Il Designato | Page 7

Luciano Zuccoli
labbra caldissime ed immobili.--Io son desolato d'essere costretto a disturbarti; ma non prevedevo di trovarti ancora alzata. Volevo semplicemente augurarti la buona notte. Sorridi?... Non bisogna dubitare delle mie parole,--aggiunsi, mentre mi scoprivo a sorridere io pure.
Noi, così seduti, avevamo la tavola colla lucerna alle spalle e di fronte il letto; il letto sui guanciali serbava l'impronta della testa di Lidia e le coperte apparivano già rimosse. Evidentemente, Lidia s'era coricata, e vinta a un tratto da un'impazienza nervosa, aveva dovuto alzarsi.
La fanciulla afferrò il mio sguardo, arrossì, e rise lievemente.
--Questa paura!--continuai.--Non t'ha lasciata riposare? Ma di che cosa hai paura? Di me?--
Le presi la testa fra le mani e l'obbligai a guardarmi; i suoi occhi azzurri continuavano a ridere sì piacevolmente, ch'io li avvicinai e li baciai senza aspettare la risposta. Finalmente, le labbra di Lidia si mossero a restituirmi il bacio. Il sistema, come il più semplice, era dunque anche il migliore.
--Di me, no, senza dubbio,--ripresi.--Non rispondi?
--Di te, no, senza dubbio,--ripetè Lidia a voce bassa.
--Grazie. Ma allora, non capisco più nulla!
Lidia abbassò la testa, guardando la mia gardenia, un po' ingiallita. Io sentiva il profumo del fiore levarsi dalla massa bionda dei capelli di Lidia, dall'accappatojo, dalle braccia un po' scoperte, dal busto senza fascetta, che mi s'appoggiava contro, in una perspicuità di linee assai tormentosa. Presi la gardenia e tentai di collocarla sul petto della fanciulla; ma non appena allungai la mano, Lidia portò le proprie, arrossendo, sopra i ganci che le chiudevan l'accappatojo fino al collo. Il sistema non era dunque il migliore.
--Perchè non hai fatta accendere la lucerna da veglia?--chiesi, tornando a infilare il fiore nell'occhiello.
--Non ci ho pensato,--rispose Lidia.--Vuoi accenderla tu?
S'io mi fossi alzato, Lidia avrebbe preso il mio posto ed avrei perduta una strategica posizione.
--Accendila tu!--ripetè Lidia.
La mia considerazione rapida doveva essere stata fatta anche da Lidia. Ella si levò dalle mie ginocchia e rimase in piedi presso il letto; nel mentre abbassavo e accendevo la lucerna, Lidia non si ricordò di sostituirmi nella poltrona; mi guardava impacciata, colla mano destra sul guanciale.
--Ora c'è troppa luce,--disse.
M'avvicinai alla tavola e posi innanzi a quella lucerna una specie di ventaglio roseo, che mutò sùbito la luce viva in altra delicatissima. L'accappatojo di Lidia prendeva una tinta deliziosa, difficile a riprodursi, che pareva gradazione di due colori soavi compenetrati. Rimasi un istante a gustare il quadro. Lidia continuava a guardarmi coi grandi occhi turchini.
M'accorgevo che se avessi ceduto alla mia volontà, invece di riprendere il posto nella poltrona, come feci, avrei abbracciata Lidia e l'avrei atterrita coll'irruenza d'un amore represso e rattenuto per due anni.
--Non ti senti stanca?--le chiesi, senza pregarla d'avvicinarsi.--Vuoi coricarti? è passata la mezzanotte.
La fanciulla girò la testa intorno, come cercasse un angolo discreto.
--Io me ne andrò,--aggiunsi.--Vuoi?
--Sì,--rispose Lidia, movendosi per aprirmi l'uscio.
Quando fummo sulla soglia, ella tradì una fuggevolissima esitazione, come ogni volta respingeva un pensiero malagevole ad enunciarsi.
--Io aspetto qui in sala.... Volevi dirmi?
--Volevo dirti questo, appunto,--ella confessò. E per nascondere il suo turbamento, si ricoverò fra le mie braccia.
Provai tale un'impressione di tutto il suo corpo sul mio, tale una vertigine di piacere, che dovetti ricordarmi il proposito di non fare un'invasione da barbaro,--per resistere all'agitazione di prender Lidia e portarla sul letto e spogliarla io. Non dubitando del cimento al quale mi sottoponeva, Lidia rispose a un tratto al mio bacio e mi circondò delle braccia il collo.
--Sei molto pallido,--osservò, mentre si staccava.--Non ti senti male?
--No, cara. Ho la camera zeppa di fiori; deve essere il profumo che m'ha alterato un istante.
--Dev'essere il profumo!--ripetè Lidia chiudendo l'uscio e accompagnando il gesto con un grazioso saluto del capo.
--?Sì, il profumo,--pensai.--Ma quale??
Il salotto era oscuro; ciò mi servì di pretesto per accomodarmi su una sedia vicinissima all'uscio.
Io udiva così Lidia muoversi nella sua camera; il fruscìo dell'accappatojo sciolto e cadutole ai piedi, facendole cerchio, e dell'accappatojo raccolto su una sedia; lo scricchiolìo del letto che accoglieva il corpo leggiero; un fievole colpo di tosse.
--Sergio!--chiamò la voce di Lidia.
Non so perchè, l'essersi ella coricata diede ad entrambi maggiore sicurezza. Lidia medesima sorrideva, guardandomi rientrare, sebbene si fosse accuratamente volte intorno le coperte fino al collo; aveva spinta la poltrona accanto al letto.
--Il mio posto?--domandai, restando in piedi.
--Il tuo posto è lì,--ella rispose accennandomi cogli occhi la poltrona.
--Ma qui avrò freddo!--mormorai.
--Nel mese di giugno!--esclamò Lidia.--Prova.
--Proviamo.
Il posto non era brutto, sebbene non fosse il migliore. La testa di Lidia circondata,--aureola giovanile,--dai capelli biondi, gli occhi vividi, e quell'indefinita sola bianchezza della carnagione, propria dell'età più bella, m'apparivano ben lumeggiati, precisi. L'astuzia d'avvolgersi diligentemente nelle coperte, dovuta al pudore, non aveva sortito il suo effetto, perchè le forme di Lidia si determinavano con procace evidenza e se la fanciulla non fosse stata volta sul fianco, le coltri sottili avrebbero delineato anche il seno.
--Sarebbe possibile,--dissi,--baciare una tua manina?
--Possibile,--rispose Lidia, sporgendo la mano destra con un sorriso.
La breve
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