Abrakadabra | Page 5

Antonio Ghislanzoni
signorile
offende lo strascico di una povera donna pedestre--voi che vi intenerite alla vista di un
spazzacamino senza scarpe--voi, che gridate al delitto di lesa umanità, se il poliziotto non
si mette i guanti per arrestare il cavaborse--voi, che tutte le mattine versate una lagrima
sulla paziente schiavitù del somaro, e sulla fine miseranda del montone che vi fornisce il
gigot--voi morireste di raccapriccio alla vista di quarantamila cadaveri
umani!--Copriamoli di terra e di oblio, e ricominciamo i massacri!...
«Pur troppo! è la storia di tutti i tempi! è la condanna tremenda della razza
ragionevole!--La guerra è un disastro inevitabile.--Tutte le riforme politiche e sociali,
tutti i progressi della libertà domandano il loro tributo di sangue! Rispetterò questa
barbara convinzione, sebbene io vi potrei rammentare la più grande delle rivoluzioni
umane, la rivoluzione di Cristo, operata dagli inermi pescatori di Galilea col pacifico
mezzo della predicazione--potrei mostrarvi le immense legioni del paganesimo, debellate

da poche parabole ripiene di verità e di sapienza--potrei altresì ricordarvi che il codice di
un vangelo altamente umanitario, allora soltanto cominciò ad ispirare diffidenza ed
avversione, quando i successori dei primi apostoli si arrogarono di imporlo colle spade e
coi roghi.
«Forse che l'Europa del 1864 si troverebbe meno avanzata nel progresso delle idee
liberali, ove gli anni degli eccidii e del terrore fossero stati impiegati nella educazione del
popolo, nella diffusione dei lumi? Vi par egli che un secolo padrone della stampa, del
telegrafo, del vapore, abbia proprio bisogno dei massacri per civilizzarsi, per ottenere ciò
che desidera?...
«Ma l'Europa liberalissima vuole affrettarsi. Un indugio di trent'anni, di mezzo secolo,
sarebbe troppo grave alla impazienza dei dittatori umanitarii.--Povero popolo!... bisogna
far presto a redimerlo, a patto che egli paghi il suo riscatto con un miliardo di vittime.
«Ebbene! accettiamo il barbaro assurdo! Ammettiamo che l'animale ragionevole non
ceda che alla logica delle bombe. Dichiariamoci antropofagi, e rinunziamo ad ogni
speranza di convertire il mondo alle pacifiche utopie.--Ma almeno--poichè la carneficina
dovrà aver luogo, procuriamo di assicurarne i risultati a benefizio delle nostre idee; non
prodighiamo le vittime; non avventuriamo ad un improvvido azzardo il passato, il
presente e l'avvenire. I moderati non chiedono altro. Facciamo che questa lotta sia breve,
sia decisiva, e sopratutto vittoriosa.
«Mentre voi, uomini dell'azione, urlate nelle piazze i vostri entusiasmi; noi nei nostri
gabinetti calcoliamo i mezzi di riuscita--voi fidate nell'intervento di Dio: noi numeriamo i
nostri cannoni e le nostre navi corazzate--voi dite: popolo, come direste venti milioni di
combattenti; noi passiamo in rassegna l'esercito, e contiamo trecentomila soldati--voi
sperate nell'alleanza di tutti gli oppressi, di tutti i malcontenti di Europa; noi domandiamo
l'appoggio o la neutralità di potenti nazioni--voi minacciate e sfidate, noi destreggiamo
perchè ci lascino fare--voi vi fate beffe della diplomazia; noi ci facciamo diplomatici per
ischermircene.
«Ecco perchè ci chiamate moderati, uomini della paura! Moderati? Oh sì! noi lo siamo...
La moderazione è da esseri ragionevoli--i bruti, i selvaggi non la conoscono. Paura? Se la
passione non vi impedisse di renderci giustizia, voi la chiamereste prudenza. Una sola
cosa noi temiamo: perdere il frutto del sangue versato a prezzo di nuovo sangue.
«Gridateci codardi, impotenti, traditori! Abbiamo fatto il callo alle vostre invettive! Noi
aspetteremo fino a quando la convinzione del poter fare non ci gridi: avanti!
«Frattanto, i giorni della attesa non saranno sprecati per opera nostra. Noi non turberemo
la fede del popolo con suggestioni nefande; predicheremo la concordia e il
compatimento--insegneremo la libertà, esercizio di equi diritti e legge di sacri doveri.
Mentre l'esercito si agguerrisce, impareremo a divenire nazione.
«Non è malva, non è oppio quello che noi spargiamo nei circoli, nelle associazioni degli
operai, nelle scuole gratuite da noi favorite e protette. Noi insegniamo la libertà ogni
qualvolta voi non ci interrompiate per obbligarci a combattere la licenza e la violazione

delle leggi.
«Più che altro ci sta a cuore di riconciliare alle idee di civiltà e di progresso i molti che
finora le guardarono con isgomento. Noi vogliamo persuadere gli onesti di tutte le classi
che libertà è ordine assoluto, che rivoluzione non è sinonimo di anarchia e di ghigliottina.
La nostra moderazione ha già risolto molte esitanze, conquistato molte simpatie.
Procediamo a questo intento! È a sperarsi che il nostro metodo riesca completamente. È a
sperarsi che i pertinaci fautori del passato, i più accaniti nemici delle nostre idee, gli
stessi clericali, si accostino un giorno al banchetto delle nazionalità redente, e vengano
con noi a celebrare la Pasqua di riconciliazione. Non è vero, signor curato
revendissimo?»

CAPITOLO IV.
Non possumus!
La inattesa perorazione del sindaco produsse un effetto galvanico sul curato, il quale nella
sua canonica riservatezza, avrebbe voluto astenersi da quella vivace polemica. Tacere,
dopo una interpellanza così diretta, era lo stesso che approvare o dichiararsi convinto. E
quale scandalo per le tribune dei villani! quale sconfitta
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