Il Comento alla Divina Commedia, e gli altri scritti intorno a Dante, vol. 1 | Page 4

Giovanni Boccaccio
con assiduo
studio pervenne a conoscere della divina essenzia e dell'altre separate
intelligenzie quello che per umano ingegno qui se ne può comprendere.

E cosí come in varie etadi varie scienze furono da lui conosciute
studiando, cosí in vari studi sotto vari dottori le comprese.
Egli li primi inizi, sí come di sopra è dichiarato, prese nella propia
patria, e di quella, sí come a luogo piú fertile di tal cibo, n'andò a
Bologna; e giá vicino alla sua vecchiezza n'andò a Parigi, dove, con
tanta gloria di sé, disputando, piú volte mostrò l'altezza del suo ingegno,
che ancora, narrandosi, se ne maravigliano gli uditori. E di tanti e sí
fatti studi non ingiustamente meritò altissimi titoli: percioché alcuni il
chiamarono sempre «poeta», altri «filosofo» e molti «teologo», mentre
visse. Ma, percioché tanto è la vittoria piú gloriosa al vincitore, quanto
le forze del vinto sono state maggiori, giudico esser convenevole
dimostrare, di come fluttuoso e tempestoso mare costui, gittato ora in
qua ora in lá, vincendo l'onde parimente e' venti contrari, pervenisse al
salutevole porto de' chiarissimi titoli giá narrati.

IV
IMPEDIMENTI AVUTI DA DANTE AGLI STUDI
Gli studi generalmente sogliono solitudine e rimozione di sollecitudine
e tranquillitá d'animo disiderare, e massimamente gli speculativi, a'
quali il nostro Dante, sí come mostrato è, si diede tutto. In luogo della
quale rimozione e quiete, quasi dallo inizio della sua vita infino
all'ultimo della morte, Dante ebbe fierissima e importabile passione
d'amore, moglie, cura familiare e publica, esilio e povertá; l'altre
lasciando piú particulari, le quali di necessitá queste si traggon dietro:
le quali, accioché piú appaia della loro gravezza, partitamente
convenevole giudico di spiegarle.

V
AMORE PER BEATRICE
Nel tempo nel quale la dolcezza del cielo riveste de' suoi ornamenti la

terra, e tutta per la varietá de' fiori mescolati fra le verdi frondi la fa
ridente, era usanza della nostra cittá, e degli uomini e delle donne, nelle
loro contrade ciascuno in distinte compagnie festeggiare; per la qual
cosa, infra gli altri per avventura, Folco Portinari, uomo assai orrevole
in que' tempi tra' cittadini, il primo dí di maggio aveva i circustanti
vicini raccolti nella propia casa a festeggiare, infra li quali era il giá
nominato Alighieri. Al quale, sí come i fanciulli piccoli, e spezialmente
a' luoghi festevoli, sogliono li padri seguire, Dante, il cui nono anno
non era ancora finito, seguito avea; e quivi mescolato tra gli altri della
sua etá, de' quali cosí maschi come femmine erano molti nella casa del
festeggiante, servite le prime mense, di ciò che la sua picciola etá
poteva operare, puerilmente si diede con gli altri a trastullare.
Era intra la turba de' giovinetti una figliuola del sopradetto Folco, il cui
nome era Bice, comeché egli sempre dal suo primitivo, cioè Beatrice, la
nominasse, la cui etá era forse d'otto anni, leggiadretta assai secondo la
sua fanciullezza, e ne' suoi atti gentilesca e piacevole molto, con
costumi e con parole assai piú gravi e modeste che il suo picciolo
tempo non richiedea; e, oltre a questo, aveva le fattezze del viso dilicate
molto e ottimamente disposte, e piene, oltre alla bellezza, di tanta
onesta vaghezza, che quasi una angioletta era reputata da molti. Costei
adunque, tale quale io la disegno, o forse assai piú bella, apparve in
questa festa, non credo primamente, ma prima possente ad innamorare,
agli occhi del nostro Dante: il quale, ancoraché fanciul fosse, con tanta
affezione la bella imagine di lei ricevette nel cuore, che da quel giorno
innanzi, mai, mentre visse, non se ne dipartí. Quale ora questa si fosse,
niuno il sa; ma, o conformitá di complessioni o di costumi o speziale
influenzia del cielo che in ciò operasse, o, sí come noi per esperienza
veggiamo nelle feste, per la dolcezza de' suoni, per la generale
allegrezza, per la dilicatezza de' cibi e de' vini, gli animi eziandio degli
uomini maturi, non che de' giovinetti, ampliarsi e divenire atti a poter
essere leggiermente presi da qualunque cosa che piace; è certo questo
esserne divenuto, cioè Dante nella sua pargoletta etá fatto d'amore
ferventissimo servidore. Ma, lasciando stare il ragionare de' puerili
accidenti, dico che con l'etá multiplicarono l'amorose fiamme, in tanto
che niun'altra cosa gli era piacere o riposo o conforto, se non il vedere
costei. Per la qual cosa, ogni altro affare lasciandone, sollecitissimo

andava lá dovunque credeva potere vederla, quasi del viso o degli occhi
di lei dovesse attignere ogni suo bene e intera consolazione.
Oh insensato giudicio degli amanti! chi altri che essi estimerebbe per
aggiugnimento di stipa fare le fiamme minori? Quanti e quali fossero li
pensieri, li sospiri, le lagrime e l'altre passioni gravissime poi in piú
provetta etá da lui sostenute per questo amore, egli medesimo in parte il
dimostra nella sua Vita nova, e però piú distesamente non curo
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