Amedeide | Page 8

Gabriello Chiabrera
per ira i peccator
dispera,
Che 'n lor miseria i Rodiani aita
Sperin da tua mercè per
mia preghiera,
Etti palese; e s'io per lor procuro,
Di non spiacerne a
Te son ben sicuro.
VII
Eterno Redentor, tempra i disdegni,
E di tua gran bontà cresci gli
esempi;
Non dar popoli tuoi, non dar tuoi regni
A' tuoi nemici
abbominati ed empi;
Quante rie ferità, quanti atti indegni
Su gli
aitar forniransi, e dentro i Tempi?
Quante vergini piè verransi a meno?

Deh Dio, deh stringi a la giustizia il freno.
VIII
Così pregando inginocchiato avante
Del Signor stava a l'immortal
presenza,
E di vera pietà colmo il sembiante
Tenta per ogni via

l'alta clemenza.
A quel parlar commosso il gran Tonante,
Rivolse
nel pensier nova sentenza,
E si dispose a dispensar pietate;
Poi
queste fece udir voci beate:
IX
In lor gran cecità non mai per certo
Fian ciechi i peccator, s'a' lor
peccati
Dimanderan perdon col vostro merto,
O nel colmo del Ciel
spirti beati;
Ed oggi i Rodïan del mal sofferto
Godranno il fine, e gli
avversarj armati
Vedran sul campo traboccar funesti;
Con sì fatta
pietà preghi porgesti.
X
Così diceva, ed il pensier, che chiude
Nel petto eterno, a Gabriel fa
chiaro;
Scenda di Sciro in su l'arene ignude,
Ove il grande
AMEDEO vinto gittaro
Di concitato mar tempeste crude,
Poi ch'i
navigli suoi sparsi affondaro;
Indi per l'ampio mar seco sen vada,
E
poi di Rodi al fin gli apra la strada.
XI
Dier lode allor nel Re del mondo intenti
I gran stuoli de gli Angioli, e
dei Santi;
E gli aurei cerchi de le stelle ardenti,
E i campi eterni
risonaro a i canti.
Ma veste infra soavi almi concenti
Fulgidi vanni
a fulgido or sembianti
Quel divin nunzio, e ne fornisce il tergo,
Ed
esce fuor del sempiterno albergo.
XII
Qual se poi lungo vagheggiar l'aspetto
De l'aureo sol, de le stellanti
sfere,
Move aquila superba aspro diletto
A sanguinar l'unghie ritorte,
altiere,
Sù, le nubi nel ciel fende col petto,
E 'n un punto quà giù
l'aure leggiere,
E quanto è d'aria infra la terra, e 'l polo
Sembra
solcar, sembra varcar d'un volo;

XIII
Tal giù si cala, e le volubil piume
Rivolge intento a l'arenosa sponda,

Ove tra salse, e tra cerulee spume
Il procelloso Egeo Sciro circonda;

Omai de l'alba rugiadosa il lume
Indorava del mar l'instabil onda,

Quando l'Angelo giunse a l'antro ombroso,
Ove in terra AMEDEO
prendea riposo.
XIV
Egli lo stuol de' suoi, che 'n mare estinto
Scorse affondar ne la
tempesta rea,
Pianse dolente, e se medesmo; or vinto
I nobili occhi
in sul mattin chiudea;
Quì fronte annosa, e lungo crin ritinto
In
molta neve il messaggier prendea,
E di rigidi manti il busto involve;

Lo scote, e sveglia, indi la lingua ei solve:
XV
O d'arme invitto, e più di cor gentile,
Germe immortal degl'immortali
Eroi,
Com'è, che d'ozio neghittoso e vile
Non tuo valor, non tua
virtù s'annoi?
Tu di vil plebe a seguitar lo stile
Or volgi riposando i
pensier tuoi;
Ma qual poscia in Italia, almo paese,
Fia sculto marmo
a le tue chiare imprese?
XVI
Allor di doglia al così dir confuso
Tragge dal mesto cor lungo sospiro,

E diceva AMEDEO: del vulgar uso
L'anima serva a le viltà raggiro?

Io vago d'ozio? che risplenda, o chiuso
Stia 'l sole in mar, questa
prigion sospiro?
Ah che quì circonscritto odio la vita,
E conto ore e
momenti a la partita.
XVII
Sciolsi spirando in cielo aure serene,
Del gran Sïon per adorar le
mura;
Ma su per queste inabitate arene
Ruppe nostri sentier cruda

ventura;
Sì tra fere, e tra boschi il ciel mi tiene,
Come tu scorgi e 'l
lagrimar non cura;
Così l'onor, di che sperava altiero
Mio nome
incoronarsi, omai dispero.
XVIII
Ma tu chi sei? che 'n sì crudel martoro
Anima afflitta visitar non
sdegni?
Vivi mortale? od immortal fra loro,
C'han pace eterna in su
gli eterni regni?
Se m'appari celeste, ecco io t'adoro;
Toglimi, o
Santo, a tanti casi indegni;
O perchè mia memoria indi difenda,
Sì
rei destin la bella Italia intenda.
XIX
Così pregava alto gemendo; allora
Sparse d'eletti fior nembo
giocondo
L'Angelo intorno; e sè di raggi indora,
Mirabil vista!
entro fulgor profondo:
Dice, o guerrier, del cui gran pregio ancora

Memoria eterna fia sacrata al mondo,
A più lieti pensier l'alma rivolta,

E me messo di Dio verace ascolta.
XX
Come risorga il sol, (del mar forniti
I rischi or son: non paventar sue
frodi)
Pensa al partir; ma ricercar quai liti
Deggia partendo, di mia
bocca or odi;
Asia, Orïente, eserciti infiniti,
Arme d'inferno, aspro
guerreggian Rodi,
E mille armate navi, orribil guerra,
Tutto
chiudono il mar, chiudon la terra.
XXI
Oppressa da furor barbari ed empi
Sente omai da vicin l'ultimo pianto;

Va tu colà; suoi formidabil scempi
Saran del ciel cura pietosa
intanto;
Là fa scudo a gli altar, fa scudo ai Tempi,
E di Savoia
sempiterna il vanto;
Così diceva; e di pietate accese
L'anima fida a
le sacrate imprese.

XXII
S'invola poscia il volator Divino,
Qual sparisce per l'aure aureo
baleno.
Tende le palme, e reverente inchino
Traeva gridi il cavalier
dal seno:
Qual celeste pietà, qual mio destino
Ti veste l'ali? e giù
dal ciel sereno
A questo afflitto dispensar conforto
Te quì possente
messaggiero ha scorto?
XXIII
Deh se ne l'alto ciel fatto hai ritorno,
Mio pronto cor, deh tua pietà
non cele;
Esponlo, prego, a' piè di Dio; col giorno,
Qual tu
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