Clelia | Page 4

Giuseppe Garibaldi

Gianni fu veduto da Attilio entrare nella casa ov'egli contrattava la
stanza per Cencio, e quindi fu visto avviarsi e penetrare nel vestibolo
del superbo palazzo Corsini, ove abitava il suo padrone.
"È dunque Don Procopio l'uomo" disse tra se il nostro eroe, Don
Procopio il favorito ed il più dissoluto della caterva dei masnadieri
principi di Roma; e andò innanzi immerso nelle sue riflessioni.

CAPITOLO III
LA CONGIURA
Privilegio dello schiavo è la congiura e pochi sono gli italiani di tutte le
epoche del servaggio del loro paese i quali non abbiano congiurato. E
poiché il dispotismo dei preti è il più esoso di tutti, il più degradante ed
infame, si può tenere per certo che il cospirar dei Romani dati dal
dominio di questi impostori.
La notte dell'8 febbraio era in Roma notte di congiura. Convegno il
Colosseo; perciò Attilio dopo aver pedinato quel messo di delitti che si
chiamava il Gianni, anzi che avviarsi alla sua casa prese la via di
Campo Vaccino(10).
(10) Antico foro Romano. Che trasformazione d'un nome sì glorioso!
Era oscura la notte e nuvoloni neri neri si addensavano sulla città santa
spinti da violento scirocco: il mendico di Roma avvolto nel suo
mantello cencioso cerca ripararsi in qualche aristocratico portone, o
sotto il peristilio di qualche chiesa; il prete servito dall'inseparabile
Perpetua sta invece rifocillandosi a lauta mensa e si prepara a delizioso
riposo, di vivande ripieno e di vini prelibati.
Là nel fondo dell'antico Foro sorge il maestoso gigante delle ruine,
tetro, imponente, segnando a questa generazione di schiavi cento
passate generazioni e ricordando ai Romani che la loro Roma,
sconquassata dal tempo e dalla vendetta delle già oppresse nazioni

crollò, non cadde.
Lo straniero suole visitare il Colosseo a lume di luna. Ma bisogna
vederlo in una oscura notte di tempesta, illuminato dal lampo, scosso
dalla folgore e pieno di cupi e strani rimbombi.
Tale era la notte dell'8 febbraio, quando i congiurati ad uno ad uno per
diverse vie si avvicinavano all'anfiteatro dei gladiatori e delle fiere,
avvolti in ampi mantelli che nella luce incerta parevano toghe. È
privilegio oggi de' mendichi soltanto quello di andare per le vie di
Roma coperti dal tradizionale mantello in guisa da parere togati; e forse
non pochi mendichi v'erano tra que' generosi, perché sulla terra dei
Bruti spesso si nasconde sotto cenci l'animo virile di un gladiatore
pronto a gittare la sua vita nell'arena, ove si contende la liberazione de'
popoli.
Tra le mille loggie ove soleva adunarsi il popolo-re, ve ne eran varie
più spaziose delle altre, forse in antico destinate agli imperanti, alla
corte, ai grandi. Il tempo le avea ridotte ad una sola. Non seggioloni,
non arazzi adornavano il recinto. (E che importavano gli adornamenti a
coloro che s'eran sacrati alla morte?). Le macerie eran per loro pareti,
tribune, sedili.
Al fioco lume di una lanterna sorda di cui eran muniti i congiurati si
vedevano ascendere per diverse vie quei coraggiosi propugnatori della
libertà romana e giunti nel loggione (tale era il nome dato da loro al
recinto) ognuno vi prendeva posto senz'altra cerimonia che una stretta
di mano tra i vicini, poiché tutti eran conoscenti ed amici.
Quando quasi tutti furono al loro posto una voce sonora si udì nel
recinto che gridò: "Le sentinelle sono a posto?" Un'altra voce dall'altro
estremo rispose: "A posto". Allora il lume di una torcia accanto alla
prima voce illuminò centinaia di fisonomie simpatiche di giovani quasi
tutti al disotto dei trenta, ed altre torcie si accesero qua e là per vincere
l'oscurità della notte.
I preti non mancan di spie e spie famose sono i preti stessi, onde ad
alcuno sembrerà strano che una massa di congiurati potesse riunirsi
impunemente in Roma. Ma bisogna riflettere che nella santa città vi
sono deserti e che il Campo Vaccino, principale di quei deserti,
racchiude tante rovine quante forse non sono tutte insieme le rovine del
mondo. Poi, in una città come quella, un mercenario, che ama la pelle
sopra ogni cosa del mondo e fa servigi più in apparenza che in fatti, non

corre ad avventurare la codarda sua vita in quelle macerie, assai men
secure delle vie di Roma ove un uomo onesto è già sì poco sicuro.
In una città superstiziosa come è la Metropoli cattolica, non mancano
leggende di apparizioni tra le rovine, né manca chi ci crede. Anzi si
conta: che in una notte tempestosa come questa, due sgherri più
avventati degli altri, avvicinandosi nelle loro ricerche al Colosseo
scorsero una certa luce e contenti di tale scoperta, si fecero innanzi per
riconoscerla; ma che procedendo verso quella parve loro vedere
fantasmi così spaventevoli, che sopraffatti dal terrore se la diedero a
gambe, perdendovi uno il cappello e l'altro la sciabola che aveva tentato
di sguainare, ma che tremante lasciò
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