Il Tenente dei Lancieri | Page 5

Gerolamo Rovetta
ragazzo, nè da uomo, ho
mai potuto farti perdere un solo dei tuoi vizi. Ti ho battuto, persino;
peggio che peggio! Non hai sentito nè l'amor proprio, nè le botte. Ma
non si deve andare avanti così. Guardami bene, e non mi far perdere la
bussola, e non farmi diventar matta. È un caso di dovere e di coscienza:
o accetti la mia proposta... o so io ciò che farò.
--Non ho paura nè di te, nè delle tue minacce, chiare o

tenebrose--rispose Giacomino con piglio arrogante.--Non ho paura di
nessuno, io!... ma visto e considerato che in casa mia sono trattato
come... come non mi piace, così... se la tua proposta è che io me ne
vada... me ne andrò.
Quel bel ragazzo non era mai stato tanto bello come in quel punto.
Pareva l'immagine artistica di David in atto di sfidare il Gigante.
La signora Maddalena gli disse seccamente che gli avrebbe pagato tutti
i debiti, a un patto: recarsi a Genova dal signor Rosasco, l'armatore, e
imbarcarsi: salute, forza e coraggio ne aveva. Col tempo e la volontà di
lavorare e di far bene poteva riuscire un buon capitano di mare.
Giacomo si sentì stringere il cuore: e il babbo così buono?... E
mademoiselle Fanny?... la piccola cavallerizza?... quella del ritratto?...
E i suoi fratelli, la sua casa? E Milano... la più bella città del mondo?...
Più, più, mai più! Ma pure il piccolo eroe rimase diritto, impassibile,
con una mano sul fianco, e rispose ancora con calma senza che i piccoli
baffettini biondi, tirati in su, tradissero un sol tremito delle labbra:
--Sta bene; e sono molto contento di andarmene. Magari oggi per non
aspettare domani.
La signora Maddalena lo guardò, poi volse gli occhi altrove. Meno del
ragazzo, si sentiva sicura di sè; e la sua voce, proprio la sua voce, era
alterata.
--Il signor Rosasco era un buon amico--andava dicendo, quasi per far
animo a lui e a se stessa.--In fin dei conti anche quella poteva essere
una bellissima carriera, forse la sua fortuna. Fosse stata un uomo lei!
Subito in mare! A Milano non c'è più posto per nessuno! C'è troppa
gente!
E concluse rabbonita, sorridendo per la prima volta, per la prima volta
insinuante, dispostissima a sentire la confessione di una somma
enorme:
--La cifra de' tuoi debiti? Dimmi tutto. Prima di partire pagherai.

--Venti o trenta lire, al giovine del sarto Martinenghi, che mi accomoda
gli abiti.
--Va bene, va bene; il più grosso, sentiamo il più grosso.
--Ventidue lire alla calzoleria inglese, per un paio di scarpe gialle, di
bulgaro.
--E poi? E poi?... Di' tutto. Hai la fortuna di avere una madre buona,
generosa e che, a tempo debito, sa anche perdonare. E poi?
Giacomino pensò, ripensò. Doveva confessare anche quel centinaio di
lire che gli aveva prestato il babbo e colle quali aveva comperato i fiori
e un frustino di tartaruga col pomo dorato e anche quel porta-sigarette
per regalare a mademoiselle Fanny? No; non lo doveva dire: non lo
poteva dire. Non voleva che il babbo fosse sgridato per lui, povero
babbo!
--E poi? Avanti.
--E poi--rispose forte e in fretta per finirla--un conto di cravatte, due o
tre paia di guanti e dodici lire alla confetteria di Santa Margherita.
--E altro?
La signora Maddalena, per quanto avara, pareva desiderasse, in quel
momento, che il figlio avesse un monte di debiti.
--Proprio nient'altro?--domandò con una strizzatina d'occhi
significante.--E... la signorina del ritratto?
--Questo è affar mio. Quanto ai miei debiti, se ti paion pochi, non posso
inventarne degli altri per farti piacere.
--Eh, eh! signorino!--Non le pare che ce ne sia abbastanza?
La signora Maddalena, a poco a poco riprendeva il sopravvento sulla
madre.

--Che cosa si può sperare, quando, sotto la mia educazione e col mio
esempio, uno scapestrato che non ha ancora vent'anni spreca un
mucchio di danaro per la gola, per la vanità, per fare il milordino? Io
posso vantarmi di non aver mai buttato via quattrini nè per la moda, nè
pei capricci, e non ho mai sciupato dodici lire dal pasticciere, avendo
da mangiare a casa mia.
Povero Giacomino! La signora Maddalena non poteva immaginarsi che
quelle dodici lirette erano state rosicchiate in tanti confetti dai candidi
dentini di mademoiselle Fanny.
--Dovrò partire, quando?--demandò il giovanotto, che voleva finirla;
anche per trovarsi solo ed essere padrone del suo dolore, per sfogarsi,
per piangere.
--Partirete... quando avrò la risposta del Rosasco: gli scrivo subito.
Andate.
Ma la signora Maddalena, anche questa volta, girò gli occhi per non
guardarlo in faccia.
--Sta bene--rispose Giacomino. Si avviò, poi tornò indietro.--Siamo
intesi: lo dirai tu al babbo... perché io... (sentì inumidirsi le palpebre),
perché io non gli dirò nulla--concluse arrogantemente, con un'alzata di
spalle. Si rizzò, s'inchinò e--uno, due, tre--se la battè con un colpo
secco dei tacchi.
--Siamo
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