Carta bollata | Page 7

Salvatore Farina
nulla senza la
carta bollata. Ahi! questo piloro, questo fegato, questo demonio mio!
Mettiti a sedere; vedi là, vi dev'essere una sedia libera; l'hai trovata?
Bravissimo; e ora dimmi il caso tuo. Ahi!
La perplessità singolare di Giusto durava ancora; egli udiva le parole
dell'usciere ammalato, ma ascoltava i passi della cuginettina bionda,
che dava sesto nell'altra stanza; costretto a dire la molla che l'aveva
spinto fino in casa del cugino usciere, nella sua perplessità affermò che
le molle erano due.
Curioso! Il fatto che le molle fossero due, mentre erano sembrate una
sola all'usciere, lo rallegrò invece di fargli pena. Pensò subito che
fossero due cambiali precettabili.

--Se sono pagherò o tratte protestate è meglio, ma fossero anche
citazioni, io sono agli ordini tuoi; non pagherai altro che le spese vive.
--Grazie, ma non è questo; io vengo da te unicamente perchè ho
bisogno di due cose...
Pensò un momentino se gli convenisse prima parlare dell'agente delle
imposte, e riconobbe che era meglio parlarne dopo. E allora?...
--La prima è tua figlia.
--Cristina! come entra mia figlia nel caso tuo?
--Sì, proprio Cristina: sono venuto a chiedertela in moglie...
--Per te?...
--Ma... mi pare.
--Ma tu non sai che Cristina ha diciasette anni soltanto, e tu, se i miei
conti tornano, ne hai almeno trentatre....
--Sonati... È disgraziatamente vero; ma io mi sento giovanissimo
ancora...
--Sentirsi è una cosa, essere è un'altra; come la pittura d'una cosa non è
mai la cosa medesima... Mi spiego? Se non mi faccio intendere
abbastanza, mi spiegherò meglio: per mia figlia ho altre vedute. E non
ne parliamo altro; se mi vuoi dire l'altra cosa... ahi!
Giusto stette un po' a pensare e lì per lì non rispose.
--Me la vuoi dire? insistè l'usciere.
--Ci penso... Non te la voglio dire, tanto non ci guadagnerei nulla.
L'usciere non era punto curioso e lo disse:
--Pazienza! io non sono curioso.

--Ti saluto, conchiuse Giusto, rizzandosi da sedere; guarisci, cura il tuo
piloro, torna presto al tribunale e stammi allegro.
--Senti ancora; che premura hai? senti.... Cristina non sa nulla?
--Non sa nulla ancora.
--Ti conviene che non sappia mai; io non le dirò niente, te lo prometto.
--Grazie.
L'usciere dal suo letto chiamò forte «Cristina!» perchè accompagnasse
il faro della pittura lombarda fino all'uscio, e Giusto disse a se stesso:
--Essa invece saprà subito e saprà tutto.
E appena apparsa la faccetta soave della cugina, egli le disse:
--Sai? me ne vado; la cosa che domandavo a tuo padre, mi è riuscita
male...
--Me ne spiace tanto...
--Ah! se fossi sicuro che ti spiacesse tanto, quasi mi consolerei un poco.
Cristina aprì gli occhioni belli a guardare il suo parente, non intendendo
ancora.
--Si può sapere che cosa gli hai domandato? domandò ingenuamente.
--La vuoi proprio sapere?
Cristina non rispose nulla, perchè l'occhio nero del faro della pittura
lombarda le andava dicendo tante cose.
--Te la dirò all'orecchio.
Ma tacque un poco, aspettando il pentimento.

Cristina non respirava più.
--Dimmela, balbettò con un fil di voce.
--Gli ho chiesto... te... in isposa... ed egli mi ha risposto: no.
--Cattivo babbo! scappò detto alla creatura ingenua; e diè in un pianto
dirotto.
Giusto, a cui da poco in qua sembrava di sognare, a questo punto del
suo sogno si svegliò in paradiso.
--Cristina! gridò forte l'usciere dall'altra camera; Cristina!
Nessuno gli rispose.
--Senti, bambina mia, tu ora mi fai felice, ma asciuga le tue lagrime; se
vuoi proprio, se mi saprai aspettare, io ti farò mia; vuoi?
--Sì, voglio.
--Allora dammi un bacio; e speriamo insieme.
Cristina diede il bacio senza titubanza.
--Cristina! chiamava Ippolito dal suo letto; dove si è cacciata quella
ragazza?... Cristina!
--Trovo la mia strada da me, rispose Giusto a voce alta.
Si pigliò in silenzio un altro bacio dalla bocca soave, un altro bacio
pose sulla fronte della sua fanciulla, e se ne andò fidanzato.
Ma non aveva trovato nulla per l'agente delle imposte.

III.
Tutto il rimanente di quel giorno Giusto non fece altro se non pensare

alla sua fidanzata, ed ebbe solo un po' di requie quando con poche
pennellate di biacca, di cinabro e di cromo si fu messo dinanzi la faccia
gentilina e i capelli d'oro che gli trottavano nella fantasia. Ogni giorno
avrebbe aggiunto qualche cosuccia alla tela, pur che ogni giorno
trovasse modo di vedere Cristina, in casa, o alla finestra, o alla
passeggiata. Uscirono da quel cervellaccio di grande artista tutte le
melanconie della tassa di ricchezza mobile, dimenticò perfino
l'esistenza d'un agente delle imposte e gli parve di vivere in una Italia
nuova, fatta allora allora per lui e per Cristina, in un'Italia dove si fosse
perduta la mala semente dell'esattore e non si conoscesse nemmeno la
necessità di rifare il Cenacolo quattro volte l'anno per campare la vita.
Camminando per le vie, a testa
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