cadere e non ebbe il coraggio di
fermarsi per raccoglierla, e via.
I fantasmi altro non erano che i nostri giovani, i quali nel ritirarsi
inciamparono nel cappello e nella sciabola e siccome le loro sentinelle
avevano osservato l'approssimarsi delle spie e la loro fuga, ne venne
che la scoperta degli insperati trofei produsse tra loro un'immensa
ilarità.
CAPITOLO IV
I TRECENTO
La prima voce che s'udì nel loggione era voce d'uno da noi conosciuto:
la voce di Attilio.
Attilio, l'intemerato, a vent'anni era stato con voti unanimi eletto da
quei generosi a capitano. Tanto è il prestigio del valore e della virtù e,
diciamolo pure, anche dell'avvenenza e robustezza del corpo! E Attilio
meritava la fiducia dei suoi compagni. Alla bellezza dell'Antinoo egli
aggiungeva il profilo e il cuore del leone.
Dopo aver girato Io sguardo sull'adunanza ed essersi assicurato che tutti
erano muniti di un nastro nero al braccio sinistro (segno di lutto per gli
schiavi, da non deporsi sino alla liberazione di Roma, e segno di
ricognizione dei trecento) Attilio così cominciò:
"Fratelli! Sono ormai due mesi che le soldatesche straniere, unico
puntello del papato, devono sgombrare e non lo fanno. Essi lordano
ancora le nostre contrade e sotto pretesti futili rioccupano le posizioni
che già aveano abbandonate quando dovevano uniformarsi alla
Convenzione del settembre 1864. Or tocca a noi. Pazientammo diciotto
anni, subimmo il doppio giogo, egualmente esacrato, dello straniero e
del prete. Ed in questi ultimi anni, pronti a menar le mani, fummo
trattenuti da quella setta ermafrodita che si chiama de' moderati, e altra
moderazione non ha e non usa che quella d'impedire il fare e il far bene:
setta infame e divoratrice siccome il prete, pronta sempre a patteggiare
collo straniero, a far mercato dell'onor nazionale pur d'impinguare
sull'erario dello Stato che trascina a sicura rovina.
Di fuori i nostri amici son pronti e noi accusano di neghittosi. L'esercito,
meno la parte legata alla pagnotta, è tutto con noi. Le armi che
aspettavamo, per distribuire al popolo, sono giunte e stanno in luogo
sicuro. Di munizioni ne abbiamo più del bisogno.
A che dunque tardare più oltre? Oual nuova occasione dobbiamo
aspettare? Il nostro grido sia: "All'armi"...".
E "All'armi! all'armi!" fu la risposta dei trecento congiurati.
La stanza romita dove forse gli antichi eroi venivano ancora nella notte
a meditare sul servaggio delle nazioni, rimbombò al grido dei trecento
giovani, che giuravano di voler libera Roma, e l'eco diffuse tra le
secolari macerie dello sterminato Colosseo il maschio grido di quella
coorte.
Trecento! Trecento come i compagni di Leonida, come gli eroi
dell'antica famiglia dei Fabii, erano i giovani nostri amici; i quali non
avrebbero ceduto il loro posto, sia di liberatori, sia di martiri per un
impero.
"Che Dio vi benedica, anime predilette!--riprese Attilio.--Non ebbi mai
dubbio dell'unanime eroica vostra risolutezza per l'opera santa! Noi
felici, cui la sorte affidò la redenzione dell'antica padrona del mondo
dopo tanti secoli di servaggio e di brutture pretine.
Or come ognuno di voi ebbe la sua parte di popolo, suddiviso per rioni,
ad educare, così quella stessa parte di popolo sia da ciascuno di voi
guidata il giorno della battaglia che non sarà lontana, il giorno in cui
verranno infranti i ceppi della nostra Roma e risorgerà questo popolo
che il prete, schiuma d'inferno, il prete solo, poteva depravare,
corrompere, abbruttire a tal segno da cambiare il grandissimo fra tutti i
popoli nel più meschino, più abbietto, ed ultimo popolo della terra.
Sì, è stato il prete che ha avuto il merito di educare gli italiani
all'umiliazione ed al servilismo. Mentre lui si faceva baciare la
pantofola dagli imperatori, chiedeva agli altri esercitassero l'umiltà
cristiana; mentre predicava l'austerità della vita, egli sguazzava
nell'abbondanza, nella lascivia e nel vizio. Inchini e baciamani: ecco la
ginnastica insegnata dal prete al popolo. Per Dio, lo dobbiamo a lui se
la metà di noi porta il gobbo, od ha la spina dorsale curvata! La lotta
che siamo per imprendere è santa. E a noi, non solo l'Italia, ma il
mondo sarà grato se giungeremo a liberarlo da questa maledizione.
Imperocché tenete per certo che nel mondo intero sarà possibile la
fratellanza umana ove sia liberato dai preti...".
A questo punto era arrivato col suo ardente discorso Attilio, quando un
lampo improvviso illuminò la vasta navata del Colosseo, come se a un
tratto mille torcie si fossero accese per incanto. Al lampo tenner dietro
le tenebre più fitte di prima ed un terribile tuono scosse fino dalle
fondamenta la sterminata mole.
Non impallidirono i congiurati, disposti come erano ad affrontare la
morte in qualunque guisa, né rimasero scossi. Ed ognuno di loro corse
colla destra nel seno a ricercare il ferro. Quando, quasi fosse un seguito
della meteora, s'udì una voce di disperazione risonare nel vestibolo
dell'anfiteatro e poco dopo una
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