In chiave di baritono | Page 4

Antonio Ghislanzoni
il mio nome
accompagnato da uno scroscio di risa sarcastiche...

CAPITOLO III.
Padre Domenico mi sconforta dal farmi Francescano.
Mentre io andava di tal guisa fantasticando, udii picchiare
sommessamente alla porta. Era un frate, vecchio, dall'occhio vivace,
dal sorriso melanconico e dolce. Padre Domenico (tale era il suo nome
di convento) entrò nella mia camera colla timidezza di una fanciulla o
piuttosto d'un collegiale che tema essere còlto da' superiori in atto di
indisciplina. Si avanzò di alcuni passi, indi chiuse la porta con cautela,
dopo aver spiato nel corridojo se qualche importuno lo avesse seguito.
--Ebbene? mi chiese il buon monaco,--come passaste la notte?
--A meraviglia, risposi. Ed ora mi trovo siffattamente commosso dalla
pace solenne che spira in questo asilo, che ho risoluto di presentarmi al
padre guardiano onde implorare di essere ammesso nell'ordine.
Padre Domenico sorrise, ma quel sorriso aveva una espressione di
tristezza e di ironia. Poi, dopo breve silenzio:
--Il convento ha le sue attrattive per le anime sensibili e poetiche.
L'amore degli agi, del lusso, dei piaceri, l'ambizione della gloria, della
potenza, sono esca ingannatrice negli anni più bollenti della vita; ma
per tutti giunge un'epoca di disinganno e talvolta di disperazione, che ci
fa rifuggire da quei beni fallaci, a cui giovanetti aspirammo con tanto
ardore. L'uomo di cuore, l'uomo che a tempo sa leggere nel libro della

verità, o tosto o tardi prova il fastidio, il ribrezzo del mondo, ed un solo
bene domanda, un bene modesto e tranquillo: l'isolamento e la pace.
--Voi dunque approvate la mia risoluzione?
Il frate levossi in piedi e aperse l'uscio di nuovo per spiare se nessuno ci
ascoltasse; poi abbassando la voce, mi parlò di tal guisa:
--I conventi, figliuol mio, furono istituiti da uomini che al pari di voi
desideravano la quiete dell'anima e la meditazione. I fondatori degli
ordini religiosi appartennero alla categoria dei disingannati; gente dai
nobili e generosi istinti, dal cuore delicato e sensibile, cui la società, in
compenso di opere benefiche, gittò in volto il vituperio e l'oltraggio.
Ingenui che seminarono il benefizio e raccolsero l'ingratitudine; che
elevarono la mente a studii di pubblico interesse, insegnarono dottrine
umanitarie, combatterono il vizio potente, smascherarono l'impostura; e
la massa ribelle degli stolti tentò schiacciarli colla persecuzione. Taluni
ancora chiesero affetti alla donna, si affidarono ai sorrisi od alle carezze,
e più tardi s'accorsero di essersi addormentati sovra un letamajo e
d'aver adorata una carogna inghirlandata di rose. Il disinganno,
fors'anco il disprezzo del mondo trasse i primi martiri della umanità a
fabbricarsi un asilo su qualche alpestre dirupo. Si istituirono leggi
severe di abnegazione, di lavoro perpetuo; si tentò colla disciplina, col
digiuno e meglio ancora colla dimenticanza di ogni affetto terreno, di
indurare l'anima e il corpo a tutti i mali inerenti alla nostra fragile
argilla. E nella solitudine del romitorio molti meditarono efficaci
provvedimenti a redimere la società; raccolsero e studiarono i codici
della civiltà antica, per diffonderla poscia a benefizio delle generazioni
future; e moltissimi tramarono contro i tiranni, facendosi scudo del
pregiudizio che rendeva il loro asilo inviolabile per seminare i primi
germi di quelle idee di emancipazione, che oggidì mandano frutti
copiosi. Ma ora, le cose mutarono aspetto--lo studio, la dottrina, le
generose idee appartengono alla umanità tutta intera--nei conventi entrò
la pazza ignoranza e l'odio del bene.--Mentre il secolo si illumina e si
ringagliardisce, qui le tenebre si fanno più dense. Figliuol mio, non vi
lusinghi la pace apparente. Ove alberga l'odio, non può essere pace vera.
Questi monaci, che voi vedete sì manierosi, sì fervidi nella preghiera, sì

umili e rassegnati, sono altrettanti cospiratori, pronti, ove il potessero,
ad immolare metà del genere umano per ridurre al servaggio e
all'abbrutimento l'altra metà.
Le parole di padre Domenico, il tono della sua voce e il fuoco del suo
sguardo mi destarono un fremito nell'anima. Una idea terribile mi
balenò alla mente. Dio sa quanto avrà sofferto e quanto soffre ancora
questo povero monaco nel dover convivere con gente di tal fatta!
Il buon frate mi lesse nel cuore, e riprese a parlare di tal guisa:
--Tu indovini i miei dolori, o figliuolo, hai ragione di compiangermi. Io
fui ingannato due volte nel corso della vita: la prima volta dal mondo,
ed ho potuto separarmi da esso--la seconda volta dal convento, e pur
troppo dovrò rimanervi per sempre...
--Perchè non profittate delle attuali agitazioni politiche per fuggire da
questo carcere? Molti altri lo hanno fatto...
--Ed han fatto male, interruppe il frate. Il soldato che prestò giuramento
non può senza infamia disertare dal suo corpo. Non voglio tradire il
voto che io ho fatto a Dio. D'altronde, io sono vecchio, e sento che il
mio cuore è già quasi consunto. Se il mondo e il convento mi hanno
tradito, il Dio in cui fermamente credo, mi promette un
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