Roberto è bello, ha
ventisei anni... e stamane il signor Montefranco padre, mio futuro
suocero, è rimasto in conferenza due ore con la mamma!
--Oh!
--Segni di attenzione nel mio pubblico. La visita del papà l'ho saputa da
Jeannette. Dunque il matrimonio è fatto. Resta a stabilirsi una cosa di
grave momento: quando andrò dal Vice-Sindaco, avrò un abito grigio o
foglia morta? Porterò il cappello con le sciarpe o senza?
--Come corri...
--Corro? Sicuro: non vi sono ostacoli. Con Roberto ci amiamo alla
follia, i nostri degni genitori sono contenti...
--E tu sposeresti un uomo così?
--Che significa quel così? Vocabolo elastico.
--Senza conoscerlo, senza amarlo?...
--Ma io lo conosco, l'ho visto alle corse ed alla passeggiata! Io lo adoro!
Ieri l'altro, non avendolo visto, rifiutai di far colazione e presi invece tre
tazze di caffè, per cercar di suicidarmi.
--E lui?
--Mi sposa, dunque mi ama!--replicò vittoriosamente Lulù.
Ma vedendo il volto di Sofia scolorirsi, si pentì di quella frase
imprudente e curvandosi verso di lei, le chiese con affetto:
--Ho detto qualche cattiveria?
--No, cara, no; hai ragione. Chi ama, sposa. Il difficile è farsi amare--e
sospirò lievemente.
--Farsi amare, farsi amare!--ripetè irritata Lulù.--È facilissimo, Sofia;
ma quando, come te, si ha la fronte severa, gli occhi tristi e la bocca
senza sorrisi; quando si vestono abiti oscuri; quando si va in un angolo
a pensare, mentre tutti gli altri ballano e scherzano; quando invece di
ridere si legge, ed invece di vivere si sogna; quando, giovane ancora, si
ha l'aria stanca e vecchia, allora è difficile esser amata.
Sofia abbassò il capo, e non rispose. Le tremavano un poco le labbra
come se comprimesse un singhiozzo.
--Ti ho afflitta di nuovo?--domandò Lulù.--Gli è che vorrei vederti
amata, circondata di affetto, e sposa... Che piacere se fossimo spose lo
stesso giorno!
--Follie queste: io resterò zitella.
--Nossignora, ve lo proibisco, cattiva creatura. Se Roberto è un
galantuomo, deve avere assolutamente un fratello celibe; io voglio che
abbia un fratello celibe; lo voglio!
In questa entrò la madre, in abito da uscire.
--Vai fuori, mamma?--disse Lulù.
--Sì, cara, vado dal notaio.
--Uh! dal notaio! Roba grave è questa.
--Ve ne accorgerete, signora burlona. Sofia, vieni un istante meco.
--Anche Sofia ha degli affari tenebrosi col notaio?
--Lulù, quando ti deciderai ad essere seria?
--A momenti, mamma; vedrai.
Schiuse la porta, ed al passaggio della madre e della sorella, fece due
profonde riverenze, mormorando:
--Signora, signorina...
Quando furono fuori, dalla soglia gridò loro, scoppiando in risate:
--Parlate, parlate pure: io farò le viste di non saperne nulla!
II.
Roberto Montefranco, per solito, non pensava molto: non ne aveva il
tempo. La giornata gli fuggiva fra la colazione, la passeggiata a cavallo,
le visite ed il pranzo; la sera scorreva dolcissima presso Lulù, la sua
fidanzata. Poi ci erano gli affari spiccioli da sbrigare, qualche
appuntamento con l'avvocato, qualche contratto da firmare, qualche
debituccio vecchio da soddisfare; aggiungete i preparativi della casa e
del viaggio nuziale. Appena appena se gli rimaneva una mezz'ora per
leggere e un quarto d'ora per isprecarlo alla porta del caffè. Così non lo
si vedeva mai assorto in riflessioni profonde, nè si sapeva che egli si
fosse mai occupato a risolvere qualche problema sociale: perchè, del
resto, Roberto non aveva nulla di tragico o di eroico nel carattere. Anzi
godeva di una serenità di spirito invidiatagli da molti.
Quel giorno--un giorno qualunque, di dopopranzo--si era disteso sulla
poltrona, una gamba a cavalcioni dell'altra, lo stuzzicadenti in bocca, ed
un volume delle edizioni Treves in mano, con la determinazione netta
di leggere. Il libro era interessante; ma, caso nuovo e strano, il lettore
era molto distratto; dirò di più, era nervoso ed inquieto. Non voltava
mai il foglio perchè dopo un paio di versi, le lettere uscivano di posto,
saltavano, si confondevano, scomparivano. Roberto, senza sua voglia,
partiva per le incognite regioni del pensiero.
.... Papà è soddisfatto, le zie mi mandano la loro santa benedizione, le
cuginette sono in collera, gli amici del caffè si congratulano
ironicamente, gli amici serii mi stringono la mano--dunque fo bene ad
ammogliarmi. Non si può negare che Lulù sia molto graziosa; quando
mi fissa con quegli occhietti pieni di malizia, quando scoppia a ridere
mostrando i dentini bianchi, mi vien la voglia di stringere fra le mani
quella testina leggiadra e di darle tanti e tanti di quei baci! È anche un
bel carattere, un carattere d'oro: sempre ilare, sempre di buon umore
pronta allo scherzo, piena di spirito, punto schizzinosa, malinconica
mai. Andremo d'accordo; io non posso soffrire le fronti pensierose,
massime nelle persone che amo: mi sembra che celino sempre un
segreto dolore, un dolore che non conosco e che non posso lenire, o di
cui forse sono la causa involontaria. Ad esempio, Sofia, la mia futura
cognata, ha la

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