Galatea | Page 6

Anton Giulio Barrili
ritrovo sul mio. Per altro, non ci corro;
m'indugio di qua e di là per i campi, aspettando a passare quando sono
ben certo che nessuno mi veda. Se, Dio guardi, avessero a scoprire il
mio regno, mi potrei tappare in casa; tanto la riva destra del fiume è
invasa e corsa e ricorsa da questo gaio sciame "d'infanti, di femmine e
di viri". Alla riva sinistra, almeno in questo tratto per circa due miglia,
non ci s'arrischia nessuno, perchè non mette a nessun luogo; mentre alla
chiesuola di Santa Giustina, che è meta di scampagnate, si va più
comodamente da un'altra via, per un ponte vero e sicuro, gittato
all'estremità del paese. Così, dopo avere imitati nella mazza lunga i
Babilonesi, ho imitati nella sottile accortezza i Fenicii, quando ebbero
scoperta oltre le colonne d'Ercole la via delle isole Esperidi; faccio
quanto posso per tener celata la mia direzione, e a buon conto non

metto nessun sull'orma. Così il gran viale dei pioppi è mio; mio il
grande tappeto verde, mia l'acqua ascosa, che dietro la fila delle
carpinelle va cercando il mulino, per ritrovarlo un mezzo chilometro
più in giù.
Ho preso Orazio in compagnia; Orazio, per far la corte a te, che me lo
hai citato; nella edizione civettuola del Murray, per far piacere a me,
che amo tanto veder belli i libri buoni. Quel caro Orazio è il più vario
di tutti i poeti del mondo: ha tutte le corde della lira; c'è Pindaro, in lui,
ed Anacreonte, Saffo, Simonide, Alceo, e chi sa quanti altri smarriti
della greca antichità, i quali ci si faranno ritrovare un giorno (voglio
sperarlo, almeno) nelle fasce di qualche mummia egiziana del periodo
alessandrino. Come li ha tutti condensati, il Venosino, esprimendoli
tutti con quel sentimento della misura ch'è la vera dote del genio! come
li ha tutti rivissuti in sè stesso, non già intarsiator diligente ed accorto,
ma fonditore balioso e geniale, rendendoli come guizzi dell'anima sua,
da tanti spiragli di sincerità, con tanti lumi di vero! Senza vantarmi,
credo d'essere un po' come lui; non nell'arte, intendiamoci, ma nel
modo di pensare e d'intender la vita. Egli amò la campagna per le sue
intime bellezze naturali, dopo aver goduta la città nei suoi eleganti
artifizi. Non odiava gli uomini, conoscendoli, e sapendone ridere;
aveva in pregio gli amici, e amava qualche delicatezza nel vivere.
Perchè rinunzieremmo alle grazie? Può mai dimenticarle, chi le ha
conosciute e praticate una volta?
Amo Orazio, e mi godo qualche sua ode, centellinando, assaporando le
strofe, in mezzo a quei fregi, ornati, bozzetti di scene romane e
pompeiane, onde il Murray ha accompagnato il testo, come di cose che
gli appartengono. Più volentieri mi fermo ai passi dov'è fatta menzione
dell'acqua. Quell'amico del vino sentì la poesia delle fonti. La sentirono,
del resto, tutti i Romani. L'acqua è diamante liquido; abbraccia bene,
penetra e scioglie, purifica e rallegra, canta bene e non istuona mai,
salvo a maritarla col vino.
Orazio in una tasca della mia giacca e due panini nell'altra, me ne vado
ogni giorno al mio rifugio nel verde. Perchè i panini, dirai, e per chi?
Pei cani che ho sempre amati e più sento di amare, dopo che gli uomini

hanno lavorato più alacremente a renderli uggiosi, vedendo da per tutto
la rabbia. Se i cani diventano idrofobi, non hanno poi tutti i torti. Li
vogliamo amici ad ogni costo, e neghiamo loro ogni onesta libertà; non
li lasciamo ben avere in nessun modo, e li facciamo servire alle nostre
esperienze fisiologiche. I cani lo sanno, e ne arrabbiano. Un giorno o
l'altro vedrai diventare idrofobi i conigli e i porcellini d'India; questi,
anzi, sotto il lor nome scientifico di cavie, saranno i primi a mordere i
polpacci dei dotti.
Qui, dove son liberi, ma dove pare che ricevano i viveri in contanti, i
cani mi vogliono tutti un gran bene, e vengono volentieri con me; cani
da caccia e da pagliaio, da guardia e da tartufi, mi fanno le capriole, mi
saltano alla cintola, mugolando, scodinzolando, fiutando, girandomi
attorno, seguendomi, precedendomi, ringhiando per onor mio a tutti
coloro che passano. Questa è stata la storia della prima settimana; ma
poi s'è dovuto smettere via via, non passando più dai casolari dove
incontravo quei cari amici, che a certe ore mi usavano la cortesia
d'aspettarmi sugli usci. I padroni non vedevano volentieri queste
amicizie dei guardiani di casa col signor forestiero; ed io, che ho capita
la solfa, ho diradate le visite. L'ultimo dei miei amici di qui è stato Buci,
il cane più stravagante di Corsenna. Piccolo e tozzo, di pelo rossigno
con una macchia bianca dall'occhio destro al naso, gli occhi rossi,
mozzate le orecchie e la coda, non è davvero l'Adone dei cani; ma ride,
e ciò lo rende piacevole
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