«Dio sa qual effetto le produsse nell'animo il pensiero di quelle nozze.»
«L'effetto è chiaro. Ella morì.»
«E tutta Venezia ne fu sconsolata.»
«Soltanto il vecchio Candiano mostrossi impassibile a tanta sventura, e
mi pare ancora vederlo fermo e ritto colla sua gigantesca figura sulle
scalee di palazzo colle braccia incrocicchiate sul petto, starsi ad
osservare il convoglio delle gondole mortuarie che gli passavano
innanzi.»
«E Alberigo Fossano?»
«Ti ricordi di Alberigo Fossano?»
«Me ne ricordo assai bene; perchè è difficile a dimenticare il valore del
suo braccio e la virtù del suo canto. D'altra parte praticava assai spesso
nella casa dell'ammiraglio, e il dì che il bel corpo della Valenzia fu
trasportato sulla bara, io lo vidi piangere come piange un ragazzo.»
«E dopo ch'ella fu seppellita a San Cristoforo della Pace, dove sono le
tombe dei Candiano, quel giovane cavaliere non fu mai più visto in
Venezia.»
Ad ascoltare questi discorsi s'era avvicinato al crocchio quell'Attilio
Gritti che già abbiamo conosciuto quando metteva il piede in palazzo; e
sentito parlare di Alberigo Fossano,
«Amici,» entrò a dire, «se mai vi piacesse saper la cagione del gran
pianto di quel povero Lombardo, ch'io pure mi ricordo benissimo, vi
dirò ch'egli ebbe la sciocchezza d'innamorarsi di Valenzia. Sì, signori,
quel povero cavalieruzzo che altro non possedeva al mondo che la
spada e il suo liuto, ebbe l'ardire di guardare in volto ad una figlia di
San Marco. Ditemi voi se si può dare di peggio. Ma se questo mistero
mi si fosse palesato prima che quel buon giovane si partisse da Venezia,
io gli avrei fatto uscire del capo tanta pazzia.»
«Un duello m'imagino, com'è uso tuo.»
«E presto l'avrei mandato a ritrovare la bella Valenzia. Ma chi sa? dice
il proverbio--che chi non muore si rivede,--e s'egli m'avesse a capitare
tra' piedi un'altra volta vi faccio sicuri che allora farò quello che non ho
ancor fatto.»
«Era voce però che la lama della sua spada fosse di durissima tempra, e
che il braccio d'Alberigo non cedesse alla sua lama.»
«Spezzerò la lama e romperò il braccio. State tranquilli, amici cari, e
fate soltanto ch'io possa rivederlo.»
«Ai cinque del mese passato io lo vidi a Milano.» Tutti si volsero a
queste parole.
«Oh! ecco il nostro Apostolo Malumbra.»
«Quando sei ritornato?»
«Ieri, illustrissimi, sono stato a Milano; ho veduto a far prigione il
Barnabò, ho guardato ben bene la faccia di quel galantuomo di suo
nipote; ho sentito i lamenti de' poveri Milanesi. Del resto feci assai
bene le mie faccende, ed ho portato con me alcuni bellissimi pugnaletti
delle migliori fabbriche di quella città. L'illustrissimo senator Barbarigo,
che si degna darmi accesso alle sue camere, ne ha comperato uno che è
una vera maraviglia.»
«Domani saremo tutti da te, e cambieremo i nostri ducati co' tuoi
pugnali.»
«Amici carissimi, vi faccio osservare che nell'altra sala si beve il vin di
Cipro, intanto che noi ci perdiamo in queste inutili parole.»
«Bravissimo, andiamo; faremo nel frattempo una partita alla
zecchinetta.»
«Viva la zecchinetta!»
«Viva il vin di Cipro!»
«Viva il senator Barbarigo che ci è largo di tante delizie!»
In una delle camere contigue, seduti ad uno scacchiere, senza
pronunciare parola, attendevano al giuoco il senator Barbarigo e
l'ammiraglio Candiano.
Chi avesse voluto dall'aspetto d'ambedue quei vecchi dedurre il
carattere di ciascheduno, avrebbe detto non potersi dare al mondo due
così manifesti contrari. I lineamenti grandiosi ed aperti del volto di
Candiano davano a divedere franchezza e lealtà; là dove gli occhi
piccoli e fondi del senator Barbarigo, i labbri stretti, la tinta cinericcia
del volto, e in tutto il corpo un non so che di tremolo e d'irrequieto,
davano a conoscere pur troppo che in quell'animo vi doveva essere
qualche cosa di cupo e di tenebroso.
Per certe vecchie ruggini che erano state tra l'una e l'altra famiglia, per
certe gare insorte quando cominciarono ad entrare ai servigi della
Republica, sapevasi da tutta Venezia che quei due patrizi non erano
gran fatto amici tra loro, e tanto più quando corse la voce avere il
Barbarigo avversato a Candiano, allorchè in pieno consiglio fu preso il
partito di eleggerlo ammiraglio della Serenissima. Dopo le molte
vittorie però che Candiano aveva riportate a pro della Republica, e
contro le quali non si poteva parlare, il Barbarigo aveva pensato bene
infingersi, ed al Candiano offerse amicizia che fu accettata colla buona
fede propria a tutti coloro che, essendo di rette intenzioni, non possono
sospettar male d'altrui.
Però mentre l'ammiraglio se ne stava seduto rimpetto al suo coetaneo,
non aveva neppure un dato per sospettare di che sorta fossero i pensieri
che in quel momento ronzavano nella testa del Barbarigo, il quale, co'
labbri sempre aperti ad un mezzo sorriso e con una tranquillità e
pacatezza veramente senatoriale, metteva le pedine sullo scacchiere.
A sturbare
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