ficcando lo sguardo nel fondo del cortile.
--Per me, scusami, ma io non ci sto, esclamò lo sposo.
--Che vuoi fare?
--Vuoi morire di febbre gialla o d'itterizia?
--Ebbene, di' che ti cambino la stanza.
--Non capiscono niente: sembra il paese dei tartari.
--E allora rassegnamoci fino a domattina.
--Sai cosa faccio? vado a vedere dov'è questa famosa Americana, e se il
luogo è proprio come dicono, lasciamo la valigia e pranziamo là.
Almeno si sa quello che si mangia. Che ne dici?
--Io? nulla.
--No, devi dire anche il tuo parere.
--Che cosa devo dire?
--Qualche cosa.
--Andiamo a pranzo all'Americana.
--Me lo dici con tanta noia.
--Ti pare? Sono un po' stanca.
--Allora, faccio così?
--Sì, sì.
--Addio, angelo.--E la carezzò colla punta delle dita.
--Io ti aspetto qui.
--Sì.... e mi vuoi bene?
--Che ragazzo!
--Stella!
Bastiano uscì. Paolina girò la chiave nella toppa, si tolse d'addosso lo
scialle, il casacchino, li gettò sul letto insieme al cappello; chiuse la
finestra; si buttò in una poltrona, portò il fazzoletto alla bocca e pianse,
senza lagrime, pianse della gioia di trovarsi sola.
Bastiano uscì all'aria aperta colle orecchie un po' calde. Sotto alla sua
grande felicità sentiva una mezza volontà di strozzare qualcuno.
Passata però la prima agitazione e scoperta la sua Americana sotto i
portici, un buco fatto apposta per loro, tornò tutto contento all'albergo a
trarne la sua povera «alma consorte» che aveva lasciata in quella muda
lassù. Quando gli sembrò di essere salito alto abbastanza, si ricordò di
non aver osservato prima il numero della stanza; discese qualche scala
per vedere di orientarsi coll'occhio; infilò qualche corridoio a destra,
qualche andito a sinistra, ma sebbene non ci fosse dubbio che la scala
fosse quella stessa, pure gli pareva di vedere qualche cosa di non
veduto prima.
Per quanto gli pesasse, discese ad uno ad uno i gradini, fino all'atrio del
pianterreno, si accostò all'ufficio, dove stava scrivendo un signore
grasso, e domandò con tutta bella grazia:
--Perdoni, mi saprebbe indicare dov'è la mia camera?
--Il numero?
--Non ho guardato.
--La chiave?
--L'ho lasciata nell'uscio.
--Domandi al cameriere.
--Meno male! pensò Bastiano, questi almeno capisce l'italiano, e si
voltò a cercare quel biondino che l'aveva condotto su.
Due altri servitori o sopraintendenti stavano sulla porta, colle mani
sotto la coda dell'abito, in atto di curiosità sfaccendata.
Bastiano, non trovando il suo bel biondino, ricominciò da capo a salire
la scala colla speranza che hanno tutti gli scolari, che per andare in fine
della lezione spesso conviene ricominciare da capo.
Mentre andava su coll'affanno di chi porta un sacco di sale sulla
montagna, vide che i due sopraintendenti l'osservavano, rìdendo sotto il
naso.
«Questi animali se mi vedessero annegare non mi darebbero una
mano.»
Ricordando d'aver inteso uno di quei bravi signori, il più canonico, a
parlare il dialetto di Bellagio, che è anche quello di Monza, spinse la
testa fuori della ringhiera ed esclamò in dialetto schietto:
--Vogliono avere la bontà quei bravi signori d'indicarmi il mio
cameriere, un bel biondino?
--Was? domandò il tedesco di Bellagio, andando presso la scala col
viso rivolto all'insù e le mani sotto la coda.
--Un giovinotto magrino.... tornò a dire.
--Was sagen Sie? ripetè il canonico, mentre il suo compare si
nascondeva dietro una colonna di marmo per non lasciarsi scorgere a
ridere.
--Ah gabbiano! gridò Bastiano, facendo il viso grosso.
Il compare dalla colonna scappò in uno stanzino. Era una burletta
magnifica.
--Signor padrone, seguitò Bastiano dall'alto della seconda scala verso il
bravo e gentile signore dell'ufficio, io pago anch'io i miei bravi denari
come tutti gli altri, e pretendo di essere servito come tutti gli altri.
Vogliono accompagnarmi si o no?
Il bravo signore uscì dall'ufficio colla cannuccia rossa nell'orecchio e
rispose:
--El xe inutile che facciate tanto strepito, galantomo; se no gavè a
memoria il numero de la stanza no potemo tenere a mente tutti li
numeri....
--Ma quel cameriere che mi ha condotto prima, è morto d'accidente, el
me caro galantomo? strillò il signor ragioniere Malignoni di Monza,
rosso come un gallo, correndo abbasso, presso quasi a perdere la
tramontana del tutto: tanto straordinario gli pareva là dentro il nome di
galantuomo!
In quella entrò una carovana di ladies e di lords, colle sciarpe bianche
nei capelli, cogli scarponi ferrati, cogli alpenstok e riempirono tutto
l'atrio.
--Faccia el favorito piacere di non gridare. Quando non si sa viaggiare
si sta a casa.
Questa osservazione piena di una saggezza antica fu raddolcita da un
«aspetti, abbia pazienza» più amichevole, quasi fraterno, col quale il
buon signore dava a vedere una prudenza non meno saggia e non meno
antica.
Ma la notizia che un «monsieur» non trovava più la moglie, messa in
moto dai due burloni, aveva già fatto il giro di mezzo albergo, dalla
cucina alla sala di lettura.
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