Dal vero | Page 5

Matilde Serao
ascoltanti che vi conoscono. Un altro
giorno ricevete una lettera poco rispettosa dal fratello di una cantante in
cui si dice che se non volete smetterla di dir male della germana
correranno le batoste: voi che siete innocente di critiche musicali,
v'informate ed arrivate a sapere che un corrispondente incognito di un
giornale teatrale ignoto, si compiace firmare col vostro medesimo nome
di guerra. Ma questo equivoco non sarà il solo, nè il più innocente.
La gente comincerà a chiamarvi sempre col nome falso--le lettere
verranno a quell'indirizzo, la vostra individualità di cittadino e di
elettore tenderà a scomparire; vi avverrà che, presentato col nome di

vostro babbo, vedrete dei visi indifferenti ed aggiungendovi lo
pseudonimo, subito grandi riverenze e profondi inchini. Voi stesso,
dimenticherete il vostro casato e se ne ricorderà solo l'esattore della
ricchezza mobile! Ancora: vi è una parte del pubblico che crede lo
pseudonimo essere il rifugio dei burloni, della gente che scrive alla
giornata, ed è incapace di serio lavoro; andate un po' a farvi eleggere,
se avete stampato senza la vostra firma!
Gli è per questo che una parte degli scrittori si rifiuta al nuovo sistema:
si tratta di qualche giovanotto che ambisce al posto di professore in un
ginnasio qualunque; si tratta di qualche vecchietto quadrato,
ragionevole, che è stato uso di schiccherare, in fondo alle proprie opere,
nome, cognome, titolo qualità e magari anche la paternità e il luogo di
nascita; si tratta di qualche uomo maturo, grave, che scrive un libro con
uno scopo più o meno politico, e che quindi ha bisogno di far sapere
che è stato lui, proprio lui e non un altro ad averlo fatto.
--Vedete--mi diceva uno dei contrarii alla innovazione--questo
rifugiarsi nei nomi altrui, sa di sotterfugio, di bugia. E sapete perchè?
Perchè coloro che assumono un nome di guerra dovrebbero pensare ad
assumere anche un tono, un genere, una idea relativa a questo nome.
Per nulla; conosco uno scrittore lugubre che firma Momo, un
materialista che si chiama Psiche ed un uomo di spirito che perpetua il
tipo di un imbecille! Lasciamo correre: credete che uno pseudonimo
possa andare ai posteri?
--La letteratura moderna ha troppa fretta per pensare ai posteri--gli
dissi.
--E la gloria?
--Bah! È un pezzo che la critica l'ha abolita.

CASA NUOVA.
È deciso, si deve andar via: basta una letterina gentile al proprietario
dell'appartamento per indorargli la pillola e si è liberi. Si dà in un

grande sospiro di sollievo per aver affermata la propria indipendenza e
si enumerano la millesima volta le buone ragioni per cui si va via.
Ragioni solide: una scala alta come quella di Giacobbe; sopra le stanze
piccine; d'inverno il freddo; di estate il caldo. Sempre il medesimo
orizzonte: un palmo e mezzo di cielo, sette centimetri di collina ed un
campanile; di mare e di Vesuvio neppur l'ombra; giù, una straduccia
rumorosa ed antipatica. I vicini, gente noiosa: il damerino che si pettina
ad uno specchietto presso la finestra, la sarta che inaffia la malvarosa, il
giudice che litiga con la moglie, la signorina che impara la réverie di
Ascher dalla mattina alla sera: sempre gli stessi visi, sempre le stesse
voci.
E dentro la casa, che monotonia! Gira, gira e rigira, si è sempre in un
posto: tutto è uniforme, regolato, ordinato; lo stesso disordine del
salottino è stato pesato e discusso; dello studiolo non si discorre le
pareti occupate dalle librerie, il tavolo di fronte alla finestra, le statuine
sui piedestalli, una simmetria desolante. Lo spirito è oppresso,
schiacciato, ridotto al silenzio; i suoi slanci e le sue ispirazioni si
frangono contro tutta quella immobilità, non ci è più modo di scrivere,
di lavorare, di sorridere. Irritazione, dispetto, fastidio in tutti; la casa è
brutta, cattiva, micidiale; si è stanchi, si soffoca, si muore, bisogna
scapparne via.
Sospiro di conforto.
* * *
Invece la casa nuova, quella dove si andrà, è un amore, un paradiso
terrestre. È vasta, ci si può giocar di spadone, vi è lusso di aria e di luce,
il Vesuvio entra nella stanza da pranzo, il golfo nel salotto, dal terrazzo
si veggono tutte le colline tenersi per mano. I vicini sono roba fina,
aristocratica; si è saputo, così di straforo, che vi sono due cavalieri, una
contessa, un vice-sindaco, un ex-ministro, figurarsi! Il portinajo, una
vera pasta di miele, una perla nascosta nella conchiglia del suo casotto.
I mobili andranno sottosopra, vi sarà un grande rimestío, se ne
compreranno dei nuovi ed i vecchi avranno la pensione in soffitta;
discussioni infinite su questo soggetto. Tutto sarà nuovo, bello, diverso.
E quanti cari progetti, quante dolci speranze si realizzeranno nella casa

nuova! Si farà il matrimonio di Carolina, il figliuolo ritornerà dal suo
lungo viaggio, ed allora che feste, che allegria! Il lavoro progredirà
rapidamente, l'ispirazione verrà; non
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