con gli occhi stanchi ed il petto
logorato accompagna con la voce il tic-tac della macchina; il muratore,
arrampicandosi per le impalcature dove arrischia la vita, gitta al vento
le note della sua canzone; nel seno della terra dove non entra barlume
di sole, il minatore unisce ai colpi regolari della sua piccozza un
monotono ritornello. Il popolo non ha svaghi, non ha consolazioni, non
ha gli strani piaceri in cui noi ci anneghiamo--il popolo per dimenticare,
per non maledire, per sorridere, non ha che il canto. Lasciatelo
cantare...
Chi sa! È forse così che parla a Dio.
PSEUDONIMO.
Parola aspra ed invenzione antica. Se le escursioni storiche fossero
permesse con la stagione che si avanza, troverei bene qualche monaco
medioevale che se ne servì per isfuggire la scomunica, qualche timida
poetessa che vi adombrò i suoi lamenti d'amore, ed infine, per
congiurare direttamente contro la pace del lettore, io parlerei
dell'Arcadia. Ma tutto questo, oltre all'essere micidiale, sarebbe anche
inutile; perchè lo pseudonimo, come passaporto, come legge, come
istituzione, è una gloria della letteratura moderna. E più che una moda,
è una febbre, una smania: dall'articolista di grande giornale sino al
droghiere del villaggio che manda le nozioni di chimica al giornaletto
del capoluogo; dal romanziero rinomato sino al biondo adolescente che
pubblica le sue novelle sui letterari e clandestini periodici della
domenica; dalla scuola romantica che muore, a quella realista che crede
di essersi affermata; dal poeta sommo a quello che confeziona sonetti:
tutti, tutti pare abbiano il vivissimo bisogno di lasciare il proprio nome
e di prenderne un altro. È una protesta in regola contro il gusto di
babbo e mamma, contro il registro dello Stato Civile e quello della
parrocchia: libero nome in libera letteratura! Lo pseudonimo diventa un
elemento necessario, indispensabile di successo; basta averlo per poter
scrivere; anzi qualcuno pensa a provvedersene prima di esser sicuro che
conosce la lingua italiana.
Trovarlo non è molto difficile: vi è il campo della buona ed inesausta
mitologia, vecchia mitologia, che tutti spregiano ed a cui tutti ricorrono,
quando vogliono esprimere la parvenza del bello e del divino; vi è la
storia, fantasmagorica galleria di tipi spiccati ed eccezionali; vi è l'arte
con le sue manifestazioni pittoriche, scultorie, musicali, poetiche; vi
sono le stranezze dei nomi greci, la severità dei latini, i modi di dire, i
sottintesi di tutte le altre lingue; vi sono i fiori, il paradiso, le stelle,
l'inferno--ed il mondo. Un vocabolario senza fine! Allora si cerca, si
cerca, si cerca; si discute, si chiede agli amici, s'interroga l'amica, si
consulta il professore, l'archeologo: oggi vi è una decisione, domani
esitazione, dopodomani abbandono. Da capo a cercare, è un affar serio,
bisogna averlo, non si può vivere senza di esso, ne va della dignità;
l'attenzione si ferma, finalmente! Lo pseudonimo è trovato, lo si
assume, lo si spiega, lo si commenta; è stampato sulla carta da lettere,
ricamato sui fazzoletti, inciso sul suggello--investitura completa. Il
fortunato possessore passa a godere i vantaggi ed i malanni della sua
nuova proprietà.
Facciamo vi sia un poetino, il quale senta l'irresistibile desiderio di
narrare al pubblico i dolori del suo cuore trafitto ed intanto si chiami
Pasquale; i dolori ed il cuore trafitto, hanno un carattere
d'incompatibilità col nome Pasquale. Ebbene, una firma nebulosa,
Vesper, ed il rimedio è trovato; le giovani lettrici si commuovono ed
ammirano. L'unica cosa che possa attenuare le proporzioni di un fiasco
è lo pseudonimo, santuario in cui si ricovera dignitosamente l'autore
offeso, pronto ad uscirne nel caso di un successo. E dove mettete quella
cara libertà di sbizzarrirsi, di punzecchiare l'amico? Nessun obbligo di
esser modesto, facoltà di dire sciocchezze, paradossi, financo verità:
tutti sorrideranno, nessuno andrà in collera ed in questi tempi di
squisitissime suscettività nervose, un parafulmine morale è cosa molto
utile. Si stabilisce un dualismo, uno sdoppiamento, una impersonalità
piena di diletto; l'uomo arrischia le sue riserve senza paura, la donna
anche si mette in campo. Volere o non volere, la donna è sempre un po'
timida--le ragioni non servono--ha scorno di rivelarsi e tiene per sè le
acute e sottili osservazioni, le sfumature del sentimento, le cognizioni
del cuore, se queste parole vanno bene insieme. Tutto questo si perde,
perchè ci vuole un pochino di coraggio a firmare in disteso anche la più
piccola verità: invece sotto la salvaguardia del nomignolo, le
confessioni si fanno adito, si espandono, si moltiplicano con la
massima soddisfazione dei signori uomini, che vedono esser questo
l'unico mezzo per saperne qualche cosa di più sulle signore donne.
La storia aneddotica dello pseudonimo è molto ricca. Sono incidenti
agrodolci, talvolta punto piacevoli: state con gente in un ritrovo e salta
fuori uno sbarbatello che non vi conosce, a dichiarare che il tale
(declinazione del vostro nomignolo) è un cretino nato e
pasciuto--quadro plastico degli
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