Dal vero | Page 8

Matilde Serao
dei consorti! il loro nome, il loro carattere vi è
garante della loro onestà!
La sera del sabato non si dorme: e se il diavolo zoppo potesse
realmente sollevare i tetti delle case, vedrebbe tutte le teste insonni ed
irrequiete sui guanciali. Riuscirà la lista? E lui riuscirà? Sì, no, sì: non
si sa, si spera, si teme; quando spunterà l'alba? Infine, viene quest'alba
benedetta, è spuntata la grande giornata, si andrà finalmente a votare; la
casa è in rivoluzione, gli usci sbattono, il gatto miagola, i bambini che

non hanno una chiara idea delle elezioni, strillano; non importa.
S'indossa il costume di circostanza; abito grigio, colletto di tela,
cravatta nera, cappellino sull'orecchio, borsellino sul fianco per la
scheda, occhialino per sorvegliare le operazioni elettorali e via--per
quel giorno vanno all'aria la messa, la passeggiata, l'appuntamento ed il
resto. Nelle frazioni si odono cheti fruscii e frasi mormorate anzichè
dette; si respirano profumi finissimi; si veggono mani bianche, dalle
dita affusolate, sospendersi un momento sull'urna; passano le teste
bionde e le brune con un'aria dignitosa, composta e sfilano, sfilano,
guardando il presidente--povero presidente, lo compatisco--, sorridendo
al segretario, sbirciando le altre elettrici, ma con una serenità, una
calma invidiabile. Sono oramai persuase di aver esercitato con
coscienza uno dei più preziosi diritti della donna; sanno di aver
compiuto una missione, non troppo bene quale, ma è una missione.
Aspettando l'esito, non si parla che di incidenti elettorali, di
blocchi--anche di blocchi--, d'imbrogli sventati, di trame fallite--e la tal
signora che aveva nella manica venti schede, e quelle altre che hanno
preso d'assalto il seggio, e le impiegate telegrafiste che hanno votato
compatte! Quando si arriva a sapere il risultato, allora succede la vera
guerra: da una parte balli, canti, scampagnate, pranzi, brindisi--dall'altra
svenimenti, convulsioni, emicranie, lagrime e disperazioni; poi
inimicizie, giuramenti di vendetta, legami infranti, amori traditi ed i
poveri uomini nei tormenti. Ed il Consiglio? Un Consiglio strano,
eterogeneo, o troppo giovane o troppo vecchio, un po' cattolico, un po'
libero pensatore, un poco biondo, un po' bruno......
Baie tutte queste: è tempo, o signori, che la donna non sia più
manomessa, è tempo che ella entri nei pubblici uffici, è tempo che le si
concedano quei sacrosanti diritti....
Dio! come si riderà in novembre alla Camera!

IL TRIONFO DI LULÙ.
Novella.

I.
Sofia non alzava gli occhi dal suo lavoro, e le sue dita leggere volavano
su quella trina delicata. Invece Lulù girava per la camera, spostava gli
oggettini sulle mensole, apriva un tiretto per guardarvi dentro, distratta;
era chiaro che essa voleva fare o dire qualche cosa, ma che il contegno
serio della sorella maggiore la metteva in soggezione. Provò a
canticchiare un po' di canzone, disse un verso di Dall'Ongaro; Sofia
parve non aver inteso. Allora Lulù, che non peccava di molta pazienza,
si decise ad affrontare la questione, e piantandosi davanti alla sorella, le
chiese:
--Sofia, sai quello che mi ha detto mademoiselle Jeannette?
--Nulla di molto interessante, per certo.
--Ci siamo con una risposta secca e fredda, da far venire i brividi in
estate! Dove prendete il vostro gelo, o mia agghiacciata sorella?
--Lulù, sei una vera bambina.
--Ecco dove v'ingannate, bisavola del mio cuore; io non sono una
bambina, perchè mi marito.
--Eh?!
--È appunto quello che mi ha detto Jeannette.
--Che imbroglio! Io non capisco niente.
--Or ora, ti narrerò tutto, come si dice nei drammi. Ci sarà un racconto...
ma Vostra Serietà mi presta tutta la sua attenzione?
--Sì, sì, ma sbrigati.
--Il giorno delle corse al Campo di Marte, ecco il tempo ed il luogo. Tu
non vi eri, tu che preferisci i tuoi eterni libri...
--Se divaghi sempre, non ti ascolto più.

--Devi ascoltarmi; questo segreto mi soffoca, mi uccide.
--Ricominci?
--Smetto, smetto. Dunque alle corse stavamo in prima fila sulla tribuna:
viene Paolo Lovati e ci presenta un bel giovane, Roberto Montefranco.
Soliti saluti e complimenti vaghi, essi trovano dei posti e siedono alle
nostre spalle; scambiamo qualche parola, sino a che si ode il segnale
della partenza dei cavalli. Ti ricordi che io proteggeva Gorgona, senza
prevedere quanto essa mi sarebbe stata ingrata... basta, bisognerà
rassegnarsi anche all'ingratitudine delle bestie. Una nube di polvere fa
scomparire i cavalli. «La Gorgona vince!» esclamo io. «No, dice
sorridendo Montefranco, vince Lord Lavello.» Io m'indispettisco per la
contraddizione, egli continua a sorridere ed a contraddirmi; facciamo
una scommessa, una discrezione. Infine dopo mezz'ora di palpiti e di
ansietà, arrivo a sapere che la Gorgona è una traditrice, che io ho
perduto e che Montefranco ha guadagnato: figurati! Gli dico che voglio
pagare subito subito, egli s'inchina e risponde che c'è tempo; lo
incontro a Chiaja, gli rivolgo un'occhiata che è un'interrogazione; egli
si contenta di salutare e sorridere in un modo misterioso. Così al teatro,
così dappertutto; io vivo nella massima curiosità:
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