Gli duoi fratelli rivali | Page 5

Giambattista Della Porta
star allegro se non quando �� con voi. Di pi��, non �� mai giorno che non passi mille volte per questa strada dinanzi alla sua casa.
DON FLAMINIO. Io non ve l'ho incontrato giamai.
PANIMBOLO. Deve tener le spie per non esservi c��lto da voi; e quella arte, che voi usate con lui, egli usa con voi. Ma io vi giuro che quante volte m'�� accaduto passarvi, sempre ve l'ho incontrato.
DON FLAMINIO. Oim��, tu passi troppo innanzi, mi poni in sospetto e m'ammazzi. Ma come potrei io di ci�� chiarirmi?
PANIMBOLO. Agevolissimamente: subbito che l'incontrate, diteli che il conte �� contento dargli li quarantamila scudi purch�� la sposi per questa sera; e se non trover�� qualche scusa per isfuggir o prolungar le nozze, cavatemi gli occhi.
DON FLAMINIO. Dici assai bene; e or ora vo' gir a trovarlo e fargli l'ambasciata.
PANIMBOLO. Ascoltate: dateli la nuova con gran allegrezza e mirate nel volto e negli occhi, osservate i colori--ch�� ne cambier�� mille in un ponto: or bianco or pallido or rosso,--osservate la bocca con che finti risi; in somma ponete effetto a tutti i suoi gesti, ch�� troverete quanto ve dico.
DON FLAMINIO. Cos�� vo' fare.
PANIMBOLO. Ma ecco la peste de' polli, la destruzione de' galli d'India e la ruina de' maccheroni!

SCENA III.
LECCARDO parasito, PANIMBOLO, DON FLAMINIO.
LECCARDO. Non son uomo da partirmi da una casa tanto misera prima che non sia cacciato a bastonate?...
PANIMBOLO. (Leccardo sta irato. Ho per fermo che non ar�� leccato ancora, ch�� niuna cosa fuorch�� questa basta a farlo arrabbiare).
LECCARDO.... �� forse che debba soffrir cos�� miserabil vita per i grassi bocconi che m'ingoio: una insalatuccia, una minestra de bietole come fusse bue? bel pasto da por innanzi alla mia fame bizzarra!...
PANIMBOLO. (Ogni sua disgrazia �� sovra il mangiare).
LECCARDO.... Digiunar senza voto? forse che almeno una volta la settimana si facesse qualche cenarella per rifocillar i spiriti!...
DON FLAMINIO. (L'hai indovinata: non ha mangiato ancora).
LECCARDO.... Per�� non �� meraviglia se mi sento cos�� leggiero: non mangio cose di sostanza....
DON FLAMINIO. (Lo vo' chiamare).
PANIMBOLO. (Non l'interrompete, di grazia: dice assai bene, loda la largit�� del suo padrone).
DON FLAMINIO. Volgiti qua, Leccardo.
LECCARDO. O signor don Flaminio, a punto stava col pensiero a voi!
DON FLAMINIO. Parla, ch�� la tua bocca mi pu�� dar morte e vita.
LECCARDO. Che! son serpente io che con la bocca do morte e vita? La mia bocca non d�� morte se non a polli, caponi e porchette.
PANIMBOLO. E li d��i morte e sepoltura ad un tempo.
DON FLAMINIO. Lasciamo i scherzi: ragionamo di Carizia, ch�� non ho maggior dolcezza in questa vita.
LECCARDO. Ed io quando ragiono di mangiare e di bere.
DON FLAMINIO. Narrami alcuna cosa: racconsolami tutto.
LECCARDO. Ti sconsoler�� pi�� tosto.
DON FLAMINIO. Potrai dirmi altro che non mi ama? lo so meglio di te. L'incendio �� passato tanto oltre che mi pasco del suo disamare: di' liberamente.
LECCARDO. Vedi questi segni e le lividure?
DON FLAMINIO. Tu stai malconcio: chi fu quel crudelaccio?
LECCARDO. La tua Carizia me l'ha fatte.
DON FLAMINIO. Mia? perch�� dici ?mia?, se non vuoi dir ?nemica??--Ma pur com'�� passato il fatto?
LECCARDO. Oggi, perch�� stava un poco allegretta, lodava la sua bellezza; ella ridea. Io, vedendo che sopportava le lodi, prendo animo e passo innanzi:--Tu ridi e gli assassinati dalla tua bellezza piangono e si dolgono, ch�� quel giorno che fu festa de' tori innamorasti tutto il mondo!--Ella pi�� rideva ed io passo pi�� innanzi:--E fra gli altri ci �� un certo che sta alla morte per amor tuo!...
DON FLAMINIO. Tu te ne passi troppo leggiermente: raccontamelo pi�� minutamente.
LECCARDO.... A pena finii le parole, che vidi sfavillar gli occhi come un toro stuzzicato, e la faccia divenir rossa come un gambaro. Tosto mi die' un sorgozzone che mi tronc�� la parola in gola; e dato di mano ad un bastone che si trov�� vicino, lo lasciava cadere dove il caso il portava, non mirando pi�� alla testa che alla faccia o al collo. Cadei in terra; mi die' colpi allo stomaco e calci che se fusse stato un ballone me ar��a fatto balzar per l'aria, ingiuriandomi ?roffiano? e che lo volea dir ad Eufranone suo padre.
DON FLAMINIO. Non spaventarti per questo, ch�� le donne al principio sempre si mostrano cos�� ritrose: si ammorbider�� ben s��. Ma abbi pazienza, Leccardo mio, ch�� de' colpi delle sue mani non ne morrai.
LECCARDO. Le tue belle parole non m'entrano in capo e mi levano il dolore e la fame.
DON FLAMINIO. Faremo che Panimbolo ti medichi e ti guarisca.
PANIMBOLO. Io ho recette esperimentate per le tue infirmit��.
LECCARDO. Dimmele, per amor de Dio!
PANIMBOLO. Al gorguzale ci faremo una lavanda di lacrima e di vin greco molte volte il giorno.
LECCARDO. Oh, bene! ho per fermo che tu debbi essere figlio di qualche medico. E se non guarisce alla prima?
PANIMBOLO. Reiterar la ricetta.
LECCARDO. Almeno per una settimana! Che faremo per li denti?
PANIMBOLO. Uno sciacquadenti di vernaccia di Paula o di vin
Continue reading on your phone by scaning this QR Code

 / 40
Tip: The current page has been bookmarked automatically. If you wish to continue reading later, just open the Dertz Homepage, and click on the 'continue reading' link at the bottom of the page.