l'elezione di lui è assicurata.
--Siete pazzo!--esclamò il Rosati mostrando con un gesto di ribrezzo
quanto ripugnavagli di vedere la principessa della Marsiliana in quel
luogo.
--Eppure è l'unico mezzo,--diceva l'oste senza alterarsi, scrollando la
bella testa mansueta.--È l'unico mezzo!
--Ma ora è tardi.
--No; lei corra a casa dal principe, gli riferisca questo suggerimento
mio, e gli dica che se non viene la principessa è inutile che venga
neppur lui.
Fabio Rosati stette un momento pensoso, con gli occhi fissi per terra,
poi stendendo la mano al sor Domenico gli disse:
--Credo che abbiate ragione;--e senza salutare nessuno risalì in botte e
si fece condurre al palazzo del principe della Marsiliana. Nel passare
sotto la porta carrozzabile per entrare nel cortile, Fabio domandava al
guardaportone alto, solenne e tutto tronfio di portare la livrea della
antica casa principesca, se Sua Eccellenza era tornata.
Il guardaportone, senza aprir bocca, brandi la mazza con gesto da re di
corona e accennò al Rosati il _phaéton_ attaccato che aspettava il
principe, e quindi riposò in terra la mazza e riprese a guardare con
occhio sprezzante la gente che passava a piedi.
Fabio salì di corsa le scale. Giunto nell'anticamera nella quale il trono,
formato di arazzi portanti lo stemma della famiglia nel centro e le
imprese del celebre cardinal Urbani, sulla parte laterale, occupava tutta
una parete, si fermò e disse al servitore di guardia di annunziarlo, e
senza aver la pazienza di attendere la risposta, si mise alle calcagna di
lui per l'ampia galleria, nella quale tutto un passato di deità olimpiche e
d'imperatori romani parevano schierati per far gli onori a chi passava.
Fabio non volse neppure uno sguardo su quei marmi preziosi; il suo
occhio grande e dolce pareva che non provasse il bisogno di guardare
nulla di ciò che lo circondava, che non ubbidisse a nessuna curiosità.
Eppure era la prima volta che entrava in casa Urbani, o almeno in
quella parte del palazzo riservata alla famiglia, poichè il principe aveva
al pianterreno due stanze che guardavano sul Corso e nelle quali
riceveva la mattina tutte le persone che non erano presentate alla
principessa. Fabio Rosati, segretario di una quantità di comitati, nei
quali figurava il nome del principe della Marsiliana, e anche del
Circolo dei Cittadini di cui don Pio era presidente, aveva
frequentissime occasioni di avvicinarlo. Svelto, intelligente, benchè
privo affatto di cultura, rispettoso senza cortigianeria, e sopratutto
buono e abile, Fabio era riuscito a conquistare l'animo di molti patrizii
romani, e specialmente di don Pio, il quale ora aveva rimesso nelle
mani di lui l'esito della sua elezione a deputato.
Il servo si fermò in fondo alla galleria, dinanzi a una porta grigia tutta
coperta di dorature, e bussò leggermente. Il cameriere di fiducia del
principe, un francese sbarbato, con gli occhiali che davano alla sua
fisonomia l'aspetto di prete, comparve sull'uscio, e vedendo Fabio, che
conosceva, lo pregò di entrare in un salottino precedente la camera del
principe.
Don Pio, appena udita la voce di Fabio, gli andò incontro e gli strinse
cordialmente la mano.
--Grazie di essermi venuto a prendere,--disse al Rosati.--Mi annoiava di
giunger solo in mezzo a tutta quella gente.
--Non vengo per questo,--rispose Fabio guardando in terra e non
sapendo come riferire al principe le parole del sor Domenico. Dacchè
era entrato nel palazzo sentiva maggiormente tutta la stranezza della
proposta che doveva fare, e non aveva il coraggio di esprimerla.
--Occorrono altre somme per le spese elettorali?--domandò il
principe.--Me lo dica francamente; so quanto bevono gli elettori romani,
e nulla mi stupisce.
--No, no; ho ancora qualche migliaio di lire,--disse il Rosati
sorridendo.--Si tratta di una cosa molto più difficile a dirsi.
--Me la dica subito,--insistè il principe senza turbarsi;--sono preparato a
tutto.
--Senta, il sor Domenico, l'oste di Muzio Scevola, dice che se stasera
non viene la principessa insieme con lei, i voti del Trastevere le saranno
per la massima parte negati.
Il principe sorrise mettendosi il monocolo all'occhio sinistro, e guardò
fisso il Rosati dicendo:
--È una condizione curiosa e non so se donna Camilla l'accetterà;
tenterò. Ma l'ora è passata già,--aggiunse il principe guardando una
piccola pendola di smalto posata sopra la scrivania;--lei vada a far
pazientare chi mi aspetta, io cercherò d'indurre la principessa a venir
meco.--E accompagnando il Rosati nella galleria, don Pio penetrò nel
salottino di sua moglie, e appena passata la soglia di quella stanza sparì
dal volto di lui tutta l'espressione di dolce bonarietà, che aveva durante
la conversazione col Rosati.
La principessa nel vedere il marito si alzò e fece cenno a due monache
di Santa Rufina, che erano sedute in faccia a lei, di lasciarla.
--Che cosa vuoi?--domandò la piccola signora al marito con voce
leggermente nasale, andando verso lui dopo aver accompagnato
all'uscio le suore.
--Sai che io voglio in
Continue reading on your phone by scaning this QR Code
Tip: The current page has been bookmarked automatically. If you wish to continue reading later, just open the
Dertz Homepage, and click on the 'continue reading' link at the bottom of the page.