urgean le voci lamentose,
vane sonanti pel vuoto
paese.
I NAVIGANTI.
Videro le Galee rider dal mare
oltre le Sirti Aurora, e cristallina
Morgana materiar palazzi ed are:
carche d'oro ad Ophir, d'argenti a
Cina,
d'issopo e mirra in Asia e di più rare
glossopetre a Zabarca,
alla marina
secreta dei miraggi a riposare
le carene fermâr. Cantar
l'Ondina
al ritmo lento del grave Oceano
udì 'l nocchiero e novellar di Fate,
mentre, ardito nel cuor più non umano,
sorgeva il desiderio
d'insperate
ebrietà di conquiste e d'un arcano
veleggiar per region'
non pria tentate.
E ancora e sempre veleggiò penando
l'acque dei Sogni audace la
Galea:
e ancora e sempre il cuor sale sperando
e arriva a te, Fatale
Madre e Dea.
LI ALCHIMISTI
«Già le bracie splendettero ai fornelli
della Grand'Arte e, pei silenzii
astrali,
sui piropi e i diaspri delli anelli
risonâr le parole augurali.
Crescemmo, nelle notti, li alberelli
dei dittami benigni e sulli strali
d'oro, perfuso il farmaco, li Uccelli
sacri alla Morte invocammo e i
Narvàli.
Li arcani del futuro le Comete
dicono ed ammonisce Ecate vaga;
di
sette stole induti, le secrete
virtù del cielo l'astrolabio indaga;
ma
cerchiam sempre e ancor brucia la sete
dell'Or che l'alambicco non
appaga.
E sempre e ancora pei cammini oscuri
del Mistero va e perdesi l'Idea:
e sempre e ancora claman li scongiuri
verso di te, Regina e Madre
e Dea.
LI AMANTI.
Acrasia c'invitava ai suoi festini
col gesto largo e le chiome fluenti:
sulle pergole d'oro dei giardini
s'accordavan li alati in bei concenti
ed al talamo intorno, i ribechini
trillavano nascosti. Oh labra ardenti
a suggere l'ambrosia dei divini
baci e blandizie e sospiri ed accenti!
Oh! bianchi fiori umani a voi a bere
chinâr, celestial eterna coppa,
Orgoglio, Nobiltà, Gloria, Dovere!
Ed Acrasia ingannò: sprona e
galoppa
Desio pei labirinti, che al corsiere,
oltre al Signor, siede
Illusione in groppa:
galoppa sempre a ricercar la fera
candida e trista e il troppo ardor lo
svia;
galoppa ancora e, nella notte nera,
bacia ingannato alla tua
bocca, Iddia.
I POETI.
Suonâr le note or meste ed or giulive
dentro alle fresche ombrie dei
verzieri,
d'amor cantando: poi le terre argive,
i bei Miti, le Dame e i
Cavalieri
Casmena ricordò: meditative
pensâr le rime, e li arditi
corsieri,
armi e tumulti, meschini e captive
squillò il Peana. Ed or
vani ed alteri
dell'eterno Ideal, rapiti araldi,
dell'Infinito l'armonia nel cuore
fremer sentiamo: a nulla li smeraldi
propizianti ed il febeo vigore
irraggian la cesarie: andiam spavaldi
a ricercare il Verbo dell'Amore.
Andiamo, ed il pensier, muto d'Incanti,
pei regni bui prosegue la tua
via:
non vivono, non palpitano i canti,
ma senton Te, fatale Madre e
Iddia.
I CAVALIERI DI GLORIANA.
Disse Gloriana, e via per le fiorite
rive suonò l'eloquio: stillò il vino
della Scienza alle patere forbite:
veggenti, tra i vapor' del belzuino,
splendeano intorno all'aule romite
le Sette Faci, poi, ch'oltre il
mattino,
si producean le veglie in sulle ardite
carte a luttar coi segni.
Ahimè! il cammino
sale la mente invan, fuorvia Ragione
per l'arduo insidiar dello Infinito:
e rammentiam dolenti la magione
grata diserta pria che al mago
invito
s'accendessero i cuori e che 'l paone
salutasse all'arrivo, erto
in sul lito.
Gloriana inganna e fa l'incantamenti
sotto ai lauri folti in sulla sera:
spiega il Verbo, ma nelli ammonimenti
Tu sola ghigni e irridi, Tu,
Chimera!
LA CHIMERA.
Più avanti, avanti ancora. I miei palazzi,
materiati in candidi vapori,
splendono: avanti: invitano ai sollazzi
del corpo e della mente, alli
splendori
della Gloria, ai Piaceri, ai Desii pazzi
Orgoglio e Vanità,
Vigilan l'ori
terrestri i Basilischi ed i topazzi
stanno nelli antri bui;
guarda i tesori
dell'acque Leviathan e nei muti
imperii dell'Atlantide i forzieri
s'ascondon delle perle ed alli acuti
scogli il corallo cresce. Cavalieri
date le vele al mar, canti ai venti,
baci alle donne ed anima ai
misteri!
Avanti a investigar e l'Uomo e Dio;
seguite me, fedeli, ch'io
ammonisco;
non germoglia l'elleboro nel mio
regno, da che Follia
servo e blandisco.
VIII.
E ancora e sempre avanti; e se i palagi
sfumano nelle nebbie, e se nel
mare
e tortuosi anfratti e cupe ambagi
si perdon nei profondi, e se
in sull'are
e di Gloria e d'Amor fuman le stragi
delle vittime illuse, e
il camminare
dalla Fonte allontana, e se i malvagi
mister' la Sfinge
impone a decifrare,
che importa? Or mai non regge più speranza;
parla a vuoto nell'isola
Gloriana:
stride al vento sirventa e romanza:
e il manto istoriato
della strana
Rabetna io spiego in contro alla Costanza,
come
vessillo per l'immensa piana.
E pur seguite me: argento ed ostro
son l'occhi miei bruciati e
splendenti:
son liriche i ruggiti: è il faro vostro
la vampa che esce
dalle fauci ardenti.
L'INTERMEZZO DELLA PRIMAVERA.
....... è primavera l'antica proscente che s'ammanta di fiori e di foglie a
nasconder le rughe, che sotto al peplo vermiglio l'ulcera ricopre e dalle
porte, dove amor si vende, ride ed inchina al passeggier e lo tenta e
raccomanda a lui la merce buona. Or su la gonna l'alza, o fanciulletto
cuore, e vedrai ciò ch'ha di sotto fiorito ed odoroso.
La meditazione al Cuore.
Oidon chelidona ne ton Eraklea ear hede.
A
LUDOVICO CAVALERI.
I.
Amore insidia dalla rosa e tace:
vanno i passeri a torno folleggiando
e bela l'agno all'agnella vicino,
cercando amore.
Amore insidia dalla rosa e tace:
van le cavalle e nitriscono pazze,
poi che
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