Galatea | Page 5

Anton Giulio Barrili
di
Pandora, rovistando nel fondo, se per caso ci fosse rimasto ancora un
fastidio? A buon conto, io non mi prenderò quello di salire a Santa
Giustina. Si sta qui tanto bene, mezzo appoggiati e mezzo seduti sulla
spalla dell'argine! Passano a coppie le farfalle, pieridi e vanesse dorate,
rincorrendosi tra le piante, apparendo e disparendo senza posa, contente
di agitarsi e di vivere; vengono folgorando nell'aria, quasi radendo il
pelo dell'acqua, le damigelle e i cavalocchi dalle diafane ali iridate, dai
corpicini sottili, tutti a colori metallici, per andare a librarsi un tratto
sulle rappe fiorite, donde guizzano e scintillano senza posa, come
pennini di gioie tremolanti sul capo di una bella donna a teatro.
E dove lascio gli uccellini? Ce ne sono di tutte le specie, che attendono
ai fatti loro senza curarsi di me; cincie, pettirossi, cardellini, scriccioli;
pigolanti, strillanti, zirlanti nella macchia, ch'è un piacere a sentirli. Le
stonature non mancano. Laggiù, dagli olmi del gran viale, si sente un
gracchio che non mi va niente a sangue.
--È il rosignuolo;--mi dice un contadino che passa e che mi ha dato il
buon giorno.
--Il rosignuolo, quello?--esclamo io.--Avrei detto un corvo, piuttosto, o
una gazza, sua parente.
--Nossignore, gli è proprio il rosignuolo. Da mezzo giugno in poi, canta
così. È nel nido.
--In famiglia, non è vero?

--Eh sì, come vuole Vossignoria. La casa del rosignuolo è il suo nido, e
la rosignuola è sua moglie.--
Ho capito, e ne sono tutto confuso. Dunque la storia è questa? Appaiato
e contento, il rosignuolo non canta più così bene come quando faceva
all'amore; anzi, non canta più affatto, dà fuori un grido rauco d'animale
accidioso e brontolone. Ah, figlio d'un.... rosignuolo anche tu! Dopo le
dolci pene del desiderio, la fiaccona del possesso; e addio le
ventiquattro arie diverse, non tenendo conto delle variazioni, dei
passaggi, delle rifiorite che nel tuo canto ha notate con diligenza
tedesca il Bechstein. Ma sono uomini, dunque, i rosignuoli? uomini
anch'essi? Ahi, triste cosa!

III.
All'Acqua Ascosa.
Corsenna, 15 luglio 18...
Ci sono molti villeggianti a Corsenna. Li chiama la bontà dell'aria, a
quattrocentosessanta metri soltanto sul livello del mare; li chiama il
fresco di queste convalli, e finalmente lo spirito d'imitazione, che
l'uomo ha comune con tanti altri animali. Uno ha provato, e s'è
ritrovato bene; lo ha detto, e lo hanno seguito due altri; quei due a lor
volta.... Ma no, non voglio rifarti l'enumerazione degli atti; mi basta di
dirti che quest'anno tutti i villini dei dintorni sono occupati, ed anche
molti quartierini in paese; dove per altro bisogna adattarsi. Ma si è in
campagna, e non si guarda nel sottile; tanto più che la gente, venuta per
goder l'aria, sta in casa il meno che può. La vita villereccia è gaia:
fanno scarrozzate ai paesi vicini; non disdegnano la vecchia invenzione
degli omnibus, rinfrescata col nuovo nome di tranvai, che permette di
andare qua e là per pochi soldi, in dodici o quattordici persone. Fanno
concerti, la sera, con gran giubilo e maraviglia di questi naturali;
ballano anche, mi si dice, dove col pianoforte, dove coll'organino di
Barberia, e dove coll'herofon, un nuovo strumento macinatore di
musica; necessario, in verità, perchè di simili arnesi non ce n'era

abbastanza.
Te ne parlo per sentita dire, non andando io in nessun luogo. Vedo le
brigate, passando; cappellini e cappelloni, gonne e casacche, guarnelli e
vestaglie, roste, sciarpe, ombrellini, tutto un rigoglio di colori
sgargianti, tutto un miscuglio di cose; ma per lo più da lontano.
M'imbatto nella gente quando vado alla posta, per ritirare i miei
giornali, le poche lettere che mi vengon da casa o dai pochissimi amici
che vogliono ricordarsi di me. Conosco appena tre o quattro famiglie di
questi ospiti estivi; saluto, baratto alcune frasi di convenienza, e non mi
accompagno mai. L'orso di Corsenna, mi chiamano. È questa la notizia
che mi ha dato un diavolo di ragazzino, nella sua terribile ingenuità,
che ha fatta arrossire la sua mamma dalla radice del collo fino a quella
dei capelli. Ebbene, sia, l'orso di Corsenna, e d'ogni luogo dove mi
piaccia di andare. Non si viene egli al verde per goder libertà?
Soddisfatto l'obbligo della leva, pagate le tasse, quante sono o vorranno
essere in processo di tempo, faccia ognuno quel che gli pare.
Io, poi, vestito ordinariamente di tela, con un cappellaccio di sparto che
ha la falda rialzata sulla nuca e tirata giù sul naso, con una mazza di
nocciuolo, tagliata da me, e più lunga di quelle che usavano i
Babilonesi (qui è utilissima per tener distanti i buoi e per mettere in
fuga le serpi), non sono un figurino da far bella mostra in società.
Lascio agli altri la strada maestra, l'abitato e i dintorni dell'abitato;
passo il ponte di legno e mi
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