Fante di picche | Page 3

Salvatore Farina
dondola i letti pensili degli uccelli e degli insetti.
Che pensa Donato colla fronte ardente nascosta fra le mani?
Non pensa, vaneggia.--è ritornato fanciullo, ha sei anni, ama giuocare alla palla, al cerchio, ha appreso a memoria dei versi che recita fra le ginocchia del babbo, si rizza sulla punta dei piedi per veder la sorellina in culla, non sa ancora che sia il mondo, non impaurisce per le incognite che gli prepara l'algebra della vita.
Pur l'avvenire, affretta col desiderio, s'impazienta degli indugi che lo trattengono per via, ha un ideale innanzi agli occhi--vent'anni! Ah! il superbo fascino di questa parola!
Eccolo cresciuto, eccolo alla scuola, ai cari studi, ai baldi propositi; ha inteso dire che il babbo non è ricco, che lavora per vivere, che affatica giocondamente in età quasi senile, per dare a lui un'educazione e preparare una dote a Mariuccia. Oh! sì, bisogna pensare a Mariuccia. Ora Donato sa l'algebra, la geometria... Mariuccia avrà la dote!
E viene un giorno lieto. Donato apprende che non si è così poveri come si diceva, poichè si possiede una villetta, dove il babbo, ora che ha i capelli bianchi, se ne andrà a riposare colla piccina. Donato solo rimarrà in città... e all'avvenire.
Ha promesso ai suoi cari, e più a sè medesimo, di darsi tutto allo studio. I compagni hanno le tazze e le belle, egli non ha vini nè amori di lusso. Una cosa lo tenta, Non gli occhi affumicati di donnette smorfiose, non i rubini delle bottiglie, ben altro: passar come saetta sul velocipede nelle vie di Milano, spingere a sfrenato galoppo un bel baio nei viali di circonvallazione; questo sì, lo tenta. Infine a venti anni si ha forse ragione di dire che la meccanica non basta.
Ma non per nulla Donato fu testimonio della dotta parsimonia del babbo; levandosi di bocca uno zigaro che appesta e che costa un occhio del capo, anch'egli cavalcherà il velocipede ed il baio. Certo si potrebbe mettere in disparte quel danaro per la dote di Mariuccia, ma infine a vent'anni, ditelo voi, può bastare la meccanica? E poi ora è studente, ma quando sarà ingegnere!
Ed oh! le belle miniere scavate col desiderio, i bei castelli a cui non manca il castellano canuto, nè la bionda castellana gentile! Ma un demone soffia in quelle sante visioni, il castello crolla, ed i castellani rimangono nella via più poveri di prima! Un istante ha cancellato tanti sogni affettuosi, un'ora di abbandono ha potuto più di ventidue anni di affetto... perchè vano è ora distogliere lo sguardo, una rovina si compie per opera sua; ecco il tavoliere, i mucchi d'oro che danno le vertigini, e la prima posta bramosa, e l'ultima posta tremante, e una folla di bassi sentimenti in cuore, e mille colpevoli idee nel capo, e, in un impeto di collera contro il vincitore, contro sè stesso, contro la sorte, contro Dio... ancora una posta disperata di denaro non suo!
?Hai perduto! Ancora e sempre hai perduto!?
Donato leva il capo dalle palme e sprofonda l'occhio nel buio, solcato a quando a quando dalle parabole delle lucciole e delle stelle cadenti. Non ode più la brezza che va mormorando di lui via via, dai gelsi più vicini alle acacie delle siepi ed agli olmi della vallata; mille immagini gli turbinano innanzi agli occhi, prima distinte e man mano più confuse; poi gli pare che l'aria della notte gli lambisca, la fronte come una fredda carezza, gli par di dormire, gli par di sognare.
Ora è l'alba, l'alba apportatrice dei propositi onesti, e uno solo ne rimane a Donato; si leva, corre alla camera del babbo, picchia tremante all'uscio, entra, si butta fra le braccia del vecchio e ne bagna la canizie veneranda di lagrime amare.
?Sai, babbo, io sono indegno di te, ho giocato, ho perduto, ho pregato il cielo che mi facesse morire.?
E nel cuore del padre queste ultime parole cancellano l'impressione delle prime. Il povero vecchio risponde con un bacio, e non trova parola di rimprovero. E concesso un istante ai muti singhiozzi, si stringe la testa del figlio al petto e dice, ponendo nella parola una dolcezza che arriva al cuore del colpevole più efficace d'ogni rimprovero:
?Quanto?
--Sei mila lire.
Un istante di silenzio, il vecchio tace, Donato nasconde la testa fra le mani disperatamente.
?Sei mila lire, dice Norberto; è molto, per noi che non siamo ricchi; ma non piangere così, le lagrime non rimediano a nulla; venderemo un'ala della nostra casetta e l'orticello; il mio vicino me ne ha pregato, gli farò servigio... Mariuccia aspetterà a prendere marito qualche anno di più, finchè tu abbia guadagnato il tanto da rattopparle la dote, e se sarà necessario io tornerò in città, cercherò di riavere il mio impiego, sono sano, mi sento forte...
Ah! Donato non può resistere a quelle parole benigne, a quella carezza tremante, a quell'accento commosso e melanconico di
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