Amedeide | Page 7

Gabriello Chiabrera
opportunità di godersi Genova a spese di Savona.
Così visse GABRIELLO CHIABRERA fino all'anno 87 della sua vita:
mancò poco a poco, per vecchiezza anzichè per forza di morbo. Ed
essendo vivuto mai sempre, come a vero cattolico s'addice, sentendo
appressarsi il fine del suo vivere, si confessò d'ogni sua colpa al P.
Garassino, Servita, e ricevette il Viatico e l'Olio Santo dalle mani di
Benedetto Malfante suo parroco. Confortato in tal guisa dalla Religione,
si morì il 14 ottobre 1638; e il dì appresso, fu il suo cadavere
onorevolmente accompagnato alla chiesa di S. Jacopo de' Minori
Riformati, e nell'arca della sua famiglia deposto; ma nè la moglie,
benchè agiata ed erede del marito, nè gli amici, nè il Comune
pensarono mai a onorarne la tomba. Lelia sopravvisse fino al 1647. Il
testamento del Poeta ha la data del 3 febbrajo 1634; quello della sua
vedova, del 5 maggio 1640: ambedue ricevuti in Savona dal notajo
Marcantonio Castellini. Qui porrò fine alle notizie di GABRIELLO
CHIABRERA, principal vanto di Savona, gloria della Liguria ed
ornamento d'Italia.
ANNOTAZIONI ALLA VITA.
[1] Benchè il Chiabrera non dica per qual motivo Giovanni suo zio
abitasse in Roma, io credo poter affermare che ciò fosse per ragione di
commercio. Certo è che Augusto fratel naturale del Poeta
_maneggiava_ in Roma _la dote_ di Lelia; e maneggiare qui significa
_mercanteggiare_. Lelia era di casa Pavese; e che i Pavesi eziandio
tenessero negozio in Roma, è cosa notissima. Sappiamo similmente che

al commercio applicavano nella capitale del mondo cattolico i Siri,
ragguardevole famiglia di Albisola. Erano speculazioni commerciali di
banco, che non offuscano la nobiltà, secondo che dimostra il Conte
Napione nella sua dissert. sulla patria di C. Colombo. Ma il Chiabrera
che voleva comparire nelle Corti, non ha parola, da cui si ritragga il
negoziare de' suoi, i quali sopperivano coll'industria alla strettezza del
nostro territorio. E a dirla schietta, io penso che pure a motivo di negozj
fosse in Roma all'età del Chiabrera un ramo degli Spotorno; e
l'argomento dal vedere che la casa avevano a Ripa grande, e la
sepoltura in S. Francesco a Ripa, come insegnano le iscrizioni che vi si
leggono tuttavia.
[2] Il marchese Maffei nell'_Arte magica dileguata_ riferisce che il
dotto P. Lebrun nell'opera _des pratiques superstitieuses_ ebbe fede a
colui che gli riferì «come suo padre e sua madre per sette anni erano
stati inabili, e che una vecchia ruppe il maleficio e li lasciò liberi.» E
qualche chiesa particolare di Francia, non mai la Romana, lasciò
trascorrere ne' Rituali diocesani alcun cenno di tali malie per inabilitare
gli sposi.
[3] Molte di queste notizie si trovano nel _Viaggio per la Liguria_ del
sig. Bertolottì; ma e' le trascrisse assai fedelmente dal tomo IV. della
_Storia Letteraria Lig_.
[4] Abbiamo i _Sermoni_ del Chiabrera corretti sovra d'un testo a
penna ed illustrati, Genova, 1833 in-12.º e in-8.º per gentil cura del
chiar. Prof. Ab. Rebuffo che intitolò quest'edizione
all'illustre suo
amico Prof. Bertoloni.
AMEDEIDE
POEMA
Con gli Argomenti
DELL'AVVOCATO
GIAMBATISTA BELLORO

SAVONESE
CANTO PRIMO
ARGOMENTO.
_Di Rodi Angel divino alla difesa
AMEDEO chiama, e 'l guida in sul
naviglio;
Ma l'empia Aletto allor da tanta impresa
De' suoi temendo
l'ultimo periglio,
Alla stretta città novella offesa
Sveglia Ottomano
a far, col suo consiglio;
Ed egli di Sultana il cor piagato,
La mostra
vuol veder del campo armato._
I
Musa, ch'alme corone al crine adorno
Tessi di stelle, e di bei lampi
ardenti,
E dal Cielo, ove fai dolce soggiorno,
D'ammirabile spirto
empi le menti,
Di' d'AMEDEO, come da Rodi intorno
Tolse il furor
de le nemiche genti,
Quando a' Cristiani altar porgendo aita
Il
feroce Ottoman trasse di vita.
II
E Tu, ch'alto adoprando, ampio sentiero
T'appresti, o CARLO, a le
magion stellanti,
Mentre pur sali, e nel vïaggio altiero
Belle orme
imprimi, odine lieto i canti;
Non perchè 'l corso del real pensiero

Spronar tu deggia del grand'Avo ai vanti;
Non è mestier: così spedito,
e franco
Voli a le mete eterne unqua non stanco.
III
Scorgi sol, ch'agli Eroi sacra corona
Dassi in Parnaso; e lo sperar sia
certo,
Ch'un dì cetra immortal lungo Elicona
Temprerà Febo al tuo
sì nobil merto:
Bene alto in terra d'AMEDEO risuona
Il giusto
affanno in guerreggiar sofferto;
Ma più sublimi inverso il ciel tue lodi

Allor n'andranno: or dà l'orecchio a Rodi.

IV
Chi mosse in prima, e per pietà soccorse
Quei tanto afflitti, e
guerreggiati regni?
Il gran Batista; Egli ver Dio sen corse
Forte
pregando, e mitigò suoi sdegni.
Per le colpe di Rodi in ira sorse,

Ch'avean d'ogni pietà varcati i segni,
E guardava su lei con fronte
carca
Di ben giusto furor l'alto Monarca.
V
Già d'acerbi guerrier tutte cosperse
Avea l'aspro Ottoman piaggie, o
pendici,
E già sforzando le difese avverse,
De le mura abbattea gli
alti edifici.
Ma non Giovanni rimirar sofferse
Senza conforto i
popoli infelici,
E sperando impetrarne alcun perdono,
Di Dio sen
venne a l'ineffabil Trono.
VI
Ed ivi ardente, come amore invita,
Parlò cosparso di pietà ben vera:

Alto Dio, la cui forza alta infinita
Non mai
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