I moribondi del Palazzo Carignano | Page 4

Ferdinando Petruccelli della Gattina
Calabria o
della Sicilia, un bravo diavolo che abbia sempre considerato un
ministro come un essere soprannaturale, mettetemi codesto sere negli
artigli di un ministro scaltro, come Peruzzi, per esempio: questo
ministro lo volgerà, lo rivolgerà, l'ammalierà, quel suo intrattabile
deputato dell'estrema sinistra, il quale tornerà via dalla sua visita al
ministro abbacinato, cangiato, mistificato, dicendosi nella sua
coscienza: «ma non sono poi mica sì tristi questi signori!»
Io non dico nulla come mai questo povero deputato, questo povero
Adamo sotto l'albero della scienza! debba sentirsi rimescolato se ha il
padre, il fratello, un parente qualunque, a cui s'interessi, preso nel
vischio del budget. Il ministro lo sa: egli ha anzi perfino la bontà feroce
di domandarne notizia, non importa che non l'abbia mai veduto,
d'informarsi se colui è contento del suo destino. Il povero deputato
dell'opposizione, che smaltisce giusto un prossimo discorso contro una
legge di quel ministro, preferirebbe il posto di S. Lorenzo sulla
graticola. Ora in tutta la Camera non vi sono venti deputati i quali non
abbiano, direttamente o indirettamente, per mezzo dei loro parenti, un
punto di contratto col bilancio. Un ministro abile, che sapesse il suo M.
Guizot a menadito, darebbe all'Europa il singolare spettacolo di un
Parlamento senza opposizione, proprio come quello di Parigi, ovvero
sgraverebbe il budget di parecchi milioni. E basterebbe dire: «Signor
deputato, ella è uomo indipendente poichè siede alla sinistra; ora, come
il pubblico maligno potria sospettar del disinteresse della S. S., io le
vengo in ajuto. Ella è funzionario; il padre di lei è ricevitor generale,
magistrato, il fratello di lei è prefetto: io li metto in disponibilità!» Eh!
credete voi che gli eroi piovano sui banchi della sinistra, in presenza di
un discorso così eloquente del ministro Cordova, per esempio, che è di
taglia da farlo?
--Malanno! considera mia moglie: al postutto si ha un cuore da
disponibilità? Perdere dodici o quindicimila lire l'anno?...
--Non è vero, signora? soggiunge il mio vicino. Ebbene, nè i parenti, nè

gli amici, nè gli elettori si curano di tutto ciò. Essi desiderano tutti un
deputato libero, indipendente.... che domandi e riceva dei piccoli
servigi dai ministri e che faccia tutti i loro affari! Ed ecco sotto qual
fuoco incrociato mettono ogni mattina il povero deputato quindici o
venti lettere che gli capitano da tutti gli angoli d'Italia.
--Ma voi volete dunque che un deputato diventi un misantropo? sclama
con calore mia moglie.
--Nient'affatto, signora, riprende il mio vicino. Dio me ne guardi! Ma
allora perchè si fischia a Napoli il Pisanelli, si dà una berlina al Vacca e
si maldice del Massari! Ma usciamo dalle residenze dei ministri e
ritorniamo alla Camera. Bisogna leggere i giornali.
--Ah! non direte poi che non è lusinghiero di trovare il suo nome, i suoi
discorsi, le sue opinioni lodate o discusse in tutti i giornali! dice mia
moglie. Non direte che non sia questo, poi, un confortevole compenso.
--Peste e ruina ai giornali, signora! grida il mio vicino furioso.
Francamente, se coloro che leggono il conto-reso delle nostre sedute
nei giornali, non si dicono poi che il Parlamento italiano è la più
completa riunione d'idioti, bisogna confessarlo, il senso comune non è
più di questo mondo. I giornali contrari ci sfregiano a disegno, onde
farci sembrare ridicoli: i giornali amici, per balordaggine, per ignoranza.
Ci si cacciano in bocca delle enormità, delle stolidezze, dei controsensi
a dar l'itterizia. Persuadetevene, signora, il vero quarto d'ora di
Rabelais, del povero deputato, è quello appunto in cui legge il conto
reso del suo discorso. Quello è il suo Golgota!
--Ma! che volete voi al postutto che un giornale vi dia per un soldo!
domanda mia moglie.
--Proprio nulla, signora, replica il mio vicino. Ciò sarebbe più
economico! I dispacci telegrafici bastano. Ma continuiamo la nostra
giornata. Ed io vi fo grazia del lavoro negli uffici. Tre ore assise per
udire un notaro che parlavi di ferrovie, un medico che discute di
enfiteusi, un canonico che spippola cannoni rigati! Ah! io preferirei un
manigoldo che mi descrivesse le gioie e le glorie del paradiso! Ma

eccomi là a gittar qualche appunto sulla carta per il discorso che debbo
improvisare nella seduta. Un usciere arriva. Un signore mi domanda, io
interrompo il mio lavoro e vo fuori. Gli è un qualcuno il quale viene a
pregare umilmente la mia signoria illustrissima di andare a posare da
un fotografo.
--Ma io non ho mica desiderio di farmi ritratto, io--dico io.
---Ah! signore, il pubblico lo desidera! insiste qualcuno.
--Il pubblico è ben cortese e ben curioso, signore! replico io.
---Esso ha sete dei suoi grandi uomini, signore. E come la S. S. Ill....
--Comprendo, caro, dico io sorridendo, voi volete far quattrini del mio
sgorbio. Sia pure.
Quel cotale mi conduce in non so che sito. Il fotografo mi accomoda a
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