tra le piante, apparendo e disparendo senza posa, contente di agitarsi e di vivere; vengono folgorando nell'aria, quasi radendo il pelo dell'acqua, le damigelle e i cavalocchi dalle diafane ali iridate, dai corpicini sottili, tutti a colori metallici, per andare a librarsi un tratto sulle rappe fiorite, donde guizzano e scintillano senza posa, come pennini di gioie tremolanti sul capo di una bella donna a teatro.
E dove lascio gli uccellini? Ce ne sono di tutte le specie, che attendono ai fatti loro senza curarsi di me; cincie, pettirossi, cardellini, scriccioli; pigolanti, strillanti, zirlanti nella macchia, ch'è un piacere a sentirli. Le stonature non mancano. Laggiù, dagli olmi del gran viale, si sente un gracchio che non mi va niente a sangue.
--è il rosignuolo;--mi dice un contadino che passa e che mi ha dato il buon giorno.
--Il rosignuolo, quello?--esclamo io.--Avrei detto un corvo, piuttosto, o una gazza, sua parente.
--Nossignore, gli è proprio il rosignuolo. Da mezzo giugno in poi, canta così. è nel nido.
--In famiglia, non è vero?
--Eh sì, come vuole Vossignoria. La casa del rosignuolo è il suo nido, e la rosignuola è sua moglie.--
Ho capito, e ne sono tutto confuso. Dunque la storia è questa? Appaiato e contento, il rosignuolo non canta più così bene come quando faceva all'amore; anzi, non canta più affatto, dà fuori un grido rauco d'animale accidioso e brontolone. Ah, figlio d'un.... rosignuolo anche tu! Dopo le dolci pene del desiderio, la fiaccona del possesso; e addio le ventiquattro arie diverse, non tenendo conto delle variazioni, dei passaggi, delle rifiorite che nel tuo canto ha notate con diligenza tedesca il Bechstein. Ma sono uomini, dunque, i rosignuoli? uomini anch'essi? Ahi, triste cosa!
III.
All'Acqua Ascosa.
Corsenna, 15 luglio 18...
Ci sono molti villeggianti a Corsenna. Li chiama la bontà dell'aria, a quattrocentosessanta metri soltanto sul livello del mare; li chiama il fresco di queste convalli, e finalmente lo spirito d'imitazione, che l'uomo ha comune con tanti altri animali. Uno ha provato, e s'è ritrovato bene; lo ha detto, e lo hanno seguito due altri; quei due a lor volta.... Ma no, non voglio rifarti l'enumerazione degli atti; mi basta di dirti che quest'anno tutti i villini dei dintorni sono occupati, ed anche molti quartierini in paese; dove per altro bisogna adattarsi. Ma si è in campagna, e non si guarda nel sottile; tanto più che la gente, venuta per goder l'aria, sta in casa il meno che può. La vita villereccia è gaia: fanno scarrozzate ai paesi vicini; non disdegnano la vecchia invenzione degli omnibus, rinfrescata col nuovo nome di tranvai, che permette di andare qua e là per pochi soldi, in dodici o quattordici persone. Fanno concerti, la sera, con gran giubilo e maraviglia di questi naturali; ballano anche, mi si dice, dove col pianoforte, dove coll'organino di Barberia, e dove coll'herofon, un nuovo strumento macinatore di musica; necessario, in verità, perchè di simili arnesi non ce n'era abbastanza.
Te ne parlo per sentita dire, non andando io in nessun luogo. Vedo le brigate, passando; cappellini e cappelloni, gonne e casacche, guarnelli e vestaglie, roste, sciarpe, ombrellini, tutto un rigoglio di colori sgargianti, tutto un miscuglio di cose; ma per lo più da lontano. M'imbatto nella gente quando vado alla posta, per ritirare i miei giornali, le poche lettere che mi vengon da casa o dai pochissimi amici che vogliono ricordarsi di me. Conosco appena tre o quattro famiglie di questi ospiti estivi; saluto, baratto alcune frasi di convenienza, e non mi accompagno mai. L'orso di Corsenna, mi chiamano. è questa la notizia che mi ha dato un diavolo di ragazzino, nella sua terribile ingenuità, che ha fatta arrossire la sua mamma dalla radice del collo fino a quella dei capelli. Ebbene, sia, l'orso di Corsenna, e d'ogni luogo dove mi piaccia di andare. Non si viene egli al verde per goder libertà? Soddisfatto l'obbligo della leva, pagate le tasse, quante sono o vorranno essere in processo di tempo, faccia ognuno quel che gli pare.
Io, poi, vestito ordinariamente di tela, con un cappellaccio di sparto che ha la falda rialzata sulla nuca e tirata giù sul naso, con una mazza di nocciuolo, tagliata da me, e più lunga di quelle che usavano i Babilonesi (qui è utilissima per tener distanti i buoi e per mettere in fuga le serpi), non sono un figurino da far bella mostra in società. Lascio agli altri la strada maestra, l'abitato e i dintorni dell'abitato; passo il ponte di legno e mi ritrovo sul mio. Per altro, non ci corro; m'indugio di qua e di là per i campi, aspettando a passare quando sono ben certo che nessuno mi veda. Se, Dio guardi, avessero a scoprire il mio regno, mi potrei tappare in casa; tanto la riva destra del fiume è invasa e corsa e ricorsa da questo gaio sciame "d'infanti, di femmine e
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