Fante di picche | Page 5

Salvatore Farina
mondo testimonio d'una infelicità uscita dalle sue mani; certo vi ha dell'egoismo in questa debolezza, ma vi ha pure un sentimento di giustizia e di orgoglio; sappia il babbo, sappia la sorellina che Donato aveva cuore d'uomo, che si pentì sinceramente, che volle espiare. Ah! sì, bisogna morire!... Afferra l'arme con mano tremante, e un colpo parte, e un grido vi risponde. Donato ha scaricato involontariamente la rivoltella che tiene ora lontano da sè inorridito; gli è sembrato un istante la sorte s'incaricasse della giustizia che egli tremava di compiere, si è sentito un brivido per tutto il corpo, poi si è guardato intorno, ed ora, lo dirà egli a sè stesso?... ora ha paura di morire! Pensa che se avesse posto in atto il fatale disegno, già tutto sarebbe finito, e riama la vita, e corre giù per la china del bosco coi capelli arruffati, coll'arme in pugno...
?Signor Donato! signor Donato!
III.
?Signor Donato! signor Donato!?
Così chiama alle spalle del fuggitivo una vocina fresca, d'un timbro giocondo. Donato si arresta, si volge; sul sentierolo si tien ritta una svelta personcina, con un viso da Madonna meridionale, piccolo, rotondo, bruno, irradiato dalla gaia luce di due grandi occhi neri. La giovinetta non sa come comporre il bel volto, ha sulle labbra un sorriso e nello sguardo intento un affanno; ha udito lo sparo, e subito dopo ha visto il giovine attraversare il sentieruolo, per cui ella saliva, coll'arme in pugno e coi capelli arruffati. Nè sa che pensare.
Donato anch'esso ha riconosciuto la giovinetta: Costanza! Ma parendogli già i due occhi lucenti gli abbiano letto in cuore, e sentendo l'impaccio della rivoltella che tiene tuttavia stretta in pugno, non sa risolversi a muoverle incontro, e lascia cadere le braccia lungo i fianchi. Allora Costanza non esita più, si volge come a cercare dell'occhio il suo compagno di viaggio, che apparisce tutto trafelato nella persona scamiciata d'un monelluzzo da campagna, si avanza fra le piante e vien diritta incontro a Donato.
?Se non mi fa male con quell'arnesaccio lì, vengo...? dice con voce scherzosa, e già gli è presso, e già ricerca pietosamente sulla faccia stravolta, negli occhi gonfi dalla veglia e dalle lagrime, nello sconforto dell'atto, la sciagura che si nasconde. Donato volge appena il capo, tenta un sorriso e dice, facendo un gran sforzo sopra sè stesso, con una compitezza che fa male al cuore: ?Buon giorno, signorina, come sta??
Costanza piglia nelle sue la mano che le viene offerta, e la trattiene, e di nuovo interroga cogli occhi e coll'ansia.
Donato è titubante; sente il bisogno di versare l'anima sua con una confidenza intera; un istinto lo spinge a confessare, ma un altro più forte lo trattiene; la lotta è breve, gli occhi pietosi della fanciulla squarciano il velo; il giovine rivela la sua sciagura, il suo proposito, tutto l'immenso affanno.
?è il cielo che la manda, aggiunge tremante; non so perchè ho subito sentito il bisogno di confessarle quanto mi passa in cuore, so che a nissun altro avrei fatto simile confidenza.
--Sì, è il cielo che mi manda, risponde Costanza con accento melanconico, ma dolce; è il cielo che ha fatto spezzare il timone della nostra carrozza sulla via maestra, ed ha costretto lo zio a tornarsene indietro fino al vicino paesello per farlo accomodare; è il cielo che mi ha messo in capo l'idea di attraversare il boschetto per risparmiare due buoni terzi di strada; è il cielo che mi ha fatto arrivare proprio oggi ed a quest'ora, mentre Mariuccia ed il signor Norberto non ci aspettano che domani... sì, tutto questo lo ha fatto il cielo per impedire una sciagura cento volte maggiore.
Donato porge orecchio alle parole della fanciulla come ad una musica, ne guarda il bel viso compassionevole come una cara visione, e istintivamente nasconde dietro le spalle l'arme che ha nella destra. Ora che ha tutto detto, gli par di sentirsi alleggerito; si dimentica quasi, ripiglia le mille fantasie della notte, rallegrate dai trilli delle rondini inquiete e dalla splendida luce del mattino; gli par di non essere mai stato colpevole di nulla, e sia la propria angoscia un brutto sogno della notte, ed egli si trovi in faccia a quella natura sorridente, a quel leggiadro volto amoroso, a quegli occhi fascinatori, attratto da un sentimento nuovo che è una festa, una luce; tutte le potenze dell'anima dimentica bisbigliano una parola, la stessa che gli ripetono i passeri ciarlieri e i tremoli riflessi delle rugiade ed i soffi tiepidi della brezza: ?Amala!?
Amala! tu hai bisogno di un dolce nodo che ti trattenga nella vita, poichè gli affetti santi dei tuoi cari, per tua sciagura, ti fanno desiderare la morte, hai bisogno di un sentimento nuovo e tirannico che t'invada il petto da padrone e vi soffochi le angoscie vane, d'un pensiero che cancelli ogni altro pensiero, d'un caro fantasma rosato
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