Vecchie Storie | Page 5

Emilio de Marchi
gelatine, che avevano fatto venire da
Locarno. Sopra una scansìa presso il muro una batteria di bottiglie dal
collo d'argento aspettava il momento di scendere in battaglia. Dal
giardino ogni soffio più vivo del vento portava dentro un profumo
acuto di limoni misto al profumo caldo delle vaniglie e dei gelsomini.
Isolina, bella, allegra, saltellava come una gattina nella sua innocente
giovinezza, finchè tutti sedettero a tavola e fu stappata la prima

bottiglia di vin bianco d'Asti, che inondò della sua spuma d'argento
l'abitino della sposa.
--Viva la sposa, viva l'allegria!
--Viva il signor Gaspare, padre fortunato.
--A rivederci al battesimo.
Gaspare Carpigna provava nel cuore la dolcezza malinconica del padre
che vede la figliuola spiccare il volo dal nido, ma sa che va ad essere
felice. Isolina era per quell'uomo taciturno e mezzo selvatico, l'unico
ideale al mondo, e si può dire che i denari egli li avesse radunati
soltanto per lei. Era contento di maritarla bene e con onore. Caspita!
oltre il corredo le dava un trecentomila lire sulla mano, e il resto alla
sua morte.
Il vin d'Asti e il vecchio Barolo di dodici anni non furono versati nel
lago. L'allegria come avvien sempre in queste circostanze, un po'
tiepida e sconnessa in principio, cominciò subito a levare il bollore. Gli
spiriti fremevano come pentole a buon fuoco. A destra e a sinistra del
viale splendevano le ghirlande dei palloncini, un rosso, l'altro verde,
l'altro bianco, come una bandiera d'Italia, Dal lago veniva sulle onde
l'onda d'una serenata strimpellata in un canotto a palloncini gialli, e già
il segretario comunale col calice in mano, cogli occhietti umidi, stava
per leggere una poesia, quando entrò il fattore che aveva una cassettina
in mano, chiusa, piegata in una carta e suggellata.
--L'ha portato un uomo,
--Un altro regalo per la sposa,
--Dàlla qui, Pietro.
Isolina prese la cassettina, e pensando subito a una sua amica di Luino,
la collocò sulla tavola, tagliò i suggelli col coltellino d'argento, spiegò
la carta che l'involgeva. Era una cassettina rettangolare, di legno di pino,
come si usa per i pettini, rustica, bianca con su scritto: Alla sposa.
Isolina l'aprì con quella viva curiosità che eccitano le cose misteriose.
Vide una lettera, e sotto dei frastagli di carta a vari colori, con riccioli
d'oro, e più sotto, uno strato di crusca.
--Segretario, legga lei la lettera,--disse Isolina senza guardarla.
Il segretario lasciò via il sonetto, prese l'altro foglio e con quella
medesima intonazione, a cui aveva già preparata la bocca....
Dirò prima che l'attenzione degli astanti era stata richiamata sulla
cassettina dal vedere Isolina che vi rimestava colle mani, e ne traeva

della crusca, ponendola di mano in mano sul piatto assieme ai confetti.
Il segretario lesse dunque, anzi declamò: «_A Gaspare Carpigna, lettera
dell'altro mondo_».
A tutti parve una frase comica e pazza fatta per ridere; chi rise, chi alzò
la mano, chi il bicchiere.
E il segretario, distratto come un'oca e colla testa piena di fumo
continuò: «_Carpigna, alla dote di tua figlia aggiungi anche la collana
di Battistino dell'Oro_».
Tutto ciò fu letto come un sonetto, nel tempo che l'Isolina colle manine
bianche e piene di diamanti traeva dalla crusca una cordicella nera,
grumosa, grossa come il suo dito mignolo, lunga come una vipera
comune, che, inorridita, lei lasciò cadere, che parve proprio una biscia
morta. Gettò un grido, storcendo la bocca, alzando le due mani colle
dita rigide, adunche, mentre un silenzio profondo, un silenzio brutale,
un silenzio di ghiaccio sottentrò alla festa, e cento occhi bianchi, cento
occhi gelati si fissavano sul viso incartapecorito del signor Gaspare. Un
buffo d'aria stortò le fiamme delle candele.
La sposa fu portata via. Quando andarono a risvegliare dal suo deliquio
il signor Gaspare, ch'era rimasto colla pupilla di vetro sulla biscia morta,
gli trovarono le mani fredde, i piedi lunghi e la bocca piena di sangue.
Soltanto i capelli parevano vivi sul capo.
Intanto sull'alto picco della Zeda, un contrabbandiere sfidava il buio
fischiando, cantando
Sposettina, vien con me....

NEI BOSCHI.
Chi non conosce i boschi dell'alto Milanese, detti boschi di Saronno, di
Mombello, di Limbiate, può immaginare una stesa di selve, sopra un
terreno disuguale, una volta incolto e oggi piantato a pini silvestri e a
qualche rovere, che è quanto la terra, oltre le eriche e il bruco, può
sopportare. Queste piantagioni non sono molto antiche e appunto per
ciò, non sono molto note. Della maggior parte si ricordano i nostri padri
d'aver veduto i primi germogli, quando ancora quel nudo tratto di paese
non era che una nuda sodaglia. Oggi il bosco è maturo, non dirò per i
ladri, che non vivono più per i boschi, ma per tutti coloro che amano le
meste solitudini e sognano sempre, quando sono in un luogo, di trovarsi
in un altro.

A me questi
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