Amedeide | Page 5

Gabriello Chiabrera

perciò coloro che avrebbero dovuto imitarlo, ivano perduti nella pazza
scuola de' concetti e delle stravaganze: conobbelo il CHIABRERA
negli ultimi anni; e ne diede cenno nelle sue lettere al Giustiniani. I
pochi, che bene vedevano la sciocchezza dell'Achillini e de' suoi
imitatori, non volendo in tutto allontanarsi dall'uso corrotto, eleggevano

una via di mezzo, attenendosi al Testi, al Filicaja e al Guidi; nobili
poeti; ma pur di troppo lontani della semplicità degli antichi esemplari.
Aggiungasi la corruzione de' costumi, entrata coll'ozio e l'ignoranza in
Italia; onde avvenne che nel secolo XVII non più si parlava nè d'Omero,
e Virgilio, nè di Dante e di Francesco Petrarca, ma dell'Adone, del
Pastor Fido, e di altri libri maestri o provocatori di lussuria. Finalmente,
come notò il M. Maffei «quest'autore ricerca studio fondato e fermo,
perchè non poco difficile è da principio discernere la sua bellezza;» e
pochissimi sono coloro che vogliano durare la fatica di uno studio
poetico fondato e fermo. Ma negli ultimi tempi si è cominciato a
conoscere alquanto meglio il valore del Savonese; e il Monti nella
_Proposta_, e il Cesari nelle _Bellezze di Dante_ il commendarono con
parole sì fatte, che più non potevasi.
Nelle Satire, o Sermoni, è il CHIABRERA così eccellente, che può
dirsi il secondo, dando il primo luogo ad Orazio, com'è convenevole.
Di che veggasi il bellissimo articolo che ne scrisse Clementino Vannetti
nelle _Osservazioni_ sopra di Orazio[4]. Nella satira più audace ed
irosa, si provò d'imitare Archiloco, ma non satisfece a se stesso: come
dichiara nella vita sua propria; benchè il Guasco, pubblicando
l'Amedeida minore, promettesse di volerne dare con altri componimenti,
_le canzoni archiloche_, ossia le satire alla maniera di quel Greco.
Negli epitaffj, chi ama la schiettezza congiunta all'urbanità, non può
non dar lode segnalata al CHIABRERA. Poche sono l'egloghe che ne
abbiamo; e degne ch'altri non l'abbia a vile. Ne' ditirambi piacque al
critico Fioretti ed al Soave; e che piacesse molto al Redi, si può
argomentare dall'avere saputo quest'illustre Toscano giovarsi del
CHIABRERA pel suo _Bacco in Toscana_.
La gloria d'essere riguardato come il Pindaro e l'Anacreonte e l'Orazio
d'Italia, non ritenne il CHIABRERA dal tentare la poesia drammatica.
Non trovo ch'egli mai si volgesse a scrivere commedie; giudicando
forse che poco o nulla si potesse aggiungere a quelle de' Toscani, che
veramente sarebbero perfettissime, se non fossero sfacciate. Nelle
tragedie, altri amava meglio trarne gli argomenti dalle favole antiche,
altri da quelle de' romanzi: il CHIABRERA imitò i primi nella

_Ippodamia_, della quale sono lodati i cori; s'accostò a' secondi
nell'_Angelica in Ebuda_; e direi ben anco nell'_Erminia_, se io ne
avessi trovato notizia sicura.
Un'altra maniera di poesia drammatica è la favola pastorale; che
Torquato Tasso avea levato a tal di perfezione da consigliare i poeti a
non volere farsi emulatori dell'Aminta. Io non dirò che il CHIABRERA
possa starsi appetto del Tasso; ma dico d'essere pienamente convinto,
aver egli il primo seggio, dopo Torquato, tra gli scrittori di favole
pastorali; e forse a farlo men chiaro, concorrono due pregj, che agli
occhi de' volgari sono difetti; la semplicità dello stile, puro sempre e
grazioso, e la modestia del costume; perciocchè, a parlare
ingenuamente, v'ha non pochi, e talora in vista gravi ed assennati, i
quali danno lodi egregie a certe composizioni, che forse farebbero
segno a critiche amare, se in quelle non trovassero di che pascere le
passioni segrete; e così veggiamo essere avvenuto del _Pastor Fido_;
ch'è una filza ingegnosa di madrigali e concettini lascivi.
Nella drammatica _spettacolosa_, ossia nell'ordinare scene con pompa
e varietà di macchine meravigliose, ed a' personaggi che in esse
deggiono comparire acconciare brevi parole in verso, fu il
CHIABRERA celebratissimo; e i Medici per ciò il chiamavano a
Firenze, e i Gonzaga a Mantova; e per questi suoi ingegnosi
ritrovamenti ebbe pensioni da que' Principi, non per la sua eccellenza
nella poesia; chè sempre, tra le nazioni molli ed oziose, il piacere de'
sensi venne anteposto alla illustrazione della mente.
È un altro campo, già tenuto da campioni impareggiabili, e che non
pertanto invita gli uomini d'alto ingegno ad entrarvi per vaghezza di
gloria; vo' dire l'epica poesia. Il CHIABRERA in poemetti di poche
centinaja di versi sciolti, mostrò la grandezza del suo ingegno; sia per
l'evidenza delle descrizioni, la forza e la rapidità delle azioni, sia per
l'eleganza dello stile; e per quella maestria nel numero del verso, che
niuno, dopo di lui, seppe mai pareggiare. Ed eccellente fu non meno ne'
sacri argomenti che ne' profani. Provossi eziandio in poemetti di pochi
canti; trattando il soggetto, con legger mutamento, e in rima e in versi
dalla rima disciolti; come fece nel _Batista_ e nella _Giuditta_, o

solamente in isciolti, quale il _Foresto_. Ancora, d'un episodio trasse
un poema; per esempio, _il Ruggiero_ di dieci canti, ricavato da
un'azione dell'Orlando Furioso.
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