Divina Commedia: Purgatorio | Page 8

Dante Alighieri
profondi fóri?ond’ uscì ’l sangue in sul quale io sedea,?fatti mi fuoro in grembo a li Antenori,
là dov’ io più sicuro esser credea:?quel da Esti il fé far, che m’avea in ira?assai più là che dritto non volea.
Ma s’io fosse fuggito inver’ la Mira,?quando fu’ sovragiunto ad Or?aco,?ancor sarei di là dove si spira.
Corsi al palude, e le cannucce e ’l braco?m’impigliar sì ch’i’ caddi; e lì vid’ io?de le mie vene farsi in terra laco?.
Poi disse un altro: ?Deh, se quel disio?si compia che ti tragge a l’alto monte,?con buona p?etate aiuta il mio!
Io fui di Montefeltro, io son Bonconte;?Giovanna o altri non ha di me cura;?per ch’io vo tra costor con bassa fronte?.
E io a lui: ?Qual forza o qual ventura?ti trav?ò sì fuor di Campaldino,?che non si seppe mai tua sepultura??.
?Oh!?, rispuos’ elli, ?a piè del Casentino?traversa un’acqua c’ha nome l’Archiano,?che sovra l’Ermo nasce in Apennino.
Là ’ve ’l vocabol suo diventa vano,?arriva’ io forato ne la gola,?fuggendo a piede e sanguinando il piano.
Quivi perdei la vista e la parola;?nel nome di Maria fini’, e quivi?caddi, e rimase la mia carne sola.
Io dirò vero, e tu ’l ridì tra ’ vivi:?l’angel di Dio mi prese, e quel d’inferno?gridava: “O tu del ciel, perché mi privi?
Tu te ne porti di costui l’etterno?per una lagrimetta che ’l mi toglie;?ma io farò de l’altro altro governo!”.
Ben sai come ne l’aere si raccoglie?quell’ umido vapor che in acqua riede,?tosto che sale dove ’l freddo il coglie.
Giunse quel mal voler che pur mal chiede?con lo ’ntelletto, e mosse il fummo e ’l vento?per la virtù che sua natura diede.
Indi la valle, come ’l dì fu spento,?da Pratomagno al gran giogo coperse?di nebbia; e ’l ciel di sopra fece intento,
sì che ’l pregno aere in acqua si converse;?la pioggia cadde, e a’ fossati venne?di lei ciò che la terra non sofferse;
e come ai rivi grandi si convenne,?ver’ lo fiume real tanto veloce?si ruinò, che nulla la ritenne.
Lo corpo mio gelato in su la foce?trovò l’Archian rubesto; e quel sospinse?ne l’Arno, e sciolse al mio petto la croce
ch’i’ fe’ di me quando ’l dolor mi vinse;?voltòmmi per le ripe e per lo fondo,?poi di sua preda mi coperse e cinse?.
?Deh, quando tu sarai tornato al mondo?e riposato de la lunga via?,?seguitò ’l terzo spirito al secondo,
?ricorditi di me, che son la Pia;?Siena mi fé, disfecemi Maremma:?salsi colui che ’nnanellata pria
disposando m’avea con la sua gemma?.
Purgatorio · Canto VI
Quando si parte il gioco de la zara,?colui che perde si riman dolente,?repetendo le volte, e tristo impara;
con l’altro se ne va tutta la gente;?qual va dinanzi, e qual di dietro il prende,?e qual dallato li si reca a mente;
el non s’arresta, e questo e quello intende;?a cui porge la man, più non fa pressa;?e così da la calca si difende.
Tal era io in quella turba spessa,?volgendo a loro, e qua e là, la faccia,?e promettendo mi sciogliea da essa.
Quiv’ era l’Aretin che da le braccia?fiere di Ghin di Tacco ebbe la morte,?e l’altro ch’annegò correndo in caccia.
Quivi pregava con le mani sporte?Federigo Novello, e quel da Pisa?che fé parer lo buon Marzucco forte.
Vidi conte Orso e l’anima divisa?dal corpo suo per astio e per inveggia,?com’ e’ dicea, non per colpa commisa;
Pier da la Broccia dico; e qui proveggia,?mentr’ è di qua, la donna di Brabante,?sì che però non sia di peggior greggia.
Come libero fui da tutte quante?quell’ ombre che pregar pur ch’altri prieghi,?sì che s’avacci lor divenir sante,
io cominciai: ?El par che tu mi nieghi,?o luce mia, espresso in alcun testo?che decreto del cielo orazion pieghi;
e questa gente prega pur di questo:?sarebbe dunque loro speme vana,?o non m’è ’l detto tuo ben manifesto??.
Ed elli a me: ?La mia scrittura è piana;?e la speranza di costor non falla,?se ben si guarda con la mente sana;
ché cima di giudicio non s’avvalla?perché foco d’amor compia in un punto?ciò che de’ sodisfar chi qui s’astalla;
e là dov’ io fermai cotesto punto,?non s’ammendava, per pregar, difetto,?perché ’l priego da Dio era disgiunto.
Veramente a così alto sospetto?non ti fermar, se quella nol ti dice?che lume fia tra ’l vero e lo ’ntelletto.
Non so se ’ntendi: io dico di Beatrice;?tu la vedrai di sopra, in su la vetta?di questo monte, ridere e felice?.
E io: ?Segnore, andiamo a maggior fretta,?ché già non m’affatico come dianzi,?e vedi omai che ’l poggio l’ombra getta?.
?Noi anderem con questo giorno innanzi?,?rispuose, ?quanto più potremo omai;?ma ’l fatto è d’altra forma che non stanzi.
Prima che sie là sù, tornar vedrai?colui che già si cuopre de la costa,?sì che ’ suoi raggi tu romper non fai.
Ma vedi là un’anima che, posta?sola soletta, inverso noi riguarda:?quella ne ’nsegnerà la via più tosta?.
Venimmo a lei: o anima lombarda,?come ti stavi altera e disdegnosa?e nel mover de li occhi onesta e tarda!
Ella non ci dic?a alcuna cosa,?ma lasciavane gir, solo sguardando?a guisa di leon
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