

--Oh! sì molto. Quando era ancora un ragazzetto veniva da queste parti.
Egli aveva una singolare predilezione per il boschetto di acacie, in
fondo al giardino; stava là delle ore intiere a scrivere versi e il padrone
diceva che quel ragazzo aveva molto ingegno.
--Come va che io non lo ricordo?
--La signora era troppo bimba allora; lo avrà visto ma non se ne
rammenta. D'altronde egli entrava poco in casa; avendone avuto il
permesso dal padrone passava il suo tempo nel boschetto delle acacie.
La visita di mio cugino mi lasciò un'impressione che nei successivi
giorni di silenzio e di solitudine crebbe anzi che scemare. Egli avea
suscitato nella mia mente un tumulto di idee affatto nuove e quasi
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