e che
eternità quell'intervallo!
Avvertii un lieve romore: poi il silenzio proseguì dovunque.
--Lidia!--dissi ponendo la mano alla gruccetta dell'uscio.
--Avanti!--rispose con voce soffocata.
Apersi l'uscio e guardai.
Lidia, in accappatojo, coi capelli sciolti, aspettava in piedi presso una
poltrona. Da una tavola sotto la finestra, una lampada alquanto attutita
dal paralume a smeriglio, sprigionava luce blanda, quasi pulviscolo
azzurrato, che veniva a stendersi sui capelli, sulla fronte, sulle guance
di Lidia e le dava una stanchezza, come dopo il ballo, al sorger dell'alba.
L'atteggiamento della giovane denotava un'apprensione vivissima,
tradita pure dal respiro precipitoso che le agitava il seno.
--Non ti sei coricata?--domandai, mentre avanzavo richiudendomi
l'uscio dietro le spalle.
Lidia fe' cenno di no colla testa.
--Hai avuto paura?--dimandai di nuovo, prendendole una mano.
Lidia fe' cenno di sì.
Mi sedetti sulla poltrona a cui ella era appoggiata, e tenendo tutt'e due
le mani di Lidia, attrassi la fanciulla sulle mie ginocchia.
--Vediamo,--dissi, posandole le labbra sulle labbra caldissime ed
immobili.--Io son desolato d'essere costretto a disturbarti; ma non
prevedevo di trovarti ancora alzata. Volevo semplicemente augurarti la
buona notte. Sorridi?... Non bisogna dubitare delle mie
parole,--aggiunsi, mentre mi scoprivo a sorridere io pure.
Noi, così seduti, avevamo la tavola colla lucerna alle spalle e di fronte
il letto; il letto sui guanciali serbava l'impronta della testa di Lidia e le
coperte apparivano già rimosse. Evidentemente, Lidia s'era coricata, e
vinta a un tratto da un'impazienza nervosa, aveva dovuto alzarsi.
La fanciulla afferrò il mio sguardo, arrossì, e rise lievemente.
--Questa paura!--continuai.--Non t'ha lasciata riposare? Ma di che cosa
hai paura? Di me?--
Le presi la testa fra le mani e l'obbligai a guardarmi; i suoi occhi azzurri
continuavano a ridere sì piacevolmente, ch'io li avvicinai e li baciai
senza aspettare la risposta. Finalmente, le labbra di Lidia si mossero a
restituirmi il bacio. Il sistema, come il più semplice, era dunque anche
il migliore.
--Di me, no, senza dubbio,--ripresi.--Non rispondi?
--Di te, no, senza dubbio,--ripetè Lidia a voce bassa.
--Grazie. Ma allora, non capisco più nulla!
Lidia abbassò la testa, guardando la mia gardenia, un po' ingiallita. Io
sentiva il profumo del fiore levarsi dalla massa bionda dei capelli di
Lidia, dall'accappatojo, dalle braccia un po' scoperte, dal busto senza
fascetta, che mi s'appoggiava contro, in una perspicuità di linee assai
tormentosa. Presi la gardenia e tentai di collocarla sul petto della
fanciulla; ma non appena allungai la mano, Lidia portò le proprie,
arrossendo, sopra i ganci che le chiudevan l'accappatojo fino al collo. Il
sistema non era dunque il migliore.
--Perchè non hai fatta accendere la lucerna da veglia?--chiesi, tornando
a infilare il fiore nell'occhiello.
--Non ci ho pensato,--rispose Lidia.--Vuoi accenderla tu?
S'io mi fossi alzato, Lidia avrebbe preso il mio posto ed avrei perduta
una strategica posizione.
--Accendila tu!--ripetè Lidia.
La mia considerazione rapida doveva essere stata fatta anche da Lidia.
Ella si levò dalle mie ginocchia e rimase in piedi presso il letto; nel
mentre abbassavo e accendevo la lucerna, Lidia non si ricordò di
sostituirmi nella poltrona; mi guardava impacciata, colla mano destra
sul guanciale.
--Ora c'è troppa luce,--disse.
M'avvicinai alla tavola e posi innanzi a quella lucerna una specie di
ventaglio roseo, che mutò sùbito la luce viva in altra delicatissima.
L'accappatojo di Lidia prendeva una tinta deliziosa, difficile a
riprodursi, che pareva gradazione di due colori soavi compenetrati.
Rimasi un istante a gustare il quadro. Lidia continuava a guardarmi coi
grandi occhi turchini.
M'accorgevo che se avessi ceduto alla mia volontà, invece di riprendere
il posto nella poltrona, come feci, avrei abbracciata Lidia e l'avrei
atterrita coll'irruenza d'un amore represso e rattenuto per due anni.
--Non ti senti stanca?--le chiesi, senza pregarla d'avvicinarsi.--Vuoi
coricarti? È passata la mezzanotte.
La fanciulla girò la testa intorno, come cercasse un angolo discreto.
--Io me ne andrò,--aggiunsi.--Vuoi?
--Sì,--rispose Lidia, movendosi per aprirmi l'uscio.
Quando fummo sulla soglia, ella tradì una fuggevolissima esitazione,
come ogni volta respingeva un pensiero malagevole ad enunciarsi.
--Io aspetto qui in sala.... Volevi dirmi?
--Volevo dirti questo, appunto,--ella confessò. E per nascondere il suo
turbamento, si ricoverò fra le mie braccia.
Provai tale un'impressione di tutto il suo corpo sul mio, tale una
vertigine di piacere, che dovetti ricordarmi il proposito di non fare
un'invasione da barbaro,--per resistere all'agitazione di prender Lidia e
portarla sul letto e spogliarla io. Non dubitando del cimento al quale mi
sottoponeva, Lidia rispose a un tratto al mio bacio e mi circondò delle
braccia il collo.
--Sei molto pallido,--osservò, mentre si staccava.--Non ti senti male?
--No, cara. Ho la camera zeppa di fiori; deve essere il profumo che
m'ha alterato un istante.
--Dev'essere il profumo!--ripetè Lidia chiudendo l'uscio e
accompagnando il gesto con un grazioso saluto del capo.
--«Sì, il profumo,--pensai.--Ma quale?»
Il salotto era oscuro; ciò mi servì di pretesto per accomodarmi su una
sedia vicinissima
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