chiediamo il gaudio sovrumano
di soffrir, tra la porpora dei
letti,
smunte le guancie e l'iridi languenti,
sotto il bacio dei tuoi
fatali Eletti.
I CAVALIERI DI GLORIANA.
E noi ridiam di te, delle Chimere,
dei Sogni capziosi e delli Amori.
Correte illusi voi al Dio Piacere,
ai talami ingemmati, alli acri fiori
delle lascivie: audaci, usiam le altere
menti allo studio e a ricercar li
orrori
umani e a ravvivar alto il doppiere
veggente della Scienza. A
voi li allori
vani lasciammo e li inni. A simiglianza
del Cavalier poeta, che
implorava
alla Dama d'accoglier la romanza
benigna coll'onor della
Gualdana,
propiziate insana turba e schiava,
la triste forma della
Maga Oriana.
I SONETTI DI GLORIANA.
«......... optimum videtur»
Satyricon PETRONIUS.
I.
S'erge il trono di bronzo e stanno intorno
le tre pie suore intente a
salmodiare:
stringe la destra il bel calice, adorno
del liquore che fa
dimenticare.
Chi vi beve una volta, (oh il dolce giorno!)
le cure
scorda e le battaglie amare:
così il marino, nel grato soggiorno,
indugia e oblìa il dì del ritornare.
Sotto ai lauri folti ed alle olive
si raccolgon, nell'isola, i Sapienti
e
le dispute fan gravi e giulive:
ma, poi che è notte, (splendono li
argenti
delle stelle benigne,) in su le rive
aspettan la Sua vista
riverenti.
Ecco, la Fata augusta appare e incede:
e il nero corvo e l'occhiuto
paone
e il cane mansueto ed il leone
umilemente stan ritti al suo
piede.
II.
Libero il cuore e con l'acuta mente,
in cospetto delli astri almi ed
arcani
e del mar che si lagna dolcemente,
stanno ad udire i detti
sovrumani:
«Al calice attingeste e rettamente
«avete abbandonato i
desii vani
«cornuta la tiara del veggente
«v'onora la cesarie ed il
dimani.
«vi propizia l'anello di rubino.
«All'Arbore fatato vi nutrite,
«che
stilla incenso e mirra e belzuino:
«e, nell'aule chiuse, ampie e romite,
«lo spirito afferrate del divino
«Mondo, al vegliar delle coscienze
ardite.»
Poi benedice e le pupille chiare
rivolte al ciel, continua il sermone:
brillan li occhi alle penne del paone,
nella notte, e le perle alle tiare.
III.
«I ricchi mercatanti di Tangeri
«solean sul porto sedere a festino
«quando, al vespro, scioglievano i nocchieri
«le brune vele al presto
brigantino
«per varcar le Colonne. I bei coppieri,
«dall'anfore di
rame, mescevan vino
«intorno, ed i valletti i fichi neri
«e i datteri
inchinavano al triclino.
«Bevean, sotto le frangie di Palmira,
«i Signori le patere a diletto,
«ascoltando li arpeggi della lira,
«però che varca il marino lo stretto,
«Sirti sfidando e dei marosi l'ira,
«a ridur perle ed ambre e argento
eletto,
«Così suda lo schiavo e si percuote
«come il bove all'aratro e, nei
palagi,
«il Satrapo sorride e ascolta i Magi
«che fausto gli
oroscopan Boote.
IV.
«Quindi, vagare le galee vermiglie,
«(poi che la luna dalle eteree
porte
«sale,) io discerno ed adunar le Figlie
«insidiose dell'acque la
coorte.
«Giuocan danzando intorno esse alle chiglie
«e, coll'incanto,
ai regni della Morte
«già precedon l'armata; alte vigilie
«fa il
nocchier, ma non mutasi la sorte.
«Cantano le Sirene: Stan secreti,
«sotto gli arbori dalle poma d'oro,
«l'odorosi giacigli e fra i roseti
«il Castello s'aderge in bel lavoro:
«dentro alle sale inneggiano i Poeti
«e guida nuda Oriana e strofe e
coro.
«Così Morgana i suoi palazzi aderge
«e li orti freschi sull'equoreo
piano:
«infuria la procella non lontano
«e la captiva armata urta e
sommerge.»
V.
«Ma Oriana sta nelli ampi suoi verzieri,
«sul letto d'alabastro
orientale,
«e si riposa: al sen splendono i neri
«carbonchii e
all'anche il balteo d'opale
«e fra l'aroma delli incensieri,
«tubano le
colombe alte sull'ale
«e vigilan seduti i levrieri.
«Ora, alla notte,
destasi e fatale,
«il popolo dei suoi vaghi ella aduna:
«lascia il letto, il giardino, il
verde monte
«e scende al fiume al lume della luna.
«Son
lusinghiere danze sopra il ponte
«della nave dorata, ma la bruna
«corrente mette capo ad Acheronte.»
Scendono le parole colla fede
dei cavalieri al cuor come lustrale
acqua a purificare e in alto sale
la mente quando la Fata procede.
VI.
Ed ammonia: «Così io; dalla stanza
«mistica dei riposi, nel viaggio
«che ritorno non ha, non ha speranza,
«veggo penar l'illuso a
somiglianza
«d'Ellenora regina, eletta al Maggio,
«che non piega ed
irride alla romanza
«del Satirel rossigno ed al selvaggio
«ritmo del
Fauno nell'agreste danza.
«Galoppano i Baroni alla ventura,
«perseguendo la Gloria ed il
Piacere:
«brillano la divisa e l'armatura
«e caracolla il gajetto
destriere;
«però che, al nuovo sole, alla pastura
«dei biondi teschi
accorrà lo sparviere.»
Ciò insegnava Gloriana e i Cavalieri
Saggi assentian col gesto e col
dir forte:
«Non prevarranno i regni della Morte,
«ora che n'hai
svelato i lor misteri.»
A
FELICE CAMERONI.
I SONETTI DELLA CHIMERA.
E ton broton Kenodoxia eis ton apeiron pseudamene eri.
Somatos arrosian therapeuein techne, psyches de hiatros iatai Thanatos.
I.
Prostesa Ella fatale e sovrumana,
e curva ad arco la gran coda al
dorso,
le fauci aperse ed alla notte strana
sferrò fumo e faville: via
al soccorso
della sua implorar opera arcana
udiva e avvicinar,
rapida al corso,
pei deserti la lunga caravana.
Ella ghignò e
biancheggiâr nel morso
preste le zanne. «Aiuto!» nella nera
immensità si grida! «i bei flabelli
dei palmizii si schiantan: la bufera
soffia infuocata e soffoca i
camelli:
veniamo a te sperando;» E la Chimera:
«Sempre sperando
nel sogno, o Fratelli!»
Poi si rizzò, squassando le vellose
terga e le zampe in sulle arene
stese:
più forte
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