asilo dove
troverò la vera pace. Prima che in questo, io vissi due anni in altro
convento poco lunge da Bologna. Il padre guardiano mi odiava; io era
segnato a dito come un eretico, fui più volte calunniato da' superiori ne'
loro rapporti al grande Rettore di Roma; questi mi inflisse castighi e
supplizii. Per circa due mesi giacqui sepolto in un pozzo, ove ogni
giorno mi si gettava l'alimento più infetto.--E i castighi e le vendette del
padre guardiano servivano di trastullo agli altri miei colleghi, i quali mi
perseguitavano con una raffinatezza che la solitudine e gli ozii del
convento rendevano più imaginosa. La rivoluzione di Roma e la fuga di
Pio IX mitigarono alquanto i rigori della mia sorte.--Da due mesi fui
qui inviato, e l'ipocrisia dei monaci si giova del mio nome per far
credere ai buoni popolani di Grottamare che in convento si nutrano idee
liberali e patriottiche.--Però, di tratto in tratto il padre mi tuona
all'orecchio delle minaccie... Se la buona causa italiana rimarrà
schiacciata entro le mura di Roma, se il Pontefice verrà ripristinato nel
suo Governo, io so qual destino mi attende. Esser sepolto vivo in
qualche andito segreto dell'ortaglia.... e morire di lenta, dolorosa agonia.
Non potete figurarvi quanto ingegnosa sia la mente di codesti frati nel
tormentarmi! Alla mensa, quando è imposto il silenzio, fingendo
dimenticanza, il cuoco non mi reca il mio piatto--alla notte mi
disturbano con rumori infernali nella mia cella, o mi introducono fra le
coltri qualche sudicieria. Essi credono far opera di devozione--ond'io
prego Iddio acciò perdoni loro il male che mi fanno. Così potessi
illuminarli e condurli dal fanatismo alla religione, ed alla carità
evangelica! Ma la corruzione ha messe troppo profonde radici qui
dentro e il monaco si è trasformato nel più orribile dei mostri--il mostro
che odia, che perseguita, che uccide, credendo di operare il bene e di
rendere omaggio alla divinità.
Appena il frate ebbe finito di parlare, io vidi due grosse lagrime
corrergli giù per le guancie. Le sue labbra si agitarono mormorando una
preghiera. Io gli strinsi la mano e vi impressi un bacio. In quel punto,
sentii bussare alla porta, e una voce nasale profferire il Deo gratias!
CAPITOLO IV.
Miracoli della donna.
Apersi la porta; il Birecchi mi apparve sulla soglia nella marziale
attitudine di un... cavadenti.
--Signor forestiere, una buona notizia per voi!
--Che! il blocco sarebbe levato?
--Vi ha di meglio. Una bella signora, proveniente da Ascoli, ha preso
alloggio all'albergo del Marcuccio e fra pochi giorni si metterà in
cammino per Roma.
--Ebbene? che v'ha egli d'interessante per me in codesta notizia?
--La signora ha bisogno di un compagno di viaggio--voi vi
presentate--ella vi accetta per suo cavaliere--partite per Roma con lei,
ed eccovi uscito da ogni imbarazzo! S'io non fossi ammogliato,
prenderei il vostro posto: perocchè da che vivo in questo sciagurato
paese, non ho fiutato mai il più appetitoso boccone di femmina...
Mi volsi a frate Domenico e lo consultai collo sguardo. Il buon monaco
sorrise, poi colla ingenuità d'un fanciullo:
--Andate! ma sovvenitevi che la donna è più pericolosa, più terribile del
convento. È più facile ad un monaco svincolarsi dalla disciplina e
gettare la tonaca fratesca, che non ad un uomo di cuore sciogliersi dalle
reti o dai vincoli in cui l'astuzia femminile sa avvilupparlo.
Ciò detto, padre Domenico uscì dalla cella. Onde io, nuovamente
incalzato dalla infernale eloquenza del Birecchi, e bramoso di lasciar
quel luogo che mi appariva popolato di orribili spettri, risolvetti di
visitare la bella romagnola.--Ma come introdurmi presso di lei? con
qual coraggio offrirmele a compagno?
--Lasciatene a me l'incarico, rispose il Birecchi.
Mi appoggiai al di lui braccio, e usciti entrambi dal convento, in meno
di un quarto d'ora giungemmo all'albergo del Marcuccio. Il Birecchi si
fece tosto annunziare alla signora, e poco dopo il figliuolo del
Marcuccio ci introdusse nel di lei appartamento.
Entrammo in una cameretta rischiarata da pallida luce. La donna era
coricata. Appena ci vide, rizzossi alquanto sul guanciale, e traendo
dalle coltri un braccio più candido dell'alabastro, ne fece appoggio alla
testa, da cui un'onda di neri capelli si spandeva sugli omeri e sul petto.
Il Birecchi mi aveva decantata la bellezza maravigliosa di quella donna;
a me parve divina. L'estrema pallidezza del volto, che forse al
cavadenti era apparsa un po' lugubre, rendevala ai miei occhi più
interessante. L'ebbi appena veduta e tosto ringraziai il buon
Francescano d'avermi fatto rinunziare alle mie idee di perpetuo celibato.
Il demonio aveva ottenuta piena vittoria.
Io non osava parlare. Che dirle? Il fascino della bellezza è sì potente da
troncarci gli accenti sul labbro e istupidirci i sensi. Buon per me che il
Birecchi era al mio fianco, e il Birecchi non era uomo da smarrirsi. Egli
dunque aprì la conversazione con un esordio
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