Igiene dei piaceri secondo le età, i temperamenti e le stagioni | Page 8

Auguste Debay
nodo alla gola.
Il vile, vedendola intenerirsi, non pose tempo in mezzo, e disse
estraendosi da tasca una rivoltella:
«Signora, scegliete: o firmate o mi uccido ai vostri piedi.»
La misera moglie, impietosita, fattasi forte, prese la penna, e già stava
per mettere il suo nome, quando, vedendo la faccia inferocita del marito,
fu presa da un tremito convulso, e la penna le cascò di mano.

Il marito, male interpretando tale atto, fu acciecato dallo sdegno, e
gridò: «Ah! voi volete il mio disonore!.... Ebbene non avrete questa
soddisfazione. Voi non mi vedrete più.» E si slanciò verso l'uscio.
Eugenia l'afferrò, e voleva trattenerlo, ma egli con una spinta brutale la
fece rotolare sul pavimento e fuggì. Disgraziatamente, battendo del
capo contro uno spigolo, si fece una larga ferita; alla vista del sangue
mandò un debole grido e svenne.
Quando ritornò in sè era debolissima. Per fortuna un grumo di sangue
aveva arrestato l'emorragia. Pure ebbe la forza di alzarsi, di lavare il
pavimento, di pulirsi i capelli e il viso per nascondere la brutalità di suo
marito. Aveva appena finito quando entrò suo padre, che tutto accorato
le domandò se era successo qualcosa di grave avendo veduto
Horimonte tutto stralunato ed agitato.
«Nulla padre mio.» Ma un secondo svenimento sconfessò la risposta.
La ferita si riaperse, ed il sangue usci di nuovo. La fantesca corse pel
medico, e dieci minuti dopo entrò con esso. Dopo aver fatto rinvenire
Eugenia medicò la ferita, ed assicurò il padre sulla poca gravezza di
questa, dicendo che dopo un po' di giorni sarebbe stata completamente
rimarginata. Andato che fu il medico, il padre volle sapere la causa di
quella ferita. Ella cercò di scusarsi dicendo che era caduta
accidentalmente; ma il buon genitore, che già sospettava di qualche
cosa, insistè cosi amorevolmente che Eugenia tutto gli confessò. Il
padre la lodò della sua rassegnazione e ringraziò Iddio di avergli
concesso una figlia sì buona, dotata di un carattere così generoso,
poscia soggiunse:
«Fin troppo, figlia mia, hai sopportato i legami di quell'uomo brutale;
ora questi saranno rotti per sempre, e tu vivrai ancora in grembo alla
tua famiglia come quando eri zitella.»
E infatti il giorno istesso lasciò questa casa testimone di sì acerbi dolori
e visse tranquilla vicina ai suoi genitori. Quel po' d'affetto che ancora
restavale dell'immenso amore di quello sciagurato ben presto sfumò, e
subentrò l'indignazione, ed ebbe la forza, acconsentendo alle preghiere
del padre, di domandare una legittima separazione.

Dopo tre mesi però, dacchè Horimonte era fuggito, ella ricevette una
lettera da lui scritta, nella quale egli domandava mille perdoni alla
moglie, e la supplicava di riceverlo ancora sotto il tetto coniugale.
Inutile dire che questa domanda fu lasciata senza risposta. Egli fu così
vile da scriverne un'altra alla quale rispose il padre d'Eugenia in questi
termini:
«I legami che esistevano un tempo tra mia figlia e voi sono oramai rotti
per sempre. Noi ne abbiamo fatto il solenne giuramento. Tra poco la
legge pronuncierà il suo voto. La vostra brutale e codarda condotta ci
ha spinti a questo passo. Non cercate di rivederci. Per noi non dovete
esistere sulla terra.
Questa lettera laconica, e pur tanto espressiva, esaspirò il nostro
bellimbusto. Mai non avrebbe pensato che sua moglie così timida
avesse avuta tanta forza d'energia. Invano scrisse ancora, intromise
terze persone; padre e figlia furono irremovibili.
Allora disperato, vedendo che nulla poteva ottenere colle buone,
bestemmiò, imprecò e giunse persino a scrivere una lettera piena di
minaccie ad Eugenia.
Ma questo atto gli costò caro, perchè un agente di polizia s'incaricò di
portargli la risposta, e fu una risposta amara amara. Dovette umiliarsi a
chiedere perdono all'agente, dichiarando di conoscere la sua mancanza
e di andare tanto lontano di maniera che i signori D.... più non udissero
parlare di lui.
Ed infatti quel codardo non solo abbandonò la città ma esule volontario
andò a finire tra la rabbia ed il dolore i suoi giorni in estraneo paese.
Eccovi, o genitori e giovanette, un esempio atroce, ma pur veritiero dei
danni che avvengono per una scelta fatta con troppa leggierezza o per
capriccio.

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CAPITOLO V.

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PARTE PRIMA.
*Il matrimonio ed suoi piaceri.*
Il matrimonio dovrebbe essere l'unione di due cuori, di due anime che
si comprendono a vicenda, che a vicenda si amano. Dovrebbe essere
l'unione di due esseri di sesso diverso che si propongono di condividere
le gioie ed i dolori della vita. Il fine del matrimonio è di perpetuare
legittimamente l'umana specie. Due esseri che si amano desiderano
adrentemente quest'unione che per sempre li congiunge con una catena
dorata, che assimila le loro inclinazioni, le simpatie loro e la loro
moralità. E infatti, come è sufficientemente dimostrato nel precedente
racconto, questa dote è indispensabile per rendere un matrimonio felice.
Tanto le gioie quanto i dolori poi
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