Amedeide | Page 6

Gabriello Chiabrera
Tentò ancora la vera epopea, scrivendo
l'_Italia liberata dai Goti_, la _Firenze_, e l'_Amedeida_. Tutti e tre
hanno pregi grandissimi; e nell'_Italia_ specialmente il nostro Poeta
versò il tesoro dell'urbanità ed eleganza toscana ch'egli possedeva
maravigliosamente; ma niuno de' tre è argomento _popolare_;
condizione principalissima negli epici poemi, benchè i Retori l'abbiano
dimenticata ne' loro precetti. La _Firenze_, è minore e maggiore;
quest'ultima ha dieci canti in ottava rima. L'AMEDEIDE fu dall'Autore
pubblicata in canti 23 e ridotta in 10, e in questa minor forma, lui morto,
data alle stampe.
Nè il CHIABRERA fu solamente poeta sommo: vuolsi pur lodarlo
altamente come prosatore. Il suo parlare è propriamente fiorentino
purissimo; ma senza riboboli nè smancerie da pedanti: parvi d'udire una
gentil donna fiorentina che non abbia letto libri tradotti malamente dal
francese, nè conversato con uomini che s'estimano letterati solo che
possano contaminare con modi stranieri il bellissimo idioma dell'Arno.
Non ha periodi lunghi soverchiamente nè trasposizioni affettate; e dice
le cose grandi con parole gravi e semplici; le umili con graziose. Nelle
lettere famigliari è schietto, festivo, felicissimo; e va innanzi a tutti gli
altri nostri, specialmente in quelle 150 a Pier Giuseppe Giustiniani,
trovate in Genova, ed impresse in Bologna per gentil pensiero del P.
Porrata, nobile genovese, della C. di Gesù. Nella ristampa fattane in
Genova per mio suggerimento, ma condotta contro a' miei consigli, per
mano altrui, si legge un certo numero di lettere inedite, che io ottenni
gentilmente da chi avevale trascritte dall'archivio di Savona; ma in esse,
come distese in istile curiale, non apparisce il valore del CHIABRERA.
Lodevoli molto sono quelle altre, forse un 250, che usciranno colla mia
assistenza dai torchj del signor Ponthenier. Bellissimi poi sono i
dialoghi sull'arte poetica, e quello che contiene la sposizione di un
sonetto del Petrarca: in essi non è la grandezza platonica; sì una nobile
semplicità, che vestendo leggiadramente una dottrina non volgare,
diletta e rapisce. Nell'orazione per un nuovo Doge di casa Spinola e
negli elogj de' letterati coetanei, il CHIABRERA è minore di se. Degno
di lui è l'elogio di Alessandro Farnese, che con altre egregie prose,

ricavate per mia cura da' testi a penna, fece stampare il signor Vincenzo
Canepa nell'anno 1823 in-12. I discorsi all'Accademia degli
_Addormentati_ di Genova possono dirsi mediocri.
Parmi di avere accennato tutte le composizioni di GABRIELLO
CHIABRERA così in prosa come in verso; benchè ve n'abbian molte
inedite; per figura, le lettere al pittore Luciano Borzone, e le poesie
varie che Benedetto Guasco prometteva di voler mandare alla luce
pubblica; ma furon parole.
Ora è da far motto degli amici, che n'ebbe molti, e segnalati. Già si è
detto di P. Manuzio, del Mureto, di Sperone Speroni, del P. Grillo, e di
Gianvincenzo Imperiale. Aggiungeremo Fulvio Testi, Agostino
Mascardi, Virginio Cesarmi, Giacomo Filippo Durazzo, e Monsignor
Ciampoli, il P. Rho Gesuita di Lombardia, il P. Antinori, il Cav. Luca
Assarino, Mariano Valguarnera, siciliano, il Cicognini, il Balducci,
Ansaldo Cebà, Giangiacomo Cavalli, poeta sommo nel dialetto di
Genova, il pittore Cristofano Allori, Lorenzo Fabbri, lucchese, che
stavasi in Genova, i due fratelli Ambrogio e Giulio Salinero, Pier
Girolamo Gentile e il P. Alberti, Somasco, tutti e quattro
savonesi. In
Firenze ebbe amici ed ospiti i signori Corsi marchesi di Cajazzo; in
Genova, Gianfrancesco Brignole Sale marchese di Groppoli, e Pier
Giuseppe Giustiniani: quest'ultimo signore, degno veramente
dell'illustre sua stirpe, ebbe col CHIABRERA un'amistà familiare, che
durò fino alla morte del poeta: l'albergava in sua casa; e tutti gli anni il
voleva a Fassolo; dove gli aveva fatto apprestare una stanza rivolta a
mezzodì, e sopra la porta fatto incidere il distico seguente:
Intus agit Gabriel: sacram ne rumpe quietem:
Si strepis, ah! periit nil
minus Iliade.
Gli onori che il Pindaro Savonese ottenne da' Sovrani d'Italia furon
grandissimi; ed egli stesso gli ha minutamente descritti nella sua vita,
che, tranne cotal vanità, è un modello non che d'eleganza, di modestia
eziandio. Noi dunque nulla ne diremo; accennando solamente che per
l'anno santo del 1625 Papa Urbano VIII, gli scrisse un breve, come si
praticava co' principi, invitandolo a Roma: il Poeta andò, e fu ricevuto

da quel dotto Pontefice con dimostrazioni singolari di stima e di affetto.
E fu questo, parmi, l'ultimo viaggio del CHIABRERA; il quale sempre
s'era dilettato di viaggiare; ed aveva visitato tutte le corti e le città
principali d'Italia; ma soggiorno non fece che in due, in Firenze ed in
Genova; giacchè a Roma, dopo il bando avutone alcun tempo per la
rissa dianzi accennata, ebbe sempre l'animo avverso. In patria fu
similmente onorato e prezzato; benchè io non trovi ch'egli fosse mai
_Priore degli Anziani_, ch'era la maggior dignità che potessero dare i
Savonesi a' loro patrizj. Bensì sappiamo che fu più volte Oratore a
Genova pe' suoi cittadini; cosa che piacevagli sommamente, perchè gli
dava
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