in contrario, non vi è nulla di così mobile e di così cangevole che la figura degli uomini di Stato. Esaminate, per esempio, il signor Minghetti dell'anno scorso al banco dei ministri, ed il signor Minghetti di quest'anno al suo banco di deputato. Egli è irriconoscibile: è un altro uomo. La stessa figura di legno del barone Ricasoli ha subito queste stimmate. La fotografia del Parlamento italiano, così ritoccata, è più finita.
Io aveva esitato a pubblicare in un volume le lettere mandate alla Presse. Io credeva da prima che questo primo Parlamento italiano fosse un Parlamento di occasione, il quale avrebbe compiuta la sua missione di proclamare l'Italia una, spedita la bisogna la più urgente, e sarebbe poi ritornato a ritemperarsi al contatto dei suoi elettori. Ma questo Parlamento mira all'immortalità. Io mi decido dunque a rivedere il mio lavoro, tradurlo, e presentarlo al pubblico a nuovo e completo. Dico completo, perchè nelle mie lettere alla Presse io non avevo parlato del centro della Camera, e ne parlo oggidì.
Ma, direte voi, voi spingete allo scioglimento della Camera; la sarà sciolta; il vostro libro diventa inutile. Sero venientibus ossa!
Niente affatto. Questo libro resta, da prima, come lavoro storico per quanto minima sia la sua importanza. Io poi ho avuto cura, principalmente tratteggiando questi abbozzi, di mirare a due scopi.
Indicare, cioè, coloro che possono essere eliminati dalle novelle assemblee d'Italia, senza il minimo inconveniente, anzi, forse, con una incontestabile utilità:
Poi ho rivelati coloro i quali, in ogni tempo, faranno parte della rappresentanza italiana, di cui sono l'onore, la gloria, l'ingegno.
La prima pubblicazione era indirizzata principalmente all'Europa, onde insegnarle che, nel primo Parlamento italiano eranvi degli uomini all'altezza di tutti gli altri Parlamenti. Con questa seconda pubblicazione, io voglio segnalare all'Italia la portata dei rappresentanti, affinchè essa possa, nelle elezioni posteriori, avere un criterio alla sua scelta. Per l'Europa, io scrissi da Italiano: per l'Italia, scrivo da patriota.
Impresi il mio lavoro per distrarmi dalle noje delle sedute, ove non si trattano che affari di campanile. Il mestiere di deputato, a farlo con coscienza, è un mestiere a rendere cheto l'uomo lo più svegliato, a capo di tre anni! Lo pubblicai, perchè mi sembrò utile alla causa italiana. Lo ripubblico, perchè parmi una buona azione, in questi tempi nebulosi ed incerti, di concorrere, secondo le mie forze ed i miei mezzi, a spandere un po' di luce. Io non ho nè amore, nè odio per chicchessia. Avevo dei dubbi e delle prevenzioni; ma ho saputo dominarmi. Mi sono astenuto, quando non ero convinto. Dilexi justitiam!
Ora, che mi sia permesso di aggiungere qui l'avant-propos con cui M. A. Peyrat volle annunziare la pubblicazione delle mie lettere nella Presse, affine di attestargli la mia riconoscenza. Gli dovevo un ringraziamento pubblico: glielo fo.
?Noi segnaliamo all'attenzione dei nostri lettori la lettera seguente indirizzataci da Torino. Questa è la prima di una serie di lettere, in cui il signor Petruccelli della Gattina, uno dei membri i più distinti del Parlamento italiano, si propone di tratteggiare a grandi linee la fisionomia dei suoi colleghi i più rinomati ed i più influenti, e noi mettiamo assai volentieri a sua disposizione le colonne della Presse. Si leggono poco in Francia i libri ed i giornali italiani, e non si sa mica abbastanza quanto l'Italia in sè rinchiude di uomini rimarchevoli in ogni genere, di teste veramente politiche, di scienziati, di pubblicisti e di oratori, che non temono alcun paragone. L'occasione si presenta di far conoscere un giornalista, noi la cogliamo con piacere.
Arriverà probabilissimamente al signor Petruccelli della Gattina di esprimere delle opinioni che non saranno interamente conformi alle nostre, di portar dei giudizi di cui noi potremmo contestare la rigorosa esattezza, d'indirizzare a degli uomini che hanno la nostra simpatia, il nostro rispetto e la nostra ammirazione, degli epigrammi che noi saremmo tentati di cancellare: nol faremo punto. Noi conosciamo il suo spirito e la rettitudine dei suoi sentimenti; noi siamo d'accordo con lui sui principii essenziali: ciò è l'importante. Quanto alla varietà delle tinte ed ai dettagli sugli uomini e sulle cose, noi gli lasciamo la più completa libertà.
Noi non vogliamo dir nulla dello ingegno dei signor Petruccelli, i nostri lettori lo apprezzeranno; egli ci è impossibile nondimeno di non esprimere lo stupore che noi proviamo sempre, vedendo uno straniero scrivere la nostra lingua con quella naturalezza, quella chiarezza e facilità, sì rara anche fra noi. Sotto questo rapporto ancora gl'Italiani sono eccezionalmente e maravigliosamente dotati. Basta, per convincersene, di leggere le lettere dell'abate Galiani, i dispacci del conte di Cavour, le ultime opere del Ferrari, numerosi lavori di Mazzini, e parecchi scritti del nostro amico Bianchi-Giovini, questo pubblicista eminente che la malattia ha disgraziatissimamente forzato di sospendere la pubblicazione del suo giornale, ove egli ha così valorosamente combattuto e reso dei così grandi servigi alla causa d'Italia e della libertà
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