Il fallo duna donna onesta | Page 6

Enrico Castelnuovo
recasse tre o quattro lettere. Già la sua corrispondenza era stata
sempre attiva. Si manteneva in rapporti epistolari con antiche
compagne d'infanzia, maritate qua e là, con una vecchia zia che abitava
a Torino, con una signora inglese che veniva di quando in quando a
Venezia e che aveva preso a volerle bene; in fine, con vari amici che un
tempo frequentavano la sua casa e che le circostanze avevano
sbalestrati pel mondo.
Quell'autunno poi pareva che gli assenti si fossero messi d'accordo per
iscriverle più del solito.
Intanto la Maria di Reana, la quale non usava dar segni di vita che a
intervalli lunghissimi, spesso la tempestava delle sue epistole. Ai primi
ringraziamenti per aver cortesemente accolto il figliuolo erano successe
effusioni maggiori. Non sapeva più in qual modo esprimerle la sua
gratitudine dell'aver preso così a cuore le sue raccomandazioni;
dell'aver sacrificato una parte della sua villeggiatura per occuparsi di
quel bambinone di Guido; dell'esser riuscita così bene a distrarlo e a
confortarlo. Se avesse visto ciò che Guido scriveva di lei; come ne
esaltava la bontà, lo spirito, l'ingegno! Ella lo aveva proprio affascinato,
incantatrice!
E la Maria, tra il serio e il faceto, chiedeva l'ultimissima fotografia
dell'amica. Ne aveva una di due anni addietro, e a suo tempo ne aveva
mandato alla Teresa le più sincere congratulazioni. Si conservava
benissimo. Ma certo in questi due anni, doveva essere ancora abbellita
e ringiovanita! Meno male ch'ella era savia, d'una proverbiale saviezza,
e che Guido stava per imbarcarsi... Se no, chi sa quel che sarebbe
accaduto?
Questi scherzi, queste allusioni mettevano la Teresa di cattivo umore.
Ella supplicava Guido di nominarla meno che fosse possibile nelle sue
lettere alla famiglia, di moderare il suo entusiasmo, di non provocare da

sua madre quelle manifestazioni eccessive che la facevano arrossir di
vergogna. Dal canto suo, nel rispondere alla di Reana, ella gettava
acqua sul fuoco. Non badasse a quell'esagerato di Guido; ella non
aveva fatto nulla di straordinario per lui; non era neanche vero che gli
avesse sacrificato una parte della sua villeggiatura; la sua villa di
Mogliano era in fabbrica ed ella non sarebbe potuta andarvi sino alla
fine di ottobre. E non credesse poi che ci fosse voluto tanto a sradicar
dalla memoria del giovinotto la mala femmina di cui i di Reana
avevano un così grande sgomento; la ferita era bell'e rimarginata fin
dall'arrivo di Guido a Venezia e bisognava pur riconoscere che la sirena
non aveva tentato nulla per accalappiar nuovamente il suo merlo. In
quanto alla fotografia ultimissima che le si domandava, la Teresa
prometteva di spedirla quando se la fosse fatta fare; l'ultima era sempre
quella di due anni addietro, e a lei non pareva punto di essere abbellita
e ringiovanita in questi due anni.
«Troppa modestia», replicava la di Reana insistendo nel dare all'amica
tutto il merito della guarigione di Guido e ripetendo le espressioni
ammirative. E poichè la Teresa non diceva ancora di essersi rifatta la
fotografia, le si domandava addirittura l'originale. Vincesse la sua
pigrizia, e, se non la spaventava una casa con quattro figliuoli tra
maschi e femmine, andasse a passare il novembre colla sua vecchia
amica a Posilipo presso Napoli. Fosse colpa dei restauri o della visita di
Guido, era positivo che quell'anno ell'aveva sacrificata la sua
villeggiatura, e che ormai non avrebbe potuto goderne che nella
stagione meno propizia. Invece nel Mezzogiorno anche il novembre era
delizioso. Che impegni aveva ella a Venezia? Che difficoltà a fare una
corsa a Napoli? Forse le sarebbe stato agevole il trovar compagnia; ma
se pur non ne trovava, o che le signore non viaggiano anche sole? Non
hanno dei vagoni apposta per loro? La sua venuta sarebbe stata una
provvidenza per tutti quanti, per lei specialmente che, sebbene facesse
la donna forte, non poteva non esser di cattivo umore all'idea di non
dover rivedere il suo primogenito per tre anni.
Il curioso si è che, quasi contemporaneamente, la Teresa riceveva altri
due inviti; l'uno dalla zia di Torino, l'altro dall'amica inglese che
quell'anno non poteva venire in Italia e la sollecitava a traversar la

Manica.
Ella rispose a tutti ringraziando, senz'accettare nè rifiutare, deliberata
però a non andare in nessun luogo, e meno che mai dai Reana, ove le
accoglienze entusiastiche che le si preparavano le sarebbero parse
un'ironia o una profanazione.
Altro corrispondente della Teresa in quell'autunno era il conte Vergalli
in giro per l'Europa centrale. Da Monaco, da Beyreuth, da Vienna, da
Weimar, da Berlino, da Francoforte, da Dresda egli le comunicava le
sue impressioni, le discorreva delle gallerie viste e riviste, della musica
di Wagner, dei ricordi di Goethe, esprimendo il rammarico che una
donna così intelligente com'ella era non subisse il fascino dei viaggi.
Tuttavia egli si sarebbe preso l'impegno di farglieli amare se... Questi
puntini significanti che ricomparivano
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