che
annunciava il disastro di Dogali, per non lasciarsi traviare a sentimenti
di troppa commozione, Filippino Doria comandò gli esercizii militari e
per una mezz'ora condusse intorno al biliardo la schiera degli Ascari
ammantati in bianche tovaglie, col viso dipinto di cioccolata, finchè fu
decretata la morte di Ras Alula nella persona di Lolò, cioè del contino
Lulli. Gli fecero una testa africana col nero fumo, lo addobbarono di
tovaglioli e punf.... lo fucilarono con le stecche. Liana per simulare il
sangue gli versò nel colletto della camicia una mezza bottiglia di vin di
Barolo.
A parte questi giochi eran del resto tutti buoni figliuoli; buoni, s'intende,
a far nulla; ma già qualcuno cominciava a capire che a questo mondo
non si è venuti soltanto per far delle schiocchezze. Erminio Bersi stava
per prender moglie; Ezio Bagliani carezzava l'idea di finire i suoi studi
legali e di pigliarsi una buona volta la sua laurea a Genova o a Pisa.
Don Andreino, trascinato nell'orbita di suo cugino deputato, il conte
Andrea della Roncaglia, mescolava alle corse, alle regate, un po' di
sport elettorale e qualche sua personale velleità politica,
--Sei proprio in collera del tutto con Liana?--chiese don Andreino,
quando dopo infiniti patimenti ebbe finalmente infilato il remo in una
forcella.--Mi ha detto che tu le fai un gran male,
--Ne ho gusto.
--Non vuoi proprio più saperne di lei?
--Non si è già consolata abbastanza col suo americano?
--L'americano è un ripiego.
--Sai quel che mi ha fatto a Nizza?
--Lo so: ma tu sei troppo feroce, Ezio.
--Vada a farsi benedire. Mi ha seccato abbastanza. E poi ho bisogno di
far giudizio quest'inverno.
--Ho capito--soggiunse Lolò quasi piagnucolando--vuoi prender moglie
anche te. Allora io faccio il deputato.
--Bada, tieni a destra. Vedo laggiù al Castelletto la finestra di mia
cugina Flora ancora illuminata. Andiamo ad augurarle la buona notte.
--Due minuti dopo il canotto ballonzava sotto il terrazzo d'una modesta
casa posta a picco sul lago sostenuta da tre archi di muro e coronata da
una torricciuola merlata dipinta a striscie rosse e nere, che giustificava
agli occhi della gente il nome di Castelletto. Per quanto umile e goffa
nella sua struttura di pasticcio mal riuscito, tuttavia all'indulgente
raggio della luna anche quel vecchio rudere di casa colorata, chiusa tra
un cipresso da una parte o un gran ciuffo di oleandri dall'altra, aveva la
sua modesta poesia.
--Ohe, Flora...--gridò Ezio, intonando il deh vieni alla finestra del Don
Giovanni. La finestra illuminata si aprì e dalla porta a vetri uscì sulla
terrazza la ragazza dai capelli rossi, in una vestaglia chiara, che il
raggio candido della luna avvolse d'una luce patetica.
--Che fate in giro a quest'ora, vagabondi? gridò Flora.
--E tu che cosa fai al mesto lume della lucerna?
--Sto copiando quella tua dissertazione di laurea. Sai che il tuo gobbetto
ha una scritturaccia da gallina?
--Ti presento don Andreino Lulli, una grande autorità sportistica e un
futuro uomo politico.
--Per celia, signorina--corresse il contino agitando il cappello.
--I vostri schiamazzi dal Ravellino arrivano fin qua, Chi è che giuoca al
bersaglio?
--Vogliono ammazzare la luna.
--È una vergogna, a quest'ora.
--La mamma sta bene?
--Dorme.
--Non logorarti troppo gli occhi per me, povera Flora. Domattina sei in
casa?
--Sempre ci siamo.
--Mi pigliate a colazione? ma sans-gêne; due uova, due fette di salame
e un caffè nero. Vedremo di leggere insieme qualche pagina di questo
malaugurato scarabocchio.
--Va bene: alle nove?
--Alle nove. Addio, Flora...
--Addio--rispose Flora, alzando la voce per seguire il canotto che si
allontanava come una freccia: e le parve che un piccolo eco nascosto in
qualche crepa del monte opposto ripetesse di là del lago;--Addio....
* * * * *
Villa Serena nel seno più interno della riva spiccava solitaria nel
giardino vasto e oscuro, che l'abbracciava tutta nelle sue ombre
profonde. Era una casa aperta sul lago con terrazzo a lunga balaustra di
pietra bigia, ornato di grossi vasi di sasso, colla facciata d'una gravità
signorile senza pompa e senza leziosaggini, una casa ancora senza
storia, che Camillo Bagliani, il padre di Ezio aveva acquistato poco
prima della morte della sua prima moglie. Vi aveva poi condotta la
seconda moglie, Vincenzina, vi aveva raccolto le sue memorie e vi era
morto anche lui da poco tempo, dopo aver passato gli ultimi anni di vita
in uno stato di lenta paralisi sul balcone della camera che prospetta il
piano più vasto del lago.
Ezio vi era, si può dire, cresciuto negli anni più belli della sua
giovinezza e dopo la morte del babbo considerava Villa Serena come il
rifugio delle sue idee migliori. Per rispetto a donna Vincenzina, sua
seconda madre, l'eco dello gazzarre del Ravellino non vi doveva
nemmeno arrivare e dagli amici suoi, tranne questo contino Lulli, che
aveva una specie di salvacondotto nel
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