di seta
bianca, assai largo, che le scendeva giù per le spalle.
Vestita così semplicemente, d'una veste di ferrandina a larghe pieghe,
le quali scendevano in bei partiti dal fianco, senza fronzoli che
dissimulassero le curve gentili del busto con le maniche lisce e la radice
del collo a mala pena coperta da un baveretto bianco, madonna
Fiordalisa era un miracolo di eleganza e di grazia. La testa, incoronata
di capegli castagni, e il profilo del volto rosato, mostravano una
delicatezza di contorni e una soavità di espressione, che a lui veramente
parve di non aver vedute prima d'allora.
Fiordalisa riconobbe in quel giovine uno dei suoi cento curiosi
ammiratori del Duomo. Egli, per altro, era il più riguardoso di tutti.
Come mai aveva egli potuto essere il più ardito, tanto da penetrare per
il primo in sua casa?
Mentre questo pensiero si affacciava alla sua mente, mastro Jacopo le
disse:
--Ecco un nuovo scolaro. Sarà il primo di tutti, se continua come ha
cominciato, e sopra tutto se non mette il capo alle frascheria della
gioventù.--
A quella parole di suo padre, Fiordalisa, che si era posta da principio in
sul grave, divenne tosto più umana e salutò cortesemente il nuovo
venuto.
Egli, del resto, si contenne da uomo di garbo. Non aveva occhi che per
mastro Jacopo e pendeva dalle sue labbra. Chi vuol la figlia, accarezzi
la mamma, dice il proverbio. Ora la figlia di mastro Jacopo da lungo
tempo aveva perduta la mamma, non restava a Spinello che di
accarezzare il babbo. E i babbi s'accarezzano, stando a sentirli con
attenzione, senz'altra noia che di dover dir loro ad ogni tanto: _et cum
spiritu tuo_.
Affrettiamoci a dire che Spinello non si annoiava punto in quell'ufficio
modesto. Jacopo era un buon maestro e Spinello sentiva una gran
voglia d'imparare. Finalmente se aveva l'aria di badar poco a madonna,
questa non doveva apporglielo a negligenza. Si dicono tante cose,
tacendo! Egli a buon conto, non ne diceva che una. Quando gli
accadeva di muover la testa e di volgersi a lei, diventava del color della
fiamma.
Ora una donna, quando vede di simili cose, non ha mestieri di lunghi
discorsi, nè di lunghe contemplazioni. L'essenziale è che conosca il
valore delle tinte. Ma questo, come non conoscerlo, quando si ha per
babbo un pittore?
II
L'entrata di Spinello Spinelli ai servigi di mastro Jacopo da Casentino
fece chiasso nella scuola. Egli era caduto là come un sasso in una
pozzanghera, facendo schizzare acqua e fango d'ogni parte. Sicuro,
anche fango. Certe acque non appaiono pulite se non quando e fino a
tanto son chete. Provatevi a rimestarle!
Nella bottega di mastro Jacopo erano cinque garzoni. Di quei cinque,
soli due potevano passare, ed essere considerati come speranze per
l'arte. Gli altri non promettevano nulla, e mastro Jacopo li adoperava a
mesticare i colori, a macinare le terrene sulla pietra, a far le imbasciate
della bottega, a portargli la cartella dei disegni e la scatola dei pennelli,
quando andava a lavorare fuori via.
Quei cinque lasagnoni, com'egli spesso usava chiamarli, con
dimestichezza punto piacevole a loro, si domandavano, Tuccio di Credi,
Lippo del Calzaiuolo, Parri della Quercia, Cristoforo Granacci e
Angiolino Lorenzetti, soprannominato il Chiacchiera. Nessuno di
costoro salì in eccellenza nell'arte del dipingere, quantunque due, come
vi ho detto, lo avrebbero potuto, cioè Parri della Quercia e Tuccio di
Credi. Ma il povero Parri della Quercia morì giovane, non lasciando
raccomandato il suo nome che ad una tavola di Santa Margherita, nella
chiesa cattedrale di Cortona; e Tuccio di Credi.... Quanto a Tuccio di
Credi, egli avrebbe fatto opera più degna, morendo lui, in luogo di Parri
della Quercia.
L'apparizione di Spinello Spinelli nella bottega di mastro Jacopo aveva
destato un vero baccano in mezzo a quei cinque fattori. In primo luogo
perchè nessuno sapeva che quel giovinottino elegante fosse un pittore.
Per esser riconosciuti pittori, a quel tempo, bisognava essere entrati
fanciulli ai servizi di un vecchio artista, aver macinata per qualche anno
la terra di Siena, aver fatto cuocere il travertino, di cui si faceva il
bianco per gli affreschi, e portata magari la zuppa al principale, quando
lavorava sui ponti, e non ismetteva per tutta la giornata, temendo
giustamente che gli avesse a seccare l'intonaco.
Un'altra cagione di meraviglia tra i cinque scolari di mastro Jacopo era
questa, che il nuovo venuto si presentava con un quaderno di tocchi in
penna, che diceva di aver fatti lui, senza preparazione di studi. Questo,
a dir vero, non significava nulla. Ognuno, a cui piaccia, può imbrattare
un foglio di carta e credere d'aver fatto un disegno. Ma il guaio era che
mastro Jacopo aveva lodati i disegni del nuovo venuto, proponendoli
come esempio ai vecchi della scuola.
--Ecco qua,--aveva detto, mettendo il rotolo dei fogli sotto il naso
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